LIBRO SETTIMO

Lo scadimento de' nostri Principi longobardi e 'l rialzamento de' greci, le scorrerie de' Saraceni ed i tanti mali e calamità che ci portarono in queste nostre province, faranno il soggetto di questo libro. Saremo per narrare avvenimenti pur troppo funesti ed infelici, che le ridussero in una forma assai misera e lagrimevole. I Principi longobardi per discordie interne fra lor divisi, desolarono i loro Stati. Le loro discordie renderono più vigorosa l'autorità degl'Imperadori d'Occidente, i quali da tributari renderongli feudatari. I Saraceni dall'altra parte, chiamati da' nostri Principi stessi, finirono di devastargli. Il Principato di Benevento tutto sconvolto e diviso in pezzi, diede pronta occasione all'altre nazioni, approfittandosi di tante rivoluzioni e disordini, d'esser per ogni lato invaso, e di soffrire la Signoria d'altri Popoli, che finalmente lo soggiogarono. Origine di tanti mali fu la protervia de' Capuani, ma molto più la malvagità di Landulfo lor Castaldo.

I Capuani intesa ch'ebbero l'elezione di Radalchisio in Principe di Benevento, ne furono mal soddisfatti; temevano che questo Principe non dovesse comportare la lor malvagità, e molto più ne temeva Landulfo. Era costui incolpato, che fosse inteso d'una congiura, che Adelchisio figliuolo di Roffrido avea macchinata contra Radalchisio, il quale avendola scoverta, fece buttar da una fenestra Adelchisio, e cercava aver nelle mani Landulfo, di che questi avvisato, tosto scappò via, e fuggissene. Dall'altro canto Siconolfo fratello di Sicardo era sotto duro carcere stato confinato da suo fratello; ma non molto da poi scappato dalla prigione, e tenuto occulto per molto tempo da Urso Conte di Consa suo cognato, finalmente in Taranto ricovratosi, quivi dimorava; e Radalchisio tosto che fu innalzato al Principato di Benevento, avendo mandato in esilio Dauferio, fece, che costui portatosi in Nocera, ch'era città del Ducato di Napoli, cominciasse a sollecitare i Salernitani, perchè si unissero con Landulfo Conte di Capua contro Radalchisio, e portassero al soglio Siconolfo fratello di Sicardo.

In fatti i Capuani, avendo tirato anche al lor partito alcuni Beneventani, chiamarono da Taranto Siconolfo, e lo fecero venire in Salerno, dove accorsi non meno i Capuani che i Beneventani, lo acclamarono, e l'elessero Principe in quest'anno 840. Landulfo s'unisce con lui, occupa Sicopoli, e nell'istesso tempo fanno stretta lega co' Napoletani, i quali di null'altro desiderosi abbracciarono volentieri la congiuntura per vendicarsi de' Beneventani loro antichi ed ostinati nemici. Siconolfo rendutosi più animoso per l'accrescimento di tante forze, ed insignoritosi di Salerno, dopo aver rotto l'esercito di Radalchisio, occupa in un tratto tutta la Calabria e gran parte della Puglia, ed al suo Imperio la sottopone; indi voltando le vittoriose sue insegne verso Benevento, molte città e castelli di quel contorno prese, e finalmente ebbe anche ardire, portato dal corso di sì prosperi successi, di assediar Benevento stesso; ma animosamente respinto da' Beneventani tornossene in Salerno.

§. I. Divisione del Principato di Benevento, donde sorse il Principato di Salerno.

Radalchisio veduto sconvolto il suo Stato, pien di rabbia e di furore mosse tutte le sue forze contra Siconolfo, altamente giurando di non voler più vivere se non lo sterminava dalla terra; ma scorgendo che le proprie forze e de' suoi Beneventani non eran bastanti per reprimere un tanto nemico, che alla giornata acquistava maggior vigore; trasportato dal suo furore, niente curandosi de' mali gravissimi, a' quali esponeva il suo Stato, volle a tanti mali applicar rimedj peggiori. Eran, come si disse, dalla Sicilia calati per nostro danno molti Saraceni, i quali sotto Calfo lor Capo devastavano la Japigia ed i contorni di Bari. Reggeva questa città, per Radalchisio, Pandone: a costui comandò, che avesse in suo ajuto chiamato i Saraceni: e Pandone ubbidendogli fece venir molte truppe, le quali collocò per quartiere fuori le mura di Bari a' lidi del mare; ma i Saraceni accorti seppero ben tosto approfittarsi della congiuntura, poichè riguardando il presidio della città ed i siti che potevan superare, all'improvviso una notte per alcuni luoghi nascosti entrarono dentro Bari, dove fecero stragi inaudite de' Cristiani, ed occuparono la città. Così Bari da' Longobardi passò sotto la Signoria de' Saraceni, ed i Greci ne discacciarono poi i Saraceni e per lungo tempo la dominarono.

Radalchisio, a cui dall'un canto premeva abbattere Siconolfo, e che implicato in questo impegno, mal avrebbe potuto soffrir altra guerra contro i Saraceni per discacciargli da Bari, dissimulò il fatto, e volle con tutto ciò avergli per ausiliarj; l'invita perciò a combattere contro Siconolfo, onde unite alle sue forze quelle de' Saraceni cominciarono così fiera ed ostinata guerra, che miseramente afflissero queste nostre regioni: poichè Siconolfo dall'altra parte, con non disugual rabbia e furore volle opporsi a' sforzi di Radalchisio per qualunque maniera. Resistè a' primi incontri, e perchè niente mancasse ad accelerar la ruina d'amendue, con peggior consiglio chiamò anche in suo ajuto da Spagna i Saraceni. Non si videro in queste nostre contrade stragi più crudeli e spaventose, che quelle che furon fatte a questi tempi da' Saraceni, così dell'una come dell'altra parte: Capua fu da' medesimi ridotta in cenere; molte città arse e distrutte; e que' che residevano in Bari, avendo occupato Taranto, devastarono la Calabria e la Puglia, e giunsero fino a Salerno ed a Benevento. Tutto era pieno di stragi e di morti, e scorrevano i Saraceni come raccolto diluvio, inondando i nostri ameni campi. Continuarono queste calamità per lo spazio di dodici anni: tanto che i Beneventani stessi, conoscendo le loro miserie, tardi avveduti de' loro errori, furono costretti, acciocchè calmasse una sì fiera tempesta, a ricorrere agli ajuti de' Franzesi, perchè fugando i Saraceni, si proccurasse la pace fra questi due Principi.

Reggeva in questi tempi l'Imperio d'Occidente e l'Italia, come si è detto, Lotario Imperadore, il quale aveva eletto Re d'Italia Lodovico II suo figliuolo, che poi nell'Imperio gli succedette. Il Re Lodovico fu umilmente richiesto da Landone Conte di Capua figliuolo di Landulfo, da Adimaro e da Bassacio illustre Abate di Monte Cassino (che in quest'incontri fu da Siconolfo più volte saccheggiato) perchè portatosi nel Principato di Benevento con potente armata discacciasse i Saraceni, e ponesse pace fra que' due Principi: Lodovico ancorchè giovanetto, punto da stimoli di gloria, facilmente assentì alle loro dimande, e tosto in Benevento portossi; ove fugati come potè meglio i Saraceni, e confinatigli in Bari già loro sede, purgò da questa peste l'altre province di Benevento. Indi interponendovi la sua autorità, fu tutto inteso ad accordar que' Principi, che finalmente gli ridusse ad una ferma concordia, dividendo infra di loro tutta la provincia di Benevento in due parti, onde furon d'uno fatti due Principati: quello di Benevento fu ritenuto da Radalchisio, l'altro di Salerno a Siconolfo fu confermato, ambidue questi Principi giurando fedeltà a Lodovico, che finalmente come lor Sovrano riconobbero. Ecco come queste Province, toltone il Ducato napoletano e quelle città che agli Imperadori greci ubbidivano, furono rese soggette agl'Imperadori d'Occidente, i quali come Re d'Italia vi pretesero esercitare quelle ragioni, che i Re longobardi vi possedevano.

Queste furono le perniciose conseguenze, che riportarono i nostri Beneventani per le guerre civili, che infra di loro vollero movere e sostenere. I. Di riconoscere Lodovico per lor Sovrano, e giurargli fedeltà, ciò che l'istesso Carlo M. e Pipino suo figliuolo non poteron conseguire da Arechi e da Grimoaldo. E se bene l'altro Grimoaldo terzo Principe di Benevento, Sicone e Sicardo, che gli succederono, si fossero renduti tributarj a' Franzesi, non però s'avanzarono tanto di rendersi feudatarj. Il che quantunque non avesse tolto, ch'essi non restassero Sovrani de' loro Principati, perchè la fedeltà giurata e l'assistenza in guerra non diminuisce nè la libertà del vassallo in se medesimo, nè parimente la potenza assoluta ch'egli stesso ha sopra i suoi sudditi; non può negarsi però che non abbassi e diminuisca il lustro dello Stato sovrano, il quale senza dubbio non è sì puro, nè sì maestoso, quando è soggetto a queste cariche; tanto che Bodino tenne opinione, che se bene i Principi tributarj, o in protezione, debbano riputarsi Sovrani, non è però che i Feudatarj s'abbiano a riputar tali; del che ci tornerà altrove maggior opportunità di ragionare. II. Di vedersi un Principato partito in due, il che per conseguenza portò la seconda divisione, sorgendo l'altro di Capua, onde bisognò che finalmente ruinasse e fosse preda dell'altre nazioni. III. Di aversi proccurato ancora una molestissima spina dentro le lor viscere, come furono i Saraceni, i quali stabiliti in Bari non passò guari, che di bel nuovo inondarono ambedue i Principati, tanto che non bastando le proprie forze, fu d'uopo spesso ricorrere alle straniere per reprimergli, e con ciò render più potente l'autorità che in essi s'aveano acquistata i Franzesi.

Fu fatta questa divisione nell'anno 851 tra Radelchisio e Siconolfo, nella quale intervennero anche quasi tutti i Conti e Castaldi del Principato di Benevento, e moltissimi di loro, insieme con questi due Principi, vollero firmarla. Si legge ancor oggi presso il Pellegrino il Capitolare fatto da Radelchisio di questa divisione, ove i confini di questi due Principati distintamente vengono descritti.

Sotto il Principato di Salerno furono compresi molti Castaldati e Castelli: Taranto, Latiniano, Cassano, Cosenza, Laino, Lucania, da altri detta Pesto, Consa, Montella, Rota, Salerno, Sarno, Cimiterium, Furculo, Capua, Teano, Sora e la metà del Castaldato di Acerenza per quella parte, ove è congiunto con Latiniano e Consa.

Tra Benevento e Capua fu assignato per confine S. Angelo ad Cerros, che s'estende per la Serra di monte Vergine insino al luogo detto Fenestella. Tra Benevento e Salerno fu designato per limite il luogo detto alli Pellegrini: fra Benevento e Consa fu dato per limite Staffilo.

Partita in questa maniera l'intera provincia di Benevento, venne la parte boreale, che finisce col mare Adriatico, a rimanere a Radelchisio Principe di Benevento. La parte meridionale, che termina col mar Tirreno, a Siconolfo Principe di Salerno. Quindi Salerno, divenuta sede de' Principi, cominciò ad estollere il suo capo sopra le altre città di questa provincia, città in questi tempi molto forte e munita, per averla Arechi, come si disse, fortificata e di validissime torri e muri cinta, onde potè averla per asilo e presidio in tutte l'avversità della fortuna.

Furono ancora in questa divisione accordati molti patti, fra' quali i più importanti e principali furono, di promettere Radelchisio per qualunque occasione di non turbar il Principato di Salerno, e riconoscere per Principi legittimi Siconolfo, e dopo la sua morte quello ch'egli eleggerà per suo successore: di congiungere insieme le forze per discacciar da' loro Stati i Saraceni: che fra' Popoli dell'uno e l'altro Principato non debba praticarsi niuna ostilità, ma permettersi a ciascuno d'abitar ove lor piace, e far ritorno alle proprie città e castelli ove tengono domicilio, e ciascuno con quiete godersi delle proprie sostanze: che non debba darsi niuna molestia a coloro che dal Principato di Salerno vorranno portarsi al Santuario di S. Michele nel Monte Gargano, compreso nel Principato di Benevento, ma lasciargli passare senza contraddizione e senza dannificargli: che tutti i Vescovi, Abati ed ogni altro Cherico d'inferior grado debbano ritornar a' Vescovadi delle loro proprie Diocesi ed alle loro Chiese e monasterj; e se saranno renitenti, nè porteranno legittime scuse, si obbligheranno a ritornar per forza alla loro residenza, così i Vescovi, come tutti gli altri Cherici, eccetto però quelli, che serviranno al Principe in Palazzo, ovvero quelli che per forza fossero stati Chericati: che tutti i Monaci e Monache ritornino a' loro monasterj, ove prima abitarono, eccetto coloro che per volontà d'altri ivi entrarono per forza, e quelli che servissero nel Palazzo: che di tutte le robe delle Chiese, de' Vescovadi e monasterj, che vivono sotto Regola, ovvero degli Spedali, se ne prenda ragione, e secondo il lor valore si tassi il censo solito a contribuirsi al Principe; eccetto però i monasteri di Monte Cassino e di S. Vincenzo a Volturno, li quali stando sotto l'immediata protezione dell'Imperador Lotario e del Re Lodovico suo figliuolo, debbano ritener interi i loro privilegi, prerogative e primato; eccettuatone ancora le robe degli Abati e Canonici, che servono nel Palazzo. Molte altre capitolazioni furono accordate, promettendo ciascuno con solenni giuramenti l'osservanza, interponendovi anche per maggior stabilimento, l'autorità imperiale, e dando anche parola a Lodovico, che fu presente, ed a Lotario suo padre, chiamandolo anche essi nostro Imperadore (per lo giuramento dato di fedeltà) di fedelmente custodirle. Fermata la pace furono restituiti i prigionieri, a Siconolfo fu restituito Pietro figliuolo di Landone, e Poldefrit figliuolo di Pandulfo; ed all'incontro a Radelchisio furono renduti Adelgiso e Ladelgiso suoi figliuoli e Potone suo nipote. E Lodovico, parendogli aver sedate le rivoluzioni di queste province, in Francia tornossene.

Stabilita che fu questa pace, non potè molto goderne il frutto Siconolfo Principe di Salerno, poichè non passò guari, che in quest'istesso anno 851 dalla morte prevenuto, non potè dar maggiore stabilimento al suo novello Imperio. Morì Siconolfo primo Principe di Salerno, dal giorno che fu acclamato Principe, che fu nel 840, dopo dieci anni e pochi mesi d'inquieto e perturbato Regno, che col suo estremo valore seppe stabilire; ma morì al piacere di poter godere del frutto de' suoi tanti sudori. Lasciò Sicone suo unico figliuolo ancor lattante, erede nel Principato, e diedegli per Tutore Pietro.

Alcuni mesi da poi accadde parimente la morte di Radelchisio; nè mancarono i Beneventani di ergergli un superbo tumulo, ove in molti versi celebrarono le sue virtù. Il medesimo fecero a Caretruda sua moglie, dalla quale Radelchisio ebbe dodici figliuoli: Radelgario fu in suo luogo al Principato eletto, che lo resse pochi anni, e morì nell'anno 854, e i Beneventani gli eressero pure un gran tumulo: Ajone altro suo figliuolo fu Vescovo di Benevento; Adelghiso, morto suo fratello, fu il suo successore: gli altri furon Conti e valorosi Capitani.

Ma ecco intanto che nell'anno 852 i Saraceni, che in Bari fermarono la lor sede, inondando la Puglia e la Calabria, s'avanzarono insino a Salerno e Benevento, nè per reprimere tanto impeto bastavano le forze di Radelgario e di Sicone. Bisognò che di nuovo si ricorresse a Lodovico, e perciò furono destinati i due celebri Abati Bassacio di S. Benedetto, e Giacopo di S. Vincenzo, i quali avendo esposto a Lodovico le crudeli stragi, che i Saraceni sopra i Beneventani facevano, lo pregarono che tosto venisse per discacciargli, offerendosi all'incontro i Beneventani di dichiararsi suoi fedelissimi servi, e di dargli autorità di soggettargli anche a qualunque infimo de' suoi. Lodovico tosto venne in Italia, e verso Bari incamminossi; ma i Capuani e' Salernitani, scordatisi delle promesse, avendo sottratto ogni lor ajuto necessario per agevolar l'impresa contro i Saraceni, s'erano nascosi: del che fortemente sdegnato Lodovico, essendosi accorto della loro infedeltà, gli trattò aspramente; e vedendo, che Sicone per la tenera sua età era inetto al Governo, commettendo il Principato di Salerno sotto il Governo d'Ademaro, valoroso ed illustre Capitano, figliuolo di Pietro sopraddetto, egli tornossene in Francia, seco conducendo Sicone ancor infante.

Ecco come i nostri Principi longobardi cominciarono a sentire il giogo gravoso della altrui dominazione, che arrivò insino a disporre de' loro Stati e trasportargli da una in altra famiglia; poichè Ademaro non molto tempo da poi, nell'anno 856, morto Sicone, cominciò ad usurparsi assolutamente il Principato, che lo tenne per sei anni ancorchè non finiti, insino all'anno 871, quando a persuasione di Landone Conte, e di Landulfo Vescovo di Capua, fu imprigionato da Guaiferio, che gli succede, figliuolo di Dauferio il Balbo, e da poi nell'anno 866, ritornato l'Imperador Lodovico II nella cistiberina Italia, gli furono cacciati gli occhi.

§. II. Origine del Principato di Capua.

Peggiori furono i mali che seguirono, per essersi Capua staccata dal Principato di Salerno, poichè Landulfo Castaldo di Capua, non più al Principe di Salerno, a cui era il suo Castaldato sottoposto, secondo la divisione fatta con Radalchisio, volle ubbidire, ma resosi Signore di quello, d'un Principato vennesi a farne tre, quello di Benevento, l'altro di Salerno ed il terzo di Capua; e se bene Landulfo non volle assumere il titolo di Principe, ma di Conte, onde da lui cominciò la serie de' Conti di Capua; nulladimeno reggeva il suo Contado con assoluto arbitrio; ed essendo morto egli nell'anno 852, Landone suo figliuolo che gli succedè, resse anche il Contado tredici anni e nove mesi con assoluto ed independente Imperio. Costui dall'antica Capua, chiamata anche Sicopoli, trasportò gli abitatori nella nuova, ch'eresse nell'anno 836 presso il ponte Casilino, tre miglia distante dall'antica; ed è quella che ora munita con forti torri e muri, è riputata il più valido propugnacolo del Regno.

L'altro Landone suo figliuolo, terzo Conte di Capua, resse il Contado non men dell'avo e del padre con independenza da' Principi di Salerno, ed in cotal guisa nell'avvenire per lunga serie di Conti amministrandosi questo Contado con assoluto arbitrio, rimase distaccato da' due Principati di Benevento e di Salerno. Anzi si legge, che Landulfo nell'ultimo giorno di sua vita, mentr'era per spirare, chiamò a se i suoi figliuoli, e lasciogli questo precetto, che avessero proccurato sempre di nudrir discordie e risse tra il Principe di Benevento e quello di Salerno, perchè, altrimente facendo, essi non potevan sperar che lungamente potessero conservarsi lo Stato da lui sopra le spoglie di questi due Principati acquistato, se fra questi Principi fosse stata pace e concordia. In fatti i figliuoli osservarono diligentemente il precetto paterno, con tutto che contrario fosse a quello che Cristo diede a' suoi Discepoli; poichè morto che fu, scossero, come s'è detto, affatto il giogo, ed in niun modo vollero più ubbidir a Siconolfo Principe di Salerno, e sopra tutti Landonulfo, uno de' figliuoli suddetti, gli fu sempre contrario ed ingrato; e questo precetto non solamente essi l'osservarono, ma lo tramandarono nella loro posterità, come un perpetuo fedecommesso, lasciandolo per retaggio a' loro successori.

Così diviso il Principato di Benevento, fu nuova politia introdotta, e nuovi disordini incominciarono a confondere e porre sossopra queste nostre province, perchè tra questi Principi cominciando le gare e l'inimicizie, sovente si videro ardere di guerra, e contro di essi convertendo le loro armi, diedero a' Franzesi nuove occasioni di spessi ritorni, ed a' Saraceni di combattergli e di farsi più potenti in que' luoghi, che essi avevano occupati. Nè finirono qui i disordini, imperocchè i Napoletani approfittandosi di queste divisioni, e resi perciò più restii a pagar a' Beneventani il tributo, perchè sovente soccorsi da' Principi rivali, si resero più animosi, e continuarono per ciò fra di loro più irreconciliabili e crudeli le ostilità.

Peggiore fu la politia che tratto tratto s'introdusse in appresso, perchè se bene prima il Principato di Benevento era distinto in più Contadi e Castaldati, ciascuno però si governava coll'istesso spirito, e da un sol Principe dipendevano; ma dopo i Principi di Benevento, quei di Salerno, e sopra tutto i Conti di Capua, fra i loro figliuoli divisero i Castaldati e' Contadi, onde d'ogni Principato si fecero più Contadi, ed i Conti, ancorchè sottoposti, cominciarono a governare per se stessi; onde si videro in tante guise moltiplicati i Feudi nel nostro Regno. Così Landulfo, Conte insieme e Vescovo di Capua, divise il Contado di Capua con tanta imprudenza tra i figliuoli di tre suoi fratelli, che in ogni tempo infra di loro insorsero risse e guerre inestinguibili.

§. III. Spedizione dell'Imperador Lodovico contra i Saraceni: e sua prigionia in Benevento.

Di tanti sconcerti ben se ne profittarono i Saraceni, che da Bari spesso inondando la provincia di Benevento, ed a sangue e fuoco tutto mettendo, obbligarono i Beneventani a ricorrere a' Franzesi. Anzi mal potendosi difendere colle proprie forze e con quelle de' Franzesi, ricorsero ancora ad altri aiuti; poichè Majelpoto Castaldo di Telese, e Guandelperto Castaldo di Bojano con sommissione e preghiere si ridussero a ricorrere sino a Lamberto Duca di Spoleti per reprimere le forze de' Saraceni, i quali pure non ostante tutti questi aiuti posero sossopra i loro Castaldati e gli sconfissero.

Fu pertanto bisogno a' Beneventani e a' Capuani ricorrere di nuovo all'Imperador Lodovico, il quale tosto calando per Sora in Benevento, fu incontrato dagli Ambasciadori di molte città, implorando il suo aiuto. Venne anche ad incontrarlo Landulfo Vescovo insieme e Conte di Capua, che al fratello Landone III Conte di Capua era succeduto, co' suoi nepoti. Fu ricevuto da Guaiferio, che ad Ademaro succedè in Salerno; e finalmente da Adelghiso in Benevento.

Così Lodovico resosi in quest'anno 867 potente per le proprie forze e per quelle de' nostri Principi longobardi, verso Bari indirizzando il suo esercito; sconfisse i Saraceni, imprigionò Seodam loro Re, espugnò Bari, che fu restituita al Principe di Benevento, prese Matera, presidiò Canosa, e portò le vincitrici sue armi fino a Taranto, ove i Saraceni s'erano fortificati, cingendo questa città di stretto assedio; indi pien di gloria e tutto trionfante a Benevento fece ritorno. E spinto dal corso di sua fortuna pretese ancora sopra gli Amalfitani e sopra il Ducato istesso di Napoli esercitare la sua Sovranità, prendendo la protezione, e prestando aiuti ora agli uni, ora agli altri: di che offeso a dovere Basilio il Macedone Imperador d'Oriente, a cui il Ducato napoletano e gli Amalfitani ubbidivano, si dolse acremente di Lodovico, querelandosi de' suoi modi imperiosi, che praticava sopra que' Popoli, quasi che volesse soggettargli al suo Imperio. Lodovico, a cui non conveniva nelle presenti congiunture attaccar nuove brighe co' Greci, per sedare l'animo di Basilio, scrissegli una ufficiosa lettera, nella quale protestava, ch'egli niente era per imprendere sopra il Ducato napoletano appartenente all'Imperio greco, e che unicamente per soccorrere gli oppressi erasi intrigato in quegli affari.

Ma mentre Lodovico dimorava in Benevento, accaddegli un incontro non altre volte inteso nelle persone degl'Imperadori d'Occidente. I Franzesi resi boriosi per la fortuna presente, nè sapendo reprimere l'impeto di quella, malmenavano i Beneventani, trattandogli con alterigia e pur troppo crudelmente: ciò che mal potendo sofferire, scossero finalmente Adelghiso lor Principe a pensare di torsi l'indegno giogo; ed avendo Lodovico dentro la loro città, presero risoluzione d'arrestarlo e farlo prigione. Altri rapportano, che Adelghiso fu a ciò mosso non tanto per gli stimoli de' suoi Beneventani, quanto per gl'impulsi che gli venivan dati dall'Imperador Basilio, a cui niente piacevano i tanti progressi di Lodovico, del quale mostravasi per le accennate cagioni mal soddisfatto: che che ne sia, trovandosi Lodovico aver licenziato il suo esercito, dimorava dentro Benevento con poca guarnigione, onde nel mese d'agosto di quest'anno 871 improvisamente fu arrestato da' Beneventani e posto in sicuro carcere: furono occupate le di lui robe, e i Franzesi ch'erano in sua guardia, dopo essere stati spogliati, furono astretti a fuggire. Lodovico fu per quaranta giorni tenuto prigione, nè si pensava a liberarlo, se non che avendo inondato di nuovo i Saraceni la provincia di Salerno, e cresciuto il lor numero a trentamila, posero l'assedio a Salerno, dando terrore a tutti i Principi longobardi e ad Adelghiso Principe di Benevento sopra ogni altro. Fu in tanta revoluzione di cose liberato Lodovico: ma volle Adelghiso, che prima sotto solenni giuramenti promettesse, in tutto il tempo di sua vita di non mai più entrar ne' confini di Benevento, nè di ciò che avea sofferto in quest'incontro prender contro i Beneventani mai vendetta: il che Lodovico promise multis adiunctis execrationibus, giurando sopra le reliquie de' Santi e sopra i Santi Evangeli di Dio.

Partì Lodovico da Benevento nell'uscir di quest'istesso anno 871, ed in Veroli fermossi per undici mesi nel qual tempo portatosi in Roma prese la Corona per mano d'Adriano II nell'anno 872, prima di morir questo Pontefice, come vuol Aimoino; ancorchè alcuni moderni Scrittori nell'anno precedente vogliano che fosse stato da Adriano incoronato. Lodovico ancorchè prendesse ora la Corona, era stato però assunto all'Imperio sin dall'anno 856, quando Lotario Imperadore suo padre resosi Monaco, divise l'Imperio fra tre suoi figliuoli, assegnando a Lodovico Roma ed Italia; a Lotario l'Austrasia, onde poi si disse Lotaringia; ed a Carlo la Borgogna, come fu detto.

Ancorchè Lodovico con solenni giuramenti avesse promesso di non mai entrar ne' confini di Benevento, non fu però che nell'entrar dell'anno 873 non rompesse questi patti, ed insino a Capua con forte armata non s'inoltrasse.

Siccome in questi tempi la forza della religione era in vigore ne' petti de Principi, e non mai, o di rado si violavano i giuramenti; così all'incontro avean cominciato, sin da Gregorio II e Zaccaria, i Pontefici romani a trovar modo di romper questi lacci, e prosciogliere le loro coscienze: donde nacque la facoltà, che poi non pure i P. R. ma anche i Vescovi s'assunsero, dell'assoluzione de' giuramenti ne' giudicj ed altrove. Si renderono perciò, anche per quest'altro verso, a' Principi tremendi e necessari, non altrimenti, che per le dispense ne' matrimoni, le quali prima dai Principi si concedevano. Lodovico, a cui non dava il cuore di far ritorno in Benevento contra i giuramenti fatti, fu tosto soccorso da Giovanni VIII, che ad Adriano II poco prima era succeduto, il quale dichiarando non poter essergli d'ostacolo i giuramenti dati così per forza e con tanta indegnità, l'assolvè di tutte le promesse fatte a' Beneventani. Vi è chi scrive, che Lodovico con tutta l'assoluzione ottenuta per non esser riputato spergiuro, non volle egli porsi alla testa del suo esercito, ma in suo luogo, usando fraude a se medesimo, che vi avesse sostituita la Regina sua moglie Engilberga, e che in suo nome, e sotto la sua autorità si guerreggiasse. Venne in Capua, e nel passar diede strane rotte a' Saraceni confinandogli a Taranto: fu per vendicarsi d'Adelghiso, e tentò di occupargli Benevento, e perciò altri scrissero che intimorito se ne fuggisse nell'isola di Corsica; ma o che non gli riuscisse, come narra Erchemperto, o che frappostisi molti Conti ed il Papa istesso per accordargli, fu fra di loro conchiusa pace, ed Adelghiso con quelli del suo partito nella grazia di Lodovico furon reintegrati. Landulfo Conte insieme e Vescovo di Capua fu anche ammesso nella grazia e familiarità di Cesare, il quale somministrò in quest'incontri validi soccorsi contro i Saraceni.

Fu cotanta la familiarità che acquistò Landulfo presso l'Imperadore, che oltre d'aver conseguito dal medesimo i primi onori, pretese da lui, che la provincia intera di Benevento a lui si concedesse, e che Capua fosse innalzata ad esser metropoli: il che, come narra Erchemperto, non potè ridurre ad effetto, poichè Capua non prima dell'anno 968 ricevè questa prerogativa da Giovanni XIII Pontefice romano: e Benevento un anno da poi dall'istesso Pontefice fu eretta in metropoli; essendosi da poi in queste nostre regioni introdotto, che non più i Principi, ma i P. R. con innalzar i Vescovi in Metropolitani, innalzavano le città in metropoli, di che altrove ci tornerà più opportuna occasione di ragionare.

Lodovico dopo esser dimorato un anno in Capua ed in queste nostre contrade, e date anche molte e strane rotte a' Saraceni, nell'anno seguente 874 passò in Francia per non mai far più ritorno in queste nostre parti; poichè in quest'anno come alcuni notarono o nel seguente, come gli annali di Francia, ed i moderni Autori tengono, in Francia, non già in Milano, finì i giorni suoi. Principe gloriosissimo, ed a cui molto devono queste nostre province, che se non l'avesse soccorse tante volte, per le sì spesse e grandi inondazioni de' Saraceni, sarebbero tutte e stabilmente cadute sotto la loro dominazione. Abbiamo di questo Principe molti vestigi di pietà, per molti monasteri dell'Ordine di S. Benedetto da lui fondati nell'Apruzzi, de' quali Lione Ostiense non si dimenticò nella sua Cronaca. La donazione o sia conferma delle precedenti donazioni di Pipino e di Carlo M. fatte alla Chiesa romana, non a questo Lodovico, come credette l'Abate della Noce, ma a Lodovico Pio figliuolo di Carlo M. dee attribuirsi, il quale la fece a Pascale I R. P. nè quella abbraccia più di quanto Pipino e Carlo donarono, com'è manifesto dalla cronaca di Lione..

Per la morte accaduta di Lodovico in quest'anno 874 ovvero nel seguente, si conosce chiaramente l'errore di coloro, i quali credettero, che Lodovico avendo ritolto Bari a' Saraceni, l'avesse restituita a Basilio Imperador d'Oriente: poichè i Saraceni, partito che fu Lodovico da Italia e restituito in Francia, tosto usciti da Taranto, ov'erano stati confinati, tornarono a depredar Bari ed i luoghi vicini; onde i Baresi nell'anno 876, morto già Lodovico, non potendo più sopportare la crudeltà de' medesimi, dimorando in Otranto Gregorio Straticò di quella città, lo chiamarono e l'introdussero co' suoi Greci in Bari, siccome narrano Erchemperto e Lupo Protospata.

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