CAPITOLO III.

Il Re Federico vien eletto Imperadore da' Principi della Germania. Va in Alemagna, ed in Aquisgrana è coronato: ed Innocenzio intima un general Concilio in Laterano.

Fatta da' Principi della Germania l'elezione di Federico, prestamente inviarono due Legati, Anselmo ed Errico, a significargli cotal fatto e per condurlo in Alemagna; i quali arrivati in campagna sino a Verona, si rimase colà Errico per fare favorevoli al novello Cesare i Longobardi, e particolarmente i Veronesi; ed Anselmo venne in Roma ove di consentimento del Pontefice fece opera, che da' Romani fosse ancor dato l'Imperio a Federico: indi passato in Sicilia, con difficoltà ottenne, che Federico passasse in Alemagna; perciocchè Costanza gelosa della salute del marito, con molti altri Baroni di Sicilia, temendo non fosse colà da' suoi nemici fatto fraudolentemente morire, con ogni lor potere glielo dissuaderono. Ma finalmente dispregiato ogni pericolo ed incoraggiato dai particolari messi d'Innocenzio, lasciata Costanza in Sicilia con un figliuolo, che di lei generato avea, in memoria del padre, nomato Errico, imbarcato su i vascelli de' Gaetani con felice viaggio arrivò a Gaeta; poscia di nuovo messosi in mare, in aprile di questo nuovo anno 1211 pervenne a Roma, ove dal Pontefice, dal Senato, e dal Popolo romano lietamente accolto, passò similmente per mare in Genova; e caramente ricevuto da' Genovesi, fu da loro, per tema che i Milanesi gran partigiani di Ottone non l'assalissero tra via, e cercassero d'impedirgli il cammino, accompagnato insino a Padua, e nella stessa guisa fu poi da' Paduani e Cremonesi insieme uniti, non per la diritta via, ma per la Valle di Trento e per luoghi asprissimi delle Alpi, temendo l'insidie di Ottone, per lo paese de' Grisoni condotto, e con ogni onor raccolto dal Vescovo e dall'Abate di S. Gallo, pervenne con essi a Costanza.

Ma Ottone, che intanto avea con asprissima guerra travagliato i partigiani di lui, intesa la sua venuta, prestamente di Turingia, ove dimorava, partitosi, venne ad Uberlingh presso Costanza per uccidere o far prigione Federico prima che prendesse maggior potere in Alemagna, ma abbandonato da molti de' suoi seguaci che al suo nemico passarono, non potè porre in effetto il suo intendimento. E Federico mentr'era in Costanza ebbe tosto in suo aiuto grosso numero de' suoi Svevi, oltre a molti altri Baroni tedeschi dai quali per la memoria del padre e dell'avolo era grandemente amato. Il perchè Ottone vedutosi ciascun giorno mancar di forze, il nuovo anno di Cristo 1212 ne andò a Brisac città di stima posta in riva del Reno, ed ivi tentò con ogni industria di accrescere il suo esercito; ma perchè da' suoi soldati erano gravemente afflitti i cittadini di quella città, coloro per torsi dattorno cotal noia, concordemente e con furia il cacciarono via dalla città, uccidendogli e ponendogli in rotta tutto l'esercito; onde gli convenne, per non avere altra strada al suo scampo, con poca compagnia ricovrarsi colla fuga in Sassonia. Sparsasi questa fama tra' Tedeschi, tosto ciascun concorse a favorir Federico; il quale, discendendo per le rive del Reno, fu amichevolmente da tutti raccolto nell'Annonia; ma alcuni di que' Popoli, come fedelissimi ad Ottone, chiuse le porte, cominciarono a contrastargli il passo; pure costretti fra pochi giorni a cedere, passò ad Aquisgrana, ove concorsa la maggior parte de' Principi di Alemagna, che contro il creder di Federico passarono lietamente dalla sua parte, fu coronato Imperadore per mano degli Arcivescovi di Magonza e di Treveri l'anno di Cristo 1213, il ventesimo della sua età secondo l'Abate Uspergense, il Baronio e 'l Bzovio, ma secondo Inveges il decimottavo.

Così il deposto Ottone vedendosi abbandonato dai Signori dell'Imperio, rivolse l'armi contro Filippo Re di Francia, dal quale vinto e messo in fuga, il vittorioso Franzese, per più abbatterlo fece tregua coll'Imperador Federico, il quale non volendo perdere sì propizia occasione, con ogni prestezza assaltò le città imperiali, che favorivano ad Ottone ed in maniera le travagliò, ut Urbes ad deditionem, et Othonem ad veniam petendam impulerit, come dice Gordonio.

Il Pontefice Innocenzio vedendo depresso Ottone, e l'Italia e gli Stati de' Cristiani già pacificati e che le cose dell'Imperio d'Occidente pigliavan buona piega ed andavan a seconda del suo impiego, avendo ancora in questi medesimi tempi ricevuta la lieta novella della famosa vittoria ottenuta ne' campi di Toledo sopra il Re di Marocco e suoi Mori dal Re di Castiglia, da D. Pietro II Re d'Aragona fratello dell'Imperadrice Costanza e da Sancio Re di Navarra, rivolse l'animo a più gloriose imprese: e veggendo che non solo in Ispagna, ma che anche in Terra Santa i Turchi aspramente molestavano i Cristiani, prendendo ogni giorno colà possanza, rivolse l'animo alla ricuperazione di Terra Santa; onde con sue lettere invitò tutti i Principi cristiani che deponendo le loro particolari discordie prendessero la Croce, incorandogli alla guerra sacra, ed inviò due Cardinali Legati, che adunassero le genti per passare in Soria. Scrisse parimente al Saladino Soldan di Babilonia e di Damasco, che restituisse Gerusalemme a' Cristiani, con liberar tutti que' che avea prigioni in suo potere offerendogli all'incontro, che sarebbero anche liberati da' nostri i Turchi, ch'erano in nostro potere; ma ciò non servì per nulla, poichè quel Principe si curò poco de' messi e delle lettere del Pontefice. Intimò ancora Innocenzio un general Concilio da tenersi in Roma in S. Giovanni Laterano nell'anno seguente 1215, siccome in effetto nel primo di novembre di quest'anno si cominciò a celebrare, nel quale v'intervennero 70 Arcivescovi, 412 Vescovi e 800 Abati e Priori. Vi accorsero ancora gli Ambasciadori di tutti i Principi cristiani, ed in nome di Federico fuvvi Berardo Arcivescovo di Palermo. I Milanesi, ch'eran ostinati partigiani d'Ottone, non tralasciarono ancora mandarvi un lor cittadino per difendere in quest'Assemblea le ragioni d'Ottone: furono dibattuti in questa radunanza molti punti, ed esaminati con molta contenzion d'animo.

Il principale fu l'espedizione di Terra Santa, e del modo da tenersi per ricuperar Soria, ch'era ricaduta in mano d'Infedeli, e di comporre perciò le discordie tra' Principi cristiani, nel che concorsero tutti gli Ambasciadori de' Principi a prometter in nome de' loro Signori ogni aiuto.

Fu ancora molto dibattuto sopra la deposizione di Ottone, ed incoronazione di Federico in Aquisgrana; ed il Legato milanese orò lungamente per Ottone, il quale fece nel Concilio proporre di voler tornare alla ubbidienza della Chiesa, e che perciò dovesse esser restituito nell'antica sua dignità imperiale, e cancellarsi ciò ch'erasi fatto per Federico. Ma surse dall'altra parte il Marchese di Monferrato per Federico, e declamando non doversi sentire alcuno che parlasse in nome di Ottone, recò in mezzo sei capitoli d'accuse contro il medesimo. Primieramente, non dovea sentirsi, perchè Ottone ruppe, e violò i giuramenti fatti alla Chiesa romana di non invadere le sue Terre, e gli Stati del Re Federico. II Perchè non avea restituito quelle Terre, per le quali era stato scomunicato, ed avea giurato di restituire. III Perchè favoriva un Vescovo scomunicato. IV Perchè carcerò un Vescovo Legato della Sede Appostolica. V Perchè in disprezzo della Chiesa romana chiamava il Re Federico Re dei Preti . VI Perchè distrusse un monastero di Monache, e 'l ridusse in Fortezza. Poi rivoltandosi contro i Milanesi, che ivi presenti, cominciò a declamar contro di loro, come nemici di Federico; ma questi di nulla atterriti, volendo dargli risposta, il Pontefice facendo cenno colla mano, si alzò dal trono, ed uscì dalla Chiesa lateranense. Fu questo gravissimo affare di Federico e di Ottone, come narra Riccardo, con grandissima contenzione combattuto nel Concilio dalla festività di S. Martino insino al giorno di S. Andrea; nel qual dì finalmente il Papa approvando l'elezione fatta dai Principi d'Alemagna in Aquisgrana, confermò Federico in Imperador romano, e fu deliberato di doversi invitare a prender la Corona in Roma, secondo il costume de' maggiori.

Non minori furono le discussioni intorno a' Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, e sopra tutto intorno alla condannagione dell'eresia degli Albigensi, i quali favoreggiati dal Conte di Tolosa, e da altre persone di stima avean preso molto potere in Francia.

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