Del Principato di Benevento ritolto a' Greci; e come a quello si riunì il Contado di Capua.
I Beneventani, come si è detto, mal sofferendo l'aspro e duro governo, che d'essi faceva Giorgio Patrizio, si risolsero sottrarsi dal giogo de' Greci: essi ch'erano avezzi a dominare, fremevano ora vedendosi in servitù; scrissero perciò a Guaimaro Principe di Salerno, che s'aveva sposata Jota sorella di Guido III Duca di Spoleto, che sollecitasse suo cognato a venire in Benevento con potenti forze, perch'essi si sarebbero dati a lui. Non fu questo Guido quegli, che aspirò all'Imperio, e che lungamente contese con Berengario, come gli altri si diedero a credere: fu questi figliuolo di Guido II, Duca di Spoleto, del quale fassi menzione in Erchemperto: poichè siccome si è narrato, Guido Imperadore per un repentino vomito di sangue spirò l'anima nell'anno 894. E Giorgio fu scacciato da Benevento da quest'altro Guido nell'anno 896. Tosto dunque venne Guido in Salerno accompagnato da valorosi soldati, sotto il pretesto di veder sua sorella, e poi sotto Benevento portatosi con sufficienti forze, i Beneventani, che non ne volevano altro che questo, si diedero a lui, scacciandone Giorgio, al quale per cinquemila ducati donarono la vita: così i Greci perderono Benevento, dopo cinque anni che lo presero.
Tenne Guido il Principato di Benevento meno di due anni; poichè avendo fatto ritorno in Spoleto e distratto in altre imprese, deliberò cederlo a Guaimaro suo cognato: Guaimaro tentò d'occuparlo; ma non volendo i Beneventani per li suoi crudeli e pessimi andamenti, ammetterlo, ne avvisarono Adelferio Castaldo d'Avellino, affinchè in istrada gli tendesse aguato e frastornasse i suoi disegni: Adelferio lo sorprese di notte tempo, e cavatigli gli occhi, lo costrinse nell'anno 898 a ritirarsi in Salerno. I Beneventani, ciò inteso, si risolsero restituire nel Principato Radelchi, dal quale gli anni a dietro l'aveano discacciato. Così dopo dodici anni fu Radelchi reintegrato in Benevento l'anno 898.
Ma perchè non era niente istrutto dell'arte del regnare, per la sua semplicità e dappocaggine, tornò, come altre volte, a perdere il Principato; poichè datosi in braccio di Virialdo, uomo crudele e che pessimamente trattava i Beneventani, tosto di nuovo ne fu scacciato. Egli stimolato da Virialdo diede l'esilio a molti Nobili beneventani, i quali ricovratisi in Capua ed ivi trattati splendidamente dal Conte Atenulfo, seppe tanto questo accorto Principe rendersegli benevoli, che questi cominciarono a pensare come potessero scacciare da Benevento Radelchi, ed innalzare a quel soglio Atenulfo: e se bene tra i conviti e tra i giuochi più volte i Beneventani gli avessero insinuato questo lor pensiero; Atenulfo fingendo ch'essi lo dicessero per burla, penetrando però a dentro la loro voglia, occultamente cominciò anch'egli a pensar i modi da poterne venire a capo.
Affinchè da quest'impresa non fosse distolto da Guaimaro Principe di Salerno, pensò unirsi con costui in istretto parentado, e per una ambasciata molto umile ed affettuosa con preghiere e scongiuri chiesegli per Landulfo suo figluolo la figliuola del Principe Guaimaro Seniore, protestando di voler essergli soggetto, siccome furono i suoi predecessori a' Principi di Salerno; ma erano ributtate tutte queste preghiere per istigazione di Landulfo e Pandone, che scacciati da Capua da Atenulfo loro fratello, in Salerno eransi ricoverati: questi si opponevano milantando fra breve volerlo discacciare dalla sede, che ad essi aveva usurpato, e perciò non si dovesse con lui avere pace. S'univa ancora a costoro Jota moglie del Principe Guaimaro Seniore, la quale sdegnando di dare sua figliuola a Landulfo soleva dire, ch'ella nata di regal stirpe (poichè era figliuola di Guido II Duca di Spoleti) non poteva in conto alcuno imparentarsi con un suo suddito: diceva ella così, perchè i Conti di Capua prima erano soggetti a' Principi di Salerno, poichè nella divisione che si fece di questi due Principati, Capua andò compresa con quel di Salerno e non di Benevento.
Vedutosi perciò Atenulfo così deluso, ruppe ogni indugio, e non riuscitogli questo suo disegno, tentò unirsi con Attanasio Vescovo insieme e Duca di Napoli. Avea questo Duca una sua figliuola Gemma nomata: la chiese per Landulfo suo figliuolo, al che Attanasio tosto acconsentì, e per mezzo di questo legame si strinsero fra loro in una ben ferma e stabile pace.
Intanto crescevano i disordini in Benevento, e molti cittadini ancorchè non scacciati, volontariamente la propria lor patria, fuggendo, lasciarono, ed in Capua ricovraronsi; onde multiplicati i Beneventani in Capua cominciarono co' loro parenti ivi rimasi a maneggiare la congiura; ed avendo comunicato il tutto con Atenulfo, armati essi con pochi altri Capuani, che Atenulfo volle condur seco, celatamente si portarono in Benevento, ove coll'intelligenza di color di dentro, entrati di notte nella città la sorpresero, e cinto il Palagio ove era Radelchi, lo fecero immantenente prigione, ed intanto tutti i malcontenti e gli esiliati scorrendo per la città, unitisi in un tratto così i Nobili, come il Popolo, tutti unitamente salutarono Atenulfo loro Principe. Atenulfo vedutosi con tanta conformità di voleri innalzato a grado sì eccelso, non mancò dal suo canto portarsi con tutti con estrema mansuetudine ed umiltà, profondendo molti doni, perchè maggiormente stringesse a lui gli animi de' Beneventani: così Atenulfo da Castaldo ch'era, dopo avere tredici anni come Conte governata Capua, fu in quest'anno 900 fatto Principe di Benevento, unendosi con ciò nella sua persona il Contado di Capua al Principato di Benevento, e di due fattosi uno Stato in una medesima persona; con indignazione d'alcuni del partito di Radelchi, che mal soffrivano esser dominati da uno straniero, com'essi chiamavano Atenulfo, per non essere discendente, nè della stirpe degli antichi Duchi e Principi di Benevento.
Non divise Atenulfo questi Stati, ma si ritenne la stessa politia, nè da qui cominciarono i Principi di Capua, come alcuni credettero, o che perciò il Contado di Capua passasse in Principato: poichè Atenulfo, siccome i suoi figliuoli, furon Principi chiamati, perchè tennero il Principato di Benevento; e se alle volte in alcuni monumenti delle nostre antichità son detti Principi capuani, fu perchè così Atenulfo, come i suoi figliuoli Landulfo ed Atenulfo, che gli succederono, non lasciarono di tenere la lor sede in Capua, dove continuarono la loro residenza; per questo si fece, che tratto tratto secondo l'uso del volgo si cominciassero a chiamar Principi capuani, perchè dimoravano in Capua, ma non già perchè Atenulfo avesse istituito di Capua un nuovo Principato separato da quello di Benevento, siccome si vede chiaro dal concordato fatto tra Gregorio Duca di Napoli e Landulfo ed Atenulfo Principi, rinovato dopo nel 933 da Giovanni nipote di Gregorio, che al zio succedette, ove tra le altre cose si legge: In toto Principatu vestro Beneventano cum omnibus suis pertinentiis: nec in toto Comitatu Capuano: nec in Teano cum pertinentiis suis; ciò che ben pruova Camillo Pellegrino sopra l'Anonimo salernitano.
Atenulfo per istabilir con maggior fermezza il Principato nella sua maschile discendenza, associò tosto a quello nell'anno 901 Landulfo suo figliuolo, il quale da quest'anno insieme col padre lo governò; e dopo esser dimorato per qualche tempo in Benevento, fece ritorno a Capua, ove volle continuar la sua residenza, lasciando il governo di quella città a Pietro Vescovo della medesima, del quale però non potè molto lodarsi, perchè scovrì che costui per macchinazione d'alcuni Beneventani tentava con orribile infedeltà rendersi di quella Signore; onde immantinente Atenulfo ritornato in Benevento, imprigionò i ribelli, e ne discacciò tosto il Vescovo, il quale pien di vergogna si ricovrò a Salerno sotto la protezione del Principe Guaimaro, che per far dispetto ad Atenulfo suo inimical l'accolse e lo provide di ciò che gli era necessario. Per questa cagione la città di Benevento cominciò pian piano a scadere dal suo splendore; perchè la sede de' suoi Principi trasferita in Capua, fecegli molto perdere della sua maestà, e che poi devastata da' Saraceni perdesse ogni pregio ed eminenza; ed all'incontro avvenne che Capua cominciasse a risorgere e si rendesse più sublime.
In questi medesimi tempi ancora accaddero in Salerno disordini grandissimi; poichè i Salernitani male sofferendo l'aspro e crudel governo che d'essi faceva Guaimaro, da poi che da Adelferio Castaldo d'Avellino gli furon cavati gli occhi, tumultuarono apertamente, e ricorsi tutti a Guaimaro suo figliuolo, strepitando ch'essi non potevan più soffrire la crudeltà del suo padre cieco, volevano lui per loro Signore, e così detto, lo presero, e portatolo dentro la chiesa del Beato Massimo, proclamarono Guaimaro per loro Principe; così avendo nell'anno 901 deposto il padre crudele, lungamente sotto il placido governo di suo figliuolo vissero tutto giolivi e festanti: onde è che nelle Cronache de' Principi di Salerno, il primo Guaimaro vien chiamato malae memoriae, ed il secondo suo figliuolo bonae memoriae, non altrimente che presso i Normanni fu detto Guglielmo il Malo e Guglielmo il Buono.
I. Nuove scorrerie de' Saraceni, e ricorsi per ciò fatti agl'Imperadori d'Oriente.
Intanto i Saraceni, che nel Garigliano s'eran bene fortificati, e che scorrendo da per tutto infestavano il Principato di Benevento ed il Contado di Capua, non potevano da forze minori o uguali essere impediti. Tentò una volta Atenulfo, unitosi con Gregorio Duca di Napoli, che ad Attanasio era succeduto, e con gli Amalfitani, presso Trajetto di sterminargli, ma non riuscitogli il colpo secondo i suoi voti, s'avvide che ogni sforzo sarebbe stato vano, se non s'univano alle proprie le forze straniere. Era vano il ricorrere come prima agli aiuti degl'Imperadori d'Occidente; non minori erano i bisogni di costoro per le tante revoluzioni, nelle quali erano involti: fu adunque con provido consiglio tutto rivolto agli aiuti dell'Imperador Lione, a Basilio suo padre succeduto, il quale allora imperava in Oriente, e spedì in Costantinopoli per questo il proprio suo figliuolo e compagno nel Regno Landulfo, al quale, essendo stato cortesemente ricevuto da Lione, furon promessi tutti gli aiuti, che richiedeva. Non altrimenti che fecero gl'Imperadori d'Occidente, ambivano ora que' d'Oriente soccorrere i nostri Principi, perchè con ciò potessero restituire in queste nostre Province la loro sovranità già abbassata per la potenza di quelli d'Occidente; perciò oltre di far unire un potente esercito per mandarlo in queste Province contro i Saraceni: proccurò ancora Lione rendersi benevoli li nostri Principi con decorargli colla molto stimata in questi tempi dignità del Patriziato: ne ornò perciò Landulfo, siccome fece da poi a Gregorio Duca di Napoli ed a Giovanni Duca di Gaeta.
Atenulfo intanto, essendo Landulfo lontano, associò anche in quest'anno 910 al suo Principato l'altro suo figliuolo, che come lui Atenulfo era nomato; e con molta ansietà attendeva i promessi soccorsi, tutto ardendo di desiderio di sterminare i Saraceni da queste Province; ma furono rotti tutti i suoi disegni da pur troppo importuna ed inaspettata morte. Morì egli in Capua nel mese d'aprile di quest'anno 910, ed alcuni rapportano la sua morte nell'anno seguente nel mese di luglio. Fu in Capua sepolto, e quindi non più in Benevento, ma in Capua si leggono i tumuli de' Principi suoi successori, ove fermarono la loro sede. Finì con danno universale i suoi giorni, dopo aver tenuto Benevento dieci anni, e sei mesi. Principe veramente glorioso, e che seppe colle sue proprie mani fabbricarsi la sua fortuna, e colla sua incomparabile accortezza da semplice Castaldo esser portato al soglio de' Principi di Benevento: ma molto più commendabile per aver proccurato d'unire questi due Stati, Benevento e Capua, acciocchè potessero più lungamente aver durata, e non così prestamente ruinare, come già sarebbe accaduto, e siccome da poi avvenne; e per aver educati i suoi figliuoli con animi cotanto concordi e docili, che con raro esempio dopo la sua morte si videro ambedue con grandissima concordia reggere il Principato senza il minimo disturbo.
Landulfo, che ritrovavasi in Costantinopoli, intesa la morte del padre, tosto in Capua fece ritorno, ove accolto dal fratello Atenulfo, ambedue con mirabile concordia ressero uniti lo Stato, nè vollero, seguitando i consigli del padre, infra di loro partirlo, o che uno presedesse in Benevento e l'altro in Capua, ma ambedue, fermata come prima la loro residenza in Capua, dalla medesima attesero a reggerlo.
Giunse in questo mentre l'esercito mandato dall'Imperador Lione sotto il comando di Nicolò Picigli Patrizio, il quale per assicurarsi vie più dell'animo dei vicini, portò seco da parte dell'Imperadore la dignità del Patriziato a Gregorio Duca di Napoli, ed a Giovanni Duca di Gaeta. Ed avendo congiunto il suo esercito con quello di questi due, e colle forze di Guaimaro Principe di Salerno, accresciuto anche con gran numero di Pugliesi e Calabresi, che erano allora ritornati in gran parte sotto la dominazione de' Greci, pose il campo lungo il Garigliano contro i Saraceni. Giovanni X, o sia XI, come altri scrissero R. P. a cui egualmente premeva l'espulsione di questi Barbari, e che perciò ne avea anche scritte molte lettere all'Imperador Lione, volle anche aver parte in sì gloriosa impresa, e spintovi parimente Alberigo Marchese di Toscana suo fratello, vi corse con molta gente, che fece attendare dall'altra parte del fiume. Il Sigonio credette che Giovanni X, fosse il primo Papa, che fosse veduto alla testa d'eserciti armati; ma non fu questi certamente il primo, poichè, come si è veduto, questo pregio non dee togliersi a Giovanni VIII che fu il primo, lasciando le chiavi, ad imbrandir la spada.
I Saraceni per tre mesi sostennero con estremi disagi quest'assedio, ma finalmente, essendo loro mancata ogni sorte di vettovaglie, portati dalla disperazione, misero fuoco alla loro Fortezza, ed incendiarono tuttociò ch'essi avevano, non perdonando nè meno ai loro tesori, che da vari luoghi, che aveano depredato, ivi avean congregati; poi si diedero tutti stretti insieme a fuggire con maraviglioso impeto per le selve ed a salvarsi su le cime de' monti; ma inseguiti sempre da' nostri ne fu d'essi fatta strage infinita: così in quest'anno 916, secondo ciò che ne scrisse Lupo Protospata, furono i Saraceni scacciati dal Garigliano. Ma se bene di questa peste se ne fosse veduta libera questa provincia, non è però che l'avanzo dei medesimi, accresciuto da poi da coloro che sin dall'Affrica vennero, tornati delusi per l'assedio di Roma, che vergognosamente lasciarono, e ricovrati finalmente in Puglia nel Mante Gargano, costruttasi ivi una forte Rocca, non avessero inquietati i luoghi di quest'altra provincia, e che finalmente scorsi insino a Benevento, non dassero a questa città un sacco memorabile, con metter tutto a fuoco: essi fortificati nel Gargano tenevan tutta la Puglia in iscompiglio e le parti ancora vicine.
Non bastarono in questa provincia i soli danni, che i Saraceni inferivano, che vollero i Popoli stessi cagionarsene de' maggiori: poichè i Pugliesi e' Calabresi, mal potendo soffrire il gravoso giogo de' Greci, si ribellarono da essi, e datisi in potere di Landulfo Principe di Benevento, venne questi in isperanza di restituire Bari, e molte città della Puglia al Principato di Benevento, onde contro i Greci rivoltò le sue armi; ma ritornarono ben tosto i Pugliesi ed i Calabresi sotto il dominio de' Greci, poichè questi fortemente cruciati contro Landulfo, si voltarono da poi agli aiuti de' Saraceni stessi, che fecero venire sin dall'Affrica, e nell'anno 919 gli ridussero alla lor ubbidienza, rendendo vani gli sforzi di Landulfo: e perchè la città di Bari sede degli Stratigò, insieme colla Puglia fosse ben retta, vi mandò l'Imperadore un nuovo Stratigò Ursileo nomato, prode e valoroso Capitano, il quale con somma vigilanza alla custodia di questa provincia contro i disegni di Landulfo tutto era inteso: ed essendo finalmente nell'anno 921 stato provocato a combattere da Landulfo, andò egli ad incontrarlo in Ascoli, ove ferocemente combattendosi, fu ne' primi impeti da' Greci preso Landulfo, ma sul meglio del furor della battaglia restò Ursileo ucciso; perciò i Greci avviliti e sconfitti, il Principe non solo ricuperò la libertà, ma riportandone piena vittoria invase la Puglia, la quale poi, secondo che narra Lupo Protospata nell'anno 929, essendosi confederato con Guaimaro Principe di Salerno, proccurò, colle armi già invasa, ritenersela per se, siccome per sette anni la ritenne.
Fu perciò in questi tempi varia la fortuna de' nostri Principi longobardi sopra i Greci: si guerreggiò sovente infra di loro, e presso Matera una volta ferocemente, ove Imogalapto Stratigò restò morto; ed i Greci ora perdenti ed ora vincenti, finalmente se bene ricuperassero dalle mani de' Longobardi la Puglia e la Calabria, non è però, come credette il Baronio, che ritogliessero a' Longobardi quella parte della Campagna, che bagna il Vulturno; poichè da' Principi di Benevento, insieme Conti di Capua, fu in questi tempi e da poi sempre ritenuta, come ben lo dimostra Camillo Pellegrino. Così avvenne ancora, che i nostri Principi longobardi con gl'Imperadori greci Romano e Costantino, che a Lione VI succederono, ora furono inimici, ora amici e confederati e dependenti, rendendosi tali con ricevere da essi l'onore del Patriziato. Ben egli è vero ch'essendo ritornata sotto la dominazione de' Greci la Puglia e la Calabria, si restrinsero molto più i confini del Principato di Benevento e di Salerno, di quello che i nostri Principi longobardi tenevan prima, quando il Ducato di Benevento si estese tanto, che come s'è detto abbracciava quasi tutto ciò che ora è Regno di Napoli.
Il Principe Landulfo regnò insieme col suo fratello Atenulfo II, ventidue anni insino all'anno 932, fu da poi questo Principe discacciato, ed essendosi ricovrato in Salerno, fu da Guaimaro II, suo genero, accolto. Volle però Landulfo, che ne' diplomi si ritenesse e scrivesse ancora il nome di suo fratello scacciato; e perciò in questi tempi, essendo a Gregorio nel Ducato di Napoli succeduto Giovanni suo nipote, fu da costui rinovato il Concordato fatto nell'anno 911 tra il suddetto Gregorio con Atenulfo I, nel quale Concordato Giovanni Console e Duca, promette a Landulfo I e ad Atenulfo II, suo fratello, ancorchè questi si trovasse profugo in Salerno, e ad Atenulfo III, figliuolo di Landulfo I, di non inquietare il Principato di Benevento colle sue pertinenze, nè il Contado di Capua, nè Teano colle sue pertinenze, nè gli uomini di questi Stati, ma continuare fra essi una concorde amicizia: e così all'incontro promettevasi a questi Popoli una stabile e ferma pace, e di giudicare nelle loro cause secundum legem Romanorum, aut Longobardorum; e molti altri patti s'accordarono fra loro secondo le disposizioni delle leggi longobarde; donde, come altrove fu avvertito, si scorge chiaro, che sino da questi tempi presso questi Popoli la legge de' Longobardi era la dominante ed indifferentemente osservata. Notasi ancora in esso la subordinazione e dependenza, ch'ebbero sempre i Duchi di Napoli dagli Imperadori d'Oriente, poichè imperando in questi tempi Costantino e Romano in Costantinopoli, perchè per queste promesse e Concordati non si pregiudicasse dal Duca di Napoli in niente alla sovranità, che in questo Ducato vi ritenevano gl'Imperadori d'Oriente, si soggiunse dal Duca Giovanni: Haec omnia vobis observabimus, salva fidelitate sanctorum Imperatorum.
Morto in Salerno nell'anno 933 Atenulfo II, Landulfo associò al Principato Atenulfo III, suo figliuolo ed un altro Landulfo pur suo figliuolo, che Landulfo II, diremo.
Morì Landulfo Seniore verso l'anno 943 lasciando per successori questi due suoi figliuoli. Ma nell'anno seguente 944 restò solo Landulfo II a regnare. Nè mai Benevento da Capua fu intorno all'amministrazione e governo separato, formando sempre appo costoro una sola Dinastia, ancorchè, per la lor sede che era in Capua, fossero stati appellati Principes Beneventanorum, et Capuanorum .
Il Principe Landulfo II, pur in sua vita associò al Principato nell'anno 959 due figliuoli, Pandulfo, che Ostiense e gli altri Scrittori chiamarono Capo di ferro (di cui spesso ci tornerà far memoria per le sue famose gesta, e perchè nella sua persona s'unì anco il Principato di Salerno) ed un altro Landulfo, che perciò lo diremo III, li quali, morto Landulfo II, intorno all'anno 963 gli succederono nel Principato: ma Landulfo III, essendosi diviso col fratello, e toccatogli in sorte il Principato beneventano, fisse la sua sede in Benevento; onde si videro un'altra volta divisi questi due Stati, in Benevento presidendo questo Landulfo, ed in Capua Pandulfo Capo di ferro. Ma da poi nel 969 essendo morto Landulfo III, ancorchè avesse lasciato un suo figliuolo Pandulfo II, nulladimeno Pandulfo Capo di ferro per l'impetuosa brama di dominare, aggiudicò il Principato di Benevento a se ed al suo figliuolo Landulfo IV, escludendone il suo nipote Pandulfo II, il quale però finalmente nell'anno 981, avendone discacciato Landulfo IV, lo ricuperò ed a' suoi posteri lo trasmise, come nel seguente libro diremo.
Nel Principato di Salerno intanto, per la morte di Guaimaro accaduta nell'anno 933, era succeduto Gisulfo suo figliuolo. Resse costui con varia fortuna lungamente il Principato; ed a' suoi tempi, secondo che narra Lione Ostiense, fu nell'anno 954 scoverto in Pesto città della Lucania il corpo dell'Appostolo Matteo, pure per revelazione del medesimo Santo; ed affinchè Salerno non avesse anche in ciò che cedere a Benevento, ove da Lipari fu trasportato quello di S. Bartolomeo, fu da Pesto trasferito il corpo di S. Matteo in Salerno. Venne a noi, non altrimente che quello, da parti lontanissime: quello dall'India, questo dall'Etiopia, dove patì il martirio: dall'Etiopia narrasi, che fosse stato trasportato fino nella Bretagna, indi in Pesto nella Lucania, e quindi in Salerno.
(A' tempi, ne' quali dimorò Gregorio VII, in Salerno, par che si fosse perduta la memoria di questo sacro deposito; poichè, secondo che narra Paolo Bernriedense, nella di lui vita pag. 240 fu scoperto nuovamente il corpo dell'Appostolo da Gregorio, del quale nuovo ritrovamento si fece tanta festa, scrivendo egli, pochi anni prima della sua morte, quella lieta e festevole lettera, che ora leggiamo ne' tomi de' Concilj del Labbe, lib. 8 Ep. 3. Ecco le parole del Bernriedense, il qual favellando del cadavere di Gregorio, che fu sepolto quivi vicino, scrisse: Corpus ejus sepulturae traditum est apud B. Matthaeum Evangelistam, de cujus nova inventione laetabundam scripserat ante paucos annos Epistolam).
Sentiremo ancora in Amalfi venerarsi il corpo di S. Andrea, ed in Ortona quello di S. Tomaso, e pregiarsi in fine molte città del Regno delle ossa e delle reliquie di quasi tutti i santi Appostoli.