CAPITOLO II.

Papa Innocenzio naviga in Sicilia: conchiude le nozze di Federico con Costanza figliuola d'Alfonso II Re d'Aragona; e difende il Regno dall'invasione d'Ottone IV Imperadore.

Intanto in Palermo il Cancellier Gualtieri avea eccitati torbidi gravissimi nel palagio reale, poichè trattando con ogni suo studio, che Guglielmo Capparone gli dasse in balia il palagio e la persona del Re, e non potendo ciò ottenere, pose tutto in rivolta; onde essendo i maggiori Ministri del Regno fra lor divisi con grosso numero di partigiani, porsero occasione ai Saracini dell'isola, che senza niun timore di gastigo prendessero l'armi, e non solo si togliessero dall'obbedienza del Re, ma anche danneggiassero malamente i Cristiani, con prendere a forza il castel di Coriglione, e minacciare di far altri danni più gravi.

Non minori erano i disordini, che cagionava nel Regno di Puglia Corrado di Marlei creato dal morto Imperadore Conte di Sora, il quale infestava non solamente Terra di Lavoro, e gli altri circostanti luoghi, ma anche lo Stato del Pontefice. Di sì miserabile stato d'ambi i Reami a pietà mosso Innocenzio, determinò navigar in Sicilia, come in fatti nel dì 30 del mese di maggio del nuovo anno 1208 arrivò egli in Palermo con molti Cardinali, Arcivescovi ed altri Prelati, e ritrovando già cresciuto, e d'età di 13 anni il Re Federico, il persuase ad accasarsi; e propostagli per isposa Costanza sorella di Pietro Re d'Aragona, nè Federico ripugnando, cominciò a trattar egli con Sancia madre della sposa il parentado: indi partissi da Palermo, ed a' 23 di giugno venne in S. Germano.

Quivi giunto, ragunò un'Assemblea di Baroni, giustizieri e Governadori delle città e castella: statuì con loro, che ciascuno badasse a soccorrere il Re Federico, inviando per tal effetto in Sicilia a loro spese 200 cavalli, i quali dovessero dimorar colà per un anno intero. Creò altresì maestri Giustizieri e Capitani nel nostro Regno Pietro Conte di Celano, e Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi, commettendo al Conte di Celano la Puglia e Terra di Lavoro, ed al Conte di Fondi la città di Napoli, e l'altre parti di esso. Diede in oltre assetto agli affari della Giustizia, che per le continue guerre, e per la baldanza de' Tedeschi poco era conosciuta, con dar altri provvedimenti per lo suo buon governo, come raccontano Riccardo da S. Germano, e la Cronaca di Fois. Comandò, che tutti dovessero osservar fra di loro pace, e se alcuno sarà offeso, che ricorresse a' soprannominati Conti ad esporre le loro querele: impose gravi pene, e dichiarò che fosse tenuto per pubblico inimico colui, che avesse ardire di opporsi a quel che avea ordinato, e di turbar la quiete del Regno.

E terminata l'Assemblea, non contento di quanto in essa avea stabilito, scrisse parimente sopra di ciò a tutti i Conti, Baroni e Popoli di esso Reame, che non eran venuti al parlamento, esortandogli ad osservar quel che avea statuito, ed ubbidire a tutto quel, che loro avrebbe in suo nome imposto Gregorio Crescenzio romano Cardinal di S. Teodoro suo Legato in campagna di Roma, e Riccardo suo consobrino (al quale in guiderdone d'aver disfatto, e preso Corrado di Marlei, avea investito in quest'istesso anno 1208 del Contado di Sora, avendolo tolto a Corrado) li quali sarebbero passati in Puglia per non potervi esso passare, stante il gran calore della stagione, come il tutto potrà vedersi nella sua lettera, che va tra l'altre epistole di questo Pontefice.

Ed avendo a questo modo ordinato il Governo di questo Reame, salì a Monte Cassino, e visitando quel sacro luogo, gli confermò tutti i privilegi concessigli da' Pontefici suoi predecessori, e glie ne concesse altri di nuovo. Ma mentre ancora quivi si tratteneva, ecco che gli viene avviso, come Filippo Re di Germania e zio del Re Federico da' suoi era stato ucciso; onde per soccorrere più da vicino a' bisogni dell'Imperio d'Occidente, per la via di Sora ed Atino partendo di Terra di Lavoro, con tutti i Cardinali ch'eran seco venuti, ritornò in Campagna di Roma.

Dopo la morte d'Errico Imperadore, ancorchè l'Imperio s'appartenesse al suo figliuolo Federico, tanto più che l'istesso Errico in vita avea proccurato, che quasi tutti li Principi della Germania lo eleggessero in Re e gli giurassero fedeltà, come dice l'Abate Uspergense, nulladimanco, morto Errico sursero due fazioni infra di lor contrarie per l'elezione del successore e la maggior parte degli Elettori elessero Filippo Duca di Svevia fratello del morto Imperadore, e dalla sua fazione fu coronato Re di Germania in Magonza nell'anno 1197: altri d'inferior numero elessero Ottone Duca di Sassonia e lo coronarono in Aquisgrana. Ma con tutto che Innocenzio III favoreggiasse il partito d'Ottone ed avesse confermata la sua elezione, nulladimanco prevalse il partito di Filippo, il quale per dieci anni tenne l'Imperio, ed al quale finalmente cedè l'istesso Ottone, con cui dopo una crudel guerra venne a concordia, e nel 1207 Filippo diede Beatrice sua figliuola per moglie ad Ottone, con patto che morto Filippo, al Regno di Germania egli vi succedesse. Tenendo adunque l'Imperio Filippo, in quest'anno 1208 fu ucciso a tradimento entro il proprio palagio nella città di Bamberga da Ottone Conte Palatino suo fiero inimico: onde Ottone Duca di Sassonia aspirò di nuovo all'Imperio, nel che ebbe anche questa seconda volta il favore d'Innocenzio, che nell'anno seguente, calato egli in Italia lo incoronò in Roma, ed Ottone IV fu nomato.

Ma dopo la partenza del Papa da Terra di Lavoro, nacquero in questa provincia nuovi disordini, poichè Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi unitosi col Conte Diopoldo s'insignorì della città di Capua, chiamatovi dagli stessi Capuani, togliendola al Conte Pietro di Celano sotto il cui governo si trovava, perciocchè suo figliuolo Riccardo, che vi era Arcivescovo, era fieramente odiato da que' cittadini.

Aveva intanto il Pontefice Innocenzio chiuso già il parentado tra il Re Federico e Costanza vedova di Alberico Re d'Ungheria figliuola d'Alfonso II Re di Aragona e di Sancia sua moglie. Narra il Zurita avveduto ed incorrotto Istorico negli Annali d'Aragona che la Reina Sancia, dopo la morte del Re suo marito, inviò in Roma un suo Secretario detto Colombo, offerendo ad Innocenzio, se tal matrimonio si conchiudesse, d'inviar 200 cavalli a sue spese in Sicilia in soccorso del genero; ovvero se così fosse paruto convenevole, di condurgliela ella stessa con 400 cavalli, purchè fosse assicurata che le sarebbero rifatte le spese, che farebbe guerreggiando in quel Regno, in caso che il parentado fosse impedito da' Siciliani, che tenevano in lor podere la persona del Re; chiedendo in oltre, che se Federico fosse morto prima di effettuare il matrimonio con Costanza, dovesse investire de' suoi Reami D. Ferdinando fratello di Costanza, che il padre avea dedicato alli sacri Ordini. Innocenzio dopo tal imbasciata inviò suoi Ambasciadori in Aragona, e questi insieme con quelli, che parimente inviò Federico, dopo vari trattati conchiusero il parentado. Ma prima, che Costanza partisse da Aragona, morì la Regina Sancia; ed ella fu poi in Sicilia nel mese di febbraio del nuovo anno 1209 da D. Alfonso Conte di Provenza suo fratello su le galee de' Catalani accompagnata da grosso numero di Cavalieri spagnuoli e provenzali; ma queste nozze mentre con pompose feste si celebravano in Palermo, furono sturbate per la morte di D. Alfonso e di molti di que' Cavalieri, che seco avea portati; poichè attaccatosi per le malvagità dell'aria un contagioso male in Palermo, avea menati molti al sepolcro; tanto che costrinse il giovanetto Re, che non avea più che 14 anni, tra le allegrezze dello sponsalizio, e tra le lagrime del morto cognato ad uscir da Palermo, ed andar girando per molte città di quell'Isola.

Or mentre il contagioso male costringeva il Re Federico a far dimora fuori di Palermo, il Conte Pietro di Celano per opra dell'Arcivescovo suo figliuolo riebbe Capua; e nell'istesso tempo Ottone Re di Germania per la morte di Filippo suo socero, anelando all'Imperio d'Occidente venne in Italia con poderoso esercito, e giunto in Roma, ricevuto dal Pontefice Innocenzio gli fu nella chiesa di S. Pietro a' 7 settembre di quest'anno data la Corona imperiale; e narra Riccardo da S. Germano, che il coronò praestito juramento de conservando Regalibus S. Petri, et de non offendendo Regem Siciliae Fridericum. Ma dimorando in Roma Ottone col suo esercito, avvenne, che s'attaccò grave briga fra' suoi soldati ed i Romani, i quali, prese da per tutto le armi, uccisero gran quantità di Tedeschi: sdegnato di ciò Ottone partissi da Roma, e ne andò nella Marca ove per alcun tempo dimorò, danneggiando e prendendo a forza, non ostante il giuramento fatto, le terre e le città della Chiesa.

Intanto l'Abate Roffredo, avendo per molti anni governata la Badia di Monte Cassino, passò di questa vita l'ultimo giorno di maggio in S. Germano; dopo la cui morte il Conte Diopoldo e Pietro Conte di Celano rappacificatisi insieme ed uno fatto Signor di Capua, e l'altro di Salerno ambedue persuasero Ottone, ch'era in Toscana, che venisse ad occupare il Reame con dargli in suo potere Diopoldo Salerno ed il Conte di Celano Capua, sicchè l'Imperadore, non ostante il giuramento fatto al Pontefice di non travagliar Federico, accettata lietamente l'impresa ed assembrato il suo esercito entrò per la via di Rieti e di Marsi in Appruzzi, donde passato in Terra di Lavoro, Pietro Abate di Monte Cassino, ch'era succeduto al morto Roffredo, temendo delle terre della sua Badia, contro il voler de' suoi Padri, gli inviò per suoi messi a chieder pace, e poco stante egli medesimo andò riverentemente ad incontrarlo, ponendosi in suo potere; per la qual cosa non furono i suoi luoghi, nè i beni del monastero in menoma parte da' Tedeschi danneggiati.

Giunto poscia a Capua creò Duca di Spoleto il Conte Diopoldo, il quale oltre all'avergli dato Salerno, s'era congiunto seco con tutti i suoi partigiani. Andarono indi amendue ad assediare Aquino, ma ne furono con lor notabil danno ributtati da Tommaso, Pandolfo e Ruberto Signori di quella Piazza. Napoli in onta degli Aversani si rese ad Ottone; il quale ad istanza de' Napoletani andò a porre l'assedio ad Aversa; ma gli Aversani con pagargli molta moneta, e raccorlo amichevolmente entro la lor città, sottoponendosi al suo dominio, non riceverono altro danno. Passò poscia Ottone in Puglia, ove tra per lo timore e per la forza, buona parte ne occupò, e lo stesso fece nella Calabria, ponendo a sacco ed a ruina i luoghi, che gli facean resistenza.

Il Pontefice Innocenzio vedendo in cotal guisa perdute le più belle province di questo Reame, tentò prima con ogni suo potere di distorre Ottone dall'impresa: inviò per tanto ben cinque volte l'Abate Uspergense, com'e' narra, da Roma a Capua, a trattar con l'Imperadore tal concordia, ma invano; poichè Ottone, reputando che tutte queste province, siccome tutto il resto d'Italia s'appartenessero all'Imperio, non solo a patto alcuno non volle lasciar ciò che avea conquistato contro il Re di Sicilia, ma tentò di occupare tutto il rimanente d'Italia.

I Pontefici romani aveano già in questi tempi preso il costume, non pur di scomunicare gl'Imperadori, ma deporgli anche dall'Imperio, con assolvere i vassalli dal giuramento, e di vantaggio di deporgli non pur per cagion d'eresia, ma anche per cagioni meramente temporali, se essi tentassero d'occupare i beni della Chiesa, o di qualche altro Principe lor amico e federato. In fatti Innocenzio in questa occasione, conosciuta l'ostinazione d'Ottone di non voler lasciare ciò ch'avea occupato nella Marca delle terre della Chiesa, e ciò che avea conquistato contro il Re Federico lo scomunicò, e lo dichiarò nemico di S. Chiesa. Interdisse ancora la Chiesa di Capua, perchè que' ministri aveano avuto ardimento di celebrare i divini Uffici in sua presenza, e scomunicò ancora tutti i di lui fautori: e convocato un Concilio in Roma il privò dell'Imperio; ma perchè questi fulmini invano si lanciano, se non vengono accompagnati e sostenuti dai Principi Elettori, scrisse perciò Innocenzio in questo medesimo anno 1210 sue lettere a' Principi tedeschi, nelle quali esagerando i danni fatti da Ottone alla Chiesa contro il tenor dell'accordo e del giuramento da lui fatto, quando l'incoronò in Roma, gli esortava per ciò, ch'essendo egli spergiuro e scomunicato, e caduto dall'Imperio, ne creassero un altro in suo luogo. Il perchè mossi molti di loro a prendergli l'armi contro, si cagionò guerra e rivoltura in Alemagna, della qual cosa avuta contezza Ottone, prestamente di Puglia partitosi, ritornò in Germania; ma non fu perciò bastevole a frastornare l'elezione; poichè gli Arcivescovi di Magonza e di Treveri, il Re di Boemia, Ermanno Conte di Turingia, i Duchi di Austria, di Sassonia e di Raviera ed altri molti Signori tedeschi, i quali oltre all'esser suoi scoverti nemici, si ricordavano dell'elezione fatta di Federico in Re de' Romani, mentr'era ancor fanciullo in vita del padre e del giuramento datogli, crearono Imperadore il Re Federico, che in quest'anno non era più che di quindici anni.

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