CAPITOLO V.

Disposizione e novero delle province, delle quali ora si compone il Regno.

La presente divisione delle nostre province in dodici, che ora compongono il Regno di Napoli, dal Surgente, dal Mazzella, e comunemente da tutti gli Scrittori s'attribuisce a Federico II Imperadore, le quali non con nome di province, ma di Giustizierati erano dinotate. Ma questa loro opinione non è in tutto vera, poichè nè Federico fu il primo a far cotal divisione, nè a' suoi tempi il lor numero arrivava a dodici ma era minore; onde non al solo Federico, ma a Carlo I d'Angiò, ad Alfonso I d'Aragona ed a Ferdinando il Cattolico, cioè a tutti insieme dee attribuirsi, siccome molto a proposito avvertì il Tassone.

Nè questo numero fu sempre costante: poichè in alcun tempo per le novelle prammatiche alcune province (per ciò che riguarda il lor governo ed amministrazione) furono unite, e da poi di nuovo divise in dodici e poste nello stato, nel quale oggi si trovano; nè in tutti i tempi ebbero le medesime città per loro metropoli e sedi de' Presidi.

Sortirono tal divisione tutta difforme dall'antica dei tempi d'Adriano, o di Costantino M. e degli altri Imperadori suoi successori; poichè mutata prima la vecchia descrizione da Longino, indi succeduti i Longobardi, avendo sotto il Ducato, e poi Principato di Benevento comprese parte intere, parte diminuite, la Campagna, la Puglia e la Calabria, la Lucania, e' Bruzi ed il Sannio; variarono in tutto l'antica divisione delle province d'Italia. Sortì ancora questa nostra cistiberina Italia altra divisione, quando di più Principati e Ducati ella si componeva: del Principato di Benevento, che fu poi diviso in altri due, in quello di Salerno, e nell'altro di Capua: indi del Principato di Bari e di quel di Taranto: de' Ducati di Napoli, di Sorrento, di Amalfi, di Gaeta, ed ultimamente di Puglia e di Calabria, siccome ne' precedenti libri di quest'Istoria si è potuto osservare.

Ma la più immediata cagione ed origine di quella divisione che oggi abbiamo di queste nostre province non deve attribuirsi ad altro, che a' Castaldati e Contadi, che v'introdussero i Longobardi; poichè avendo essi diviso il Ducato di Benevento in più Castaldati, come in province, siccome manifesto dal Capitolare del Principe Radelchi rapportato dal Pellegrino, quindi avvenne, che molti di quelli ne' tempi de' Normanni passaron in Giustizierati e da poi in Province.

Quanto fosse il numero di questi Castaldati in tempo de' Longobardi, tutta la diligenza ed accuratezza di Camillo Pellegrino non bastò per diffinirlo; poichè dalla divisione fatta del Principato di Benevento da Radelchi con Siconolfo Principe di Salerno non può certamente sapersi se tanti fossero, quanti se ne veggon in quella nominati. L'accuratissimo Pellegrino ne novera alcuni, de' quali i più insigni furono, quello di Capua, che verso Occidente si distendeva insino a Sora. L'altro di Cosenza, che si stendeva insino a S. Eufemia e Porto del Fico, che sono ancora oggi i confini della provincia di Calabria Citra, di cui tiene Cosenza anche ora il primato, ed è sede de' Presidi, e quello di Cassano. Il Castaldato di Chieti, che abbracciava molte città e terre, e che poi fu detto anche la Marca Teatina. Il Castaldato di Bojano, che co' luoghi adjacenti, posseduto prima da Alezeco Bulgaro sotto nome di Castaldo, passò poi dopo 200 anni a Guandelperto, di cui presso Erchemperto hassi memoria: la qual prerogativa da Bojano essendo passata a Molise, castello a Bojano vicino, sotto nome di Contado, quindi avvenne, che prima fosse detto Contado di Molise e poi provincia del Contado di Molise, il qual nome oggi ritiene.

Fuvvi ancora il Castaldato di Telese e di Sant'Agata: quello d'Avellino; e l'altro d'Acerenza. Fuvvi il Castaldato di Bari, assai celebre presso i Longobardi; onde avvenne, che a' tempi de' Normanni ottenne questa città il primato di tutta la Puglia e fosse riputata sua capo e metropoli. L'altro di Lucera e di Siponto città in Capitanata assai illustri, sotto il di cui Castaldato comprendevansi tutte quelle città e terre, che erano tra il Castaldato di Bari e quello di Chieti. Fuvvi il Castaldato di Taranto, quello di Lucania, ovvero Pesto, e l'altro assai rinomato di Salerno. In questa forma o poco dissimile divisero i Longobardi il Ducato beneventano, che in que' tempi abbracciava nove intere province di quelle, che oggi compongono il Regno di Napoli, e che sortirono questi nomi, cioè di Terra di Lavoro, toltone alcune poche città marittime, come Napoli e Gaeta; del Contado di Molise; di Abruzzo-Citra; Capitanata; Terra di Bari; Basilicata; Calabria-Citra; e l'uno e l'altro Principato; e parte ancora delle province di Terra d'Otranto, di Calabria e d'Abruzzo Ulteriore. E se presso gli Scrittori di questi tempi, e forse anche nel sermon popolare furono ritenuti gli antichi nomi di Campagna; di Calabria e di Puglia; di Lucania e Bruzj e del Sannio, non è, che secondo questi nomi serbassero gli antichi confini e la distribuzione antica; ma chi per ostentar erudizione, chi per dinotare ove erano i Castaldati collocati, d'essi valevansi, non altrimenti che presso di noi ancor rimane l'antico nome di Puglia, ancorchè niuna delle dodici province del Regno si nomini di Puglia, ma di Bari, o di Capitanata.

Succeduti a' Longobardi i Normanni, colla nuova Nazione presero nuovi nomi; e siccome presso i Longobardi, dal nome del Magistrato, al quale era commesso il governo di quelle regioni, ch'essi chiamarono Castaldo, acquistarono il nome di Castaldati: così parimente commettendo i Normanni il governo di quelle province a' loro Ufficiali; ch'essi chiamavano Giustizieri, presero parimente il nome di Giustizierati, onde sursero i nomi del Giustiziero, e Giustizierato di Terra di Lavoro, d'Apruzzo, di Puglia, di Terra di Bari, e simili. E siccome i nomi di queste province furono variati, e da Castaldati, passarono in Giustizierati; così anche ciascheduna di loro, a riserba di alcune, prese nuovo nome, ed alcune altre anche nuova divisione, come si scorgerà chiaro noverandole una per una, secondo la disposizione ed ordine, che oggi tengono presso i nostri più moderni Autori.

I. Terra di Lavoro.

Il Castaldato di Capua, non si disse Glustizierato di Capua, ma di Terra di Lavoro. Ma in qual tempo e donde questa provincia prendesse questo nuovo nome di Terra di Lavoro, e lasciasse quello di Campagna, o di Capua, non è di tutti conforme il sentimento. Alcuni credettero, che molto prima de' Normanni avesse questa provincia acquistato tal nome, ingannati dal passo d'una lettera di Martino Romano Pontefice scritta ad Elitterio, nella quale narrando egli ciò che patì nel viaggio, che nell'anno 650 per ordine di Costanzo Imperador greco gli convenne da Roma fare in Oriente, dice: Pervenimus Kalendis Julii Misenam, in qua erat navis, id est carcer; non autem Misenae tantum, sed in Terra Laboris, et non tantum in Terra Laboris, quae subdita est magnae Urbi Romanorum (cioè a Costantinopoli) sed et in pluribus Insularum, ec. Ma siccome ben avvertì l'accuratissimo Camillo Pellegrino, chi non vede, che in quella epistola per imperizia de' librari, in vece di dirsi Terra Liparis, siasi con errore scritto Terra Laboris? Perchè secondo il viaggio, che il Pontefice da Roma intraprendeva per Oriente, da Miseno dovea passare in Lipari, siccome da Lipari nell'altre isole, di Nasso, ed altre per condursi in Oriente. Parimente se intendeva di Terra di Lavoro, non dovea separar Miseno da questa provincia, come fece, per esser quella città compresa in quella nè porla tra le altre isole; già che Terra di Lavoro non è isola, ma Terra continente, la quale non era allora tutta sottoposta all'Imperador greco di Costantinopoli.

Non dissimile fu l'error di Narcisso Medico, il quale presso Sebastiano Munstero, credette che Terra di Lavoro fosse stata un tempo chiamata anche Terra Leporis; quando gli antichi monumenti, ch'egli allega parlano non già della Campagna, oggi detta Terra di Lavoro, ma della Terra di Lipari: poichè prima così tutte l'isole di Lipari erano nomate: non altrimente che presso Erchemperto si legge, Barium Tellus ed altrove Rhegium Tellus; e noi anche diciamo perciò Terra di Bari, Terra d'Otranto, Terra di Lavoro, ec.

Più sconci, e da non condonarsi furono gli errori presi su ciò dal Biondo, e dal suo seguace Leandro Alberto, e da' nostri moderni Scrittori, che il seguitarono. Credette il Biondo nella descrizione della Campania, che essendo Capua per l'antico odio dei Romani, e per le desolazioni patite, resa infame, i Popoli delle città e terre convicine, reputando il nome de Campani ignominioso insieme e pericoloso, lasciarono di nomarsi più tali, e vollero esser chiamati non più Campani, ma Leborini: e che indi dalla loro ostinata perseveranza nacque, che tutta quella regione nella quale prima eran poste le città e luoghi della Campagna, si nomasse Terra di Lavoro.

Ma esser tutti questi sogni, appieno l'ha dimostrato il non mai a bastanza lodato Pellegrino nella sua Campania , il quale ci ha data la vera origine di tal nome, il suo Autore, ed il tempo quando fu a questa provincia imposto. E' narra, che non prima acquistasse tal nome, se non intorno l'anno di Cristo 1091, e non da altri prima il ricevesse, che dal Principe di Capua Riccardo II e da' suoi Normanni in quell'anno, i quali da' Capuani longobardi discacciati da Capua nell'entrar di quest'anno 1091, come abbiam narrato nel nono libro di quest'Istoria, furono i primi, che disusarono nel parlare il nome del Capuano Principato, ed introdussero in suo cambio quello di Terra di Lavoro, preso dalla dolcezza del terreno atto ad ogni travaglio, e lavorio; il qual nome fu da essi ritenuto, benchè di Capua avesser poi di nuovo fatto acquisto nel 1098, sicchè quel primo sol rimase in bocca di pochi, e nelle pubbliche scritture; non in altra maniera, ch'oggi con la stessa varietà, ancor questo Regno ritiene due nomi.

Così questa provincia, che dall'oriente ha per confine il fiume Silari, dall'occaso il Garigliano, già detto Liri, da settentrione il Monte Appennino, e da mezzogiorno il mar Tirreno, acquistò non meno questo nome, che sì ampia estensione, ed oggi infra l'altre tiene nel Regno il primo luogo, non meno per le tante città che l'adornano, e per l'ubertà ed abbondanza de' suoi campi, quanto per Napoli capo già e metropoli del Regno. Ne' tempi, ne' quali siamo di Federico II questa provincia era anche per una annoverata, detta Terra Laboris, come si legge presso Riccardo di S. Germano; e ne' tempi de' Re così normanni, come svevi fu governata dal suo Giustiziero che risedeva ora in Capua, ora in Napoli, ora in altre città di quella, presso di cui erano i Giudici, e gli altri Ufficiali di Giustizia coll'Avvocato fiscale. Egli amministrava l'intera provincia, ancorchè ciascuna delle città avesse suoi particolari Capitani, da cui immediatamente eran rette, dalle determinazioni dei quali per via d'appellazione si ricorreva al Giustiziero della provincia. Anche Napoli, non dico Pozzuoli, e l'altre città, ebbe in questi tempi il suo Capitano, il quale co' suoi Giudici amministrava giustizia in Napoli, e suoi borghi. E poichè ne' tempi di Federico cominciava ad ingrandirsi, volle questo Imperadore, che a pari di Capua, e di Messina, il suo Giustiziero, o sia Capitano potesse presso di se tener tre Giudici, e più Notai; ciò che non era permesso all'altre città minori. E narrasi, che Giudice appresso questo Capitano nell'anno 1269 fosse stato Marino di Caramanico valente Dottore di que' tempi.

II. Principato citra. III. Principato ultra.

L'altra provincia ovvero Giustizierato fu detta, ed ancora oggi ritiene il nome di Principato. Donde prendesse tal nome è assai chiaro; ed in ciò tutti i Scrittori concordano. Arechi quando, come si è narrato nel sesto libro di quest'Istoria, da Duca ch'era di Benevento, volle incoronarsi Principe, fece, che quello che prima era detto Ducato di Benevento prendesse nome di Principato; ed abbracciando allora il Ducato di Benevento, prima della divisione fatta da Radelchi con Siconolfo, anche Salerno, fatta che fu tal divisione, sursero due Principati, e quindi avvenne, che il nome di Principato convenisse ad ambedue, e questa provincia abbracciasse tante immense e spaziose regioni; in maniera che da poi per la sua estensione bisognò dividerla in due; onde surse il nome di Principato citra (l'Appenino) detta ancora Picentina, con parte della Lucania; e Principato ultra (l'Appennino) ovvero il Sannio degl'Irpini.

Il Principato citra, che abbraccia la regione, che fu anticamente abitata da' Picentini, e parte da' Lucani, si divide da Terra di Lavoro col fiume Sarno dall'occaso: da settentrione lo divide dagl'Irpini l'Appennino: dall'oriente il fiume Silario lo divide con la Basilicata; e da mezzogiorno ha per termine il Mar Tirreno, e tiene Salerno per suo capo e metropoli.

Il Principato ultra è quella provincia, che sola delle altre del Regno si allontana dal mare, essendo posta fra' monti nelle viscere dell'Appennino. Ella è nel capo del Sannio, ove furono anticamente gl'Irpini. Si divide dal Principato citra co' gioghi dell'Appennino verso mezzogiorno: da Terra di Lavoro, e Contado di Molise è partita col detto Monte Appennino sopra Nola, e con le Forche Caudine sopra Arpaja verso ponente, e col principio del Monte Matese verso settentrione, col quale ancora si divide da Capitanata verso tramontana; ma più da oriente col medesimo Appennino, col quale si parte ancora da Basilicata. Contiene una contrada detta Valle Beneventana, che fu prima parte principale del Sannio; ed avea prima per metropoli la città di Benevento: ma da poi che quella passò sotto il dominio della Chiesa di Roma, ebbe altre città per sede de' suoi Presidi.

Quindi avvenne, che i Normanni succeduti a' Longobardi nomassero questa provincia col nome di Principato; e l'Abate della Noce, trascrivendo nelle sue note alla Cronaca Cassinense le parole del privilegio conceduto da Niccolò II R. P. all'Abate Desiderio, facendolo suo Vicario sopra i monasterj e Monaci di queste nostre province, tra l'altre, novera questa col nome di Principato, come sono le parole del Privilegio: per totam Campaniam, Principatu quoque, et Apuliam, atque Calabriam etc. E Lione Ostiense, che scrisse quella Cronaca poco da poi della morte dell'Abate Desiderio; e poi Papa, detto Vittore III pur disse per totam Campaniam, et Principatum, Apuliam quoque, atque Calabriam, etc.

Ne' tempi del nostro Federico II, secondo che Riccardo di S. Germano, parlando delle Corti generali instituite da Federico nel Regno, rapporta, perchè questa provincia non fosse ancor divisa in due, come fu fatto da poi, perchè statuendo Salerno per città, ove dovea tenersi la general Corte, e dove doveano ricorrere le altre province, dice: In Principatu, Terra Laboris, et Comitatu Molisii usque Soram, apud Salernum.

IV. Basilicata.

Siegue, secondo quest'ordine, la Basilicata, che occupa molta parte dell'antica Lucania, e parte della M. Grecia. Vien circondata in parte anch'ella dall'Appennino, col quale si divide da Principato ultra, e col medesimo da Principato citra. In questa provincia si divide l'Appennino in due capi principali intorno a Venosa: con quel che va a Brindisi è partita Basilicata da Terra di Bari sino ad Altamura: e con l'altro da Calabria citra infin alla metà del fiume Crati, ove entra Corianello; distendesi un poco al mare, e tocca Terra d'Otranto nel golfo di Taranto nel lido del suo mare piccolo. Confina ancora per breve spazio con Capitanata, dalla quale è divisa con una parte del fiume Ofanto fra Ascoli di Puglia, e Lavello. Ebbe questa provincia Pesto, Venosa, Acerenza, Melfi, ed altre chiare città: ora ha Matera, Potenza, Lavello, ed altre città minori, e delle antiche appena serba vestigio.

Donde questa provincia pigliasse il nome di Basilicata, ed in qual tempo, non ben seppero i nostri Scrittori rintracciarlo: ma sarà molto facile rinvenirlo, se si porrà mente a ciò che nel fine del decimo secolo avvenne a queste nostre province, per le tante spedizioni, e conquiste fattevi da' Greci, i quali siccome per un nuovo Magistrato introdotto da essi in Puglia detto Catapano, diedero nome ad una gran parte della medesima, detta ora perciò Capitanata: così ne' tempi di Basilio Imperador greco, o di qualche suo Capitano, ch'ebbe il medesimo nome, acquistò questa parte di Lucania nome di Basilicata; essendosi veduto nel libro ottavo di quest'Istoria, che nell'anno 989 mentre in Oriente imperava Basilio con Costantino suo fratello, i Greci per la famosa vittoria, che riportarono sopra Ottone II Imperador d'Occidente, non solo dominarono per lungo tempo, insino che da' Normanni non ne fossero discacciati, tutta la Puglia e la Calabria; ma anche questa parte della Lucania fu da Basilio occupata, la quale fu amministrata dagli Ufficiali greci da lui mandati, alcuni de' quali, come è manifesto nella Cronaca di Lupo Protospata, anche tennero di Basilio il nome; onde questa provincia Basilicata fu detta. Giovanni Pontano anche credette, che in questi tempi de' Greci acquistasse questa provincia tal nome; ma donde così si denominasse, soggiunse, jure anceps est, ac dubium .

Ne' tempi di Federico II fu da Riccardo da S. Germano la Basilicata anche annoverata per una delle province del Regno, dicendo questo Scrittore, che Federico avea designata la città di Gravina per reggervi la Corte generale, ove doveano ricorrere queste tre province, cioè Apulia, Capitaniata, et Basilicata apud Gravinam.

V. Calabria citra. VI. Calabria ultra.

La Calabria secondo la denominazione, che prese dagli ultimi Imperadori greci, ne' tempi di Federico era divisa in due; non già come ora diciamo in Calabria citra, ed ultra, ma in Terra Jordana, e Val di Crati, come rapporta Riccardo di S. Germano, in Calabria, Terra Jordane, et Vallis Gratae apud Cusentiam: e questi nomi anche s'osservano nelle scritture, non solo nel Regno degli Angioini, ma anche degli Aragonesi; ed in tempo del Re Alfonso I il Tutino fa vedere, che valevansi di questi medesimi nomi; e si dissero così dal fiume Crati, che irriga quella Valle, come rapporta il Pellegrino; e oggi Terra Jordana diciamo la provincia di Calabria ultra, che riconosce Catanzaro per capo; e Val di Crati Calabria citra, che ha ora Cosenza per sede de' Presidi. Ambedue queste province se ne vanno dall'una e dall'altra parte dell'Appennino al Jonio ed al Tirreno. Si dividono fra loro ne' Mediterranei sopra Cosenza, andando per dritta riga all'uno ed all'altro mare, nel Jonio presso a Strongoli, e nel Tirreno al golfo Ipponiate. La Calabria citra include parte della M. Grecia, termina fra terra con Basilicata e con Principato citra, e nel monte Appennino da Ponente, e si distende all'uno, e all'altro mare; finchè dalla parte, che mira a Levante, si giunge con Calabria ultra. La Calabria ultra (ove furono i Bruzj) ha questi soli confini, dalla parte che ella riguarda Tramontana; ma nel rimanente è per tutto circondata da' mari; da levante, dal Jonio: da mezzogiorno, dal Siciliano: e da ponente, dal Tirreno.

VII. Terra di Bari. VIII. Terra di Otranto.

La Puglia (secondo che pure i Greci la denominarono) la quale abbracciava ancora parte dell'antica Calabria, ora detta Terra d'Otranto, ne' tempi di Federico non era divisa, com'oggi, in due province, cioè in Terra di Bari, e Terra d'Otranto; e siccome si reputava per una provincia, così anche si denotava coll'istesso nome d'Apulia, come la chiama Riccardo. Egli è però certo, siccome anche rapporta il Pontano, che questi nomi di Terra di Bari, e di Terra d'Otranto, nacquero ne' medesimi tempi, ne' quali Basilicata, e Capitanata acquistarono tali nomi: e presso Erchemperto ancor leggiamo: Barium Tellus, e nei diplomi a' tempi de' Normanni anche si legge la provincia di Terra d'Otranto. L'una di queste province fu tale appellata da Bari sua antica ed illustre metropoli, e che fu capo di quella regione. L'altra da Otranto città pur ella chiara e rinomata ne' Salentini.

Terra di Bari, già detta Puglia Peucezia, dalla parte, ch'ella è volta a ponente riceve il suo principio dal fiume Ofanto, e distendendosi per lungo, si contiene fra il lido del mar Adriatico, ch'ella ha da tramontana, e l'Appennino, che da mezzogiorno la divide da Basilicata, ov'ella termina verso levante. Si divide da Terra d'Otranto nel territorio d'Ostuni fra terra, e tra Monopoli e Brindisi nel lido del mare a Villanova, già porto d'Ostuni.

Terra d'Otranto quivi riceve il suo principio, e fu inclusa ancor'ella dagli antichi fra la Puglia, e chiamata ancora Calabria, Japigia e Salentina. Questa provincia forma quell'estremo capo di Terra, ch'è uno de' triangoli d'Italia, ove ha per fine l'uno di que' due principali capi, ne' quali si parte l'Appennino. Finisce ancora ivi il mare adriatico, e si mesce col Jonio; ed è toccata solamente fra terra da ponente con Terra di Bari, e con Basilicata. La circondano poi da Settentrione l'Adriatico, da Levante il fine di questo mare, e 'l principio del Jonio, e da mezzogiorno il golfo di Taranto nel mare Jonio. Ha nelle spiagge marittime Brindisi, Otranto, e Gallipoli e Taranto già fortissime città, e comodissime di Porto.

IX. Capitanata.

Quella provincia, che ora diciamo di Capitanata, e che fu anticamente chiamata Puglia Daunia, e che abbracciava la Japigia nel Monte Gargano, acquistò tal nome da' Greci ne' tempi del maggior loro vigore, e quando in Bari tenevano la loro principal sede. Essi, che pensavano mantener le conquiste novellamente fatte, credendo, che col timore potessero mantener in fede que' Popoli, vi mandarono un nuovo Governadore per tener in freno la Puglia, chiamandolo non più Straticò, come gli altri di prima, ma con nome greco Catapano, cioè che ogni cosa potesse. Fra i Catapani, de' quali Lupo Protospata tessè lungo catalogo fuvvi nell'anno 1018 Basilio Bugiano, che da Guglielmo Puliese vien chiamato Bagiano. Questi fu, che per lasciar di se nome in Italia, tolta dal rimanente della Puglia una parte verso il Principato di Benevento, e fattane una nuova provincia, vi fabbricò ancora nuove terre e città, una delle quali nomò Troja per rinovar la memoria dell'antica: l'altre Dragonaria, Firenzuola, ed altre terre: indi la provincia, siccome altrove fu narrato, acquistò nome di Capitanata, il qual ancor oggi ritiene.

Questa provincia è divisa dal Contado di Molise col Monte Matese, e col fiume Fortore, nella foce del quale si tocca con Abruzzo citra, lasciandosi per se Termoli; e girando il monte Gargano, da Siponto pel lido del mare viene insino al fiume dell'Ofanto, col corso del quale si parte da Terra di Bari, lasciandole quelle ville, che sono nel territorio di Barletta, che arriva fin presso al lago di Versentino; col detto fiume Ofanto nel suo principio si divide da Basilicata, e coll'Appennino in Crepacuore, ed in Sferracavalli ha i suoi confini con Principato ultra.

Ne' tempi di Federico fu pure reputata una provincia; onde Riccardo la novera coll'altre del Reame col nome di Capitaniata. Egli è però vero, che ancorchè queste province di Puglia ne' tempi di Federico fossero divise, perchè tutte tre, cioè Capitanata, Terra di Bari e Terra d'Otranto, erano comprese nella Puglia, presa nel più ampio suo significato, un solo Giustiziero le governava, detto perciò il Giustiziero di Puglia.

X. Contado di Molise.

Il Contado di Molise, che succedette al Castaldato di Bojano, diede nome ad un'altra picciola provincia, che ancor oggi il ritiene; e 'l prese da Molise città antica del Sannio, non altramente che Isernia, Bojano, ed altri luoghi, che ne' tempi de' Longobardi componevano quel Contado, il qual diede anche nome alla famiglia Molise, oggi estinta. Anche ne' tempi di Federico fu questo Contado distinto dall'altre province, e Riccardo infra l'altre la ripone, col nome istesso di Comitatus Molisii: ond'è che sia stata riputata sempre, e sia ancor oggi la più ristretta provincia di tutte l'altre, nè ritenga sedi di Presidi, ma il di lei governo sia commesso a quel di Capitanata, colla quale si congiunge.

XI. Abruzzo ultra. XII. Abruzzo citra.

Il Giustizierato d'Abruzzo ne' tempi di Federico II era riputato come una sola provincia, e quest'Imperadore costituì Sulmona per doversi ivi reggere la Corte generale, come narra Riccardo: in Justitiariatu Abrutii, apud Sulmonam. Alfonso I d'Aragona fu quegli, che per togliere i litigi, che spesso sorgevano tra i Questori delle gabelle, la divise in due parti. Fu un tempo questa regione assai chiara, e rinomata per tanti valorosi Popoli, che l'abitarono, i Preguntini, i Marrucini, Amiternini, Marsi, Vestini, Irpini, ed altri. I Longobardi vi costituirono un Castaldato, che nomarono promiscuamente ora d'Abruzzo, ora di Teramo, come si legge presso Pietro Diacono: Castaldatus Teramnensis; poichè Teramo, detta dagli antichi Interamnia, fu la città metropoli de' Preguntini. Donde questa provincia prendesse il nome d'Abruzzo, ancorchè se le assignassero più derivazioni, chi dall'asprezza de' monti, altri dall'abbondanza de' cignali; il vero è ch'ella tale si nomasse da Teramo, che fu chiamata anche Abruzzo per esser metropoli de' Preguntini, dai Latini detti Praegutii, onde con corrotto vocabolo furon da poi chiamati Abrutii .

Ebbe quella regione, che ora diciamo Abruzzo ultra (cioè di là dal fiume Pescara) oltre Teramo, Amiterno (dalle ruine della quale è surta l'Aquila, sede oggi de' Presidi) Forcone, Valeria, ed altre chiare città ne' Marsi. Ebbe nella regione de' Maruccini e Ferentani, oggi chiamata Abruzzo citra (cioè di qua dal fiume Pescara) Chieti, detta da Strabone Theate, che fu capo e metropoli de' Marrucini, e che oggi ancor è sede de' Presidi, Ferentana, Orione, Lanciano, Sulmona, Aterno, ed altre insigni città, delle quali alcune ancor oggi sono in piedi. Per queste province d'Abruzzo si divide il Regno dallo Stato della Chiesa romana suo confine mediterraneo, e quasi tutti i confini onde da quello si parte, si fanno con queste province, e con un poco di quella di Terra di Lavoro.

Ecco come a' tempi del nostro Federico erano disposte queste province, che oggi compongono il nostro Reame, chiamate Giustizierati, da Giustizieri, a' quali era commesso il di lor governo. Secondo il conto, che ne fa Riccardo di S. Germano Scrittor di que' tempi, non eran più che diece. Calabria, divisa in due, cioè Terra Jordana, e Val di Crati. Puglia divisa in due, Terra di Otranto, e Terra di Bari. Capitanata. Basilicata. Principato, diviso in due. Terra di Lavoro. Contado di Molise. Giustizierato d'Abruzzo, poi diviso in due.

Non ad ogn'una era destinato il Giustiziero, ma sovente un solo governava più province, come leggiamo di Giacomo Guarna Conte di Marsico, che fu Giustiziero di Puglia e Terra di Lavoro, e di Tommaso d'Aquino, che fu Giustiziero di Puglia, sotto la cui amministrazione era tutta la Puglia, che oggi è divisa in tre province; ed anche a' nostri tempi si vede, che il Preside di Capitanata, che tiene la sua sede a Lucera, governa anche la provincia di Contado di Molise. Alle volte due Giustizieri amministravano una provincia, siccome nell'anno 1197. Roberto di Venosa, e Giovanni di Frassineto furono Giustizieri di Terra di Bari; e nell'anno 1225 Pietro d'Eboli, e Niccolò Cicala di Terra di Lavoro. Nel Regno degli Angioini un solo Giustiziero si mandava a più d'una provincia; e così ancora si praticò sotto gli Aragonesi; e fino a' tempi del Re Filippo II per quello, che rapporta Alessandro d'Andrea, il quale scrisse, e fu nella guerra, che questo Re ebbe col Pontefice Paolo IV, non vi erano che sei Governadori, chiamati prima Giustizieri, e poi volgarmente Vicerè, e congiungendosi intorno al governo per conto della giustizia alcune province insieme, siccome ne' due Abruzzi vi era allora un sol Preside, nel Contado di Molise, e Capitanata un altro, siccome è ancor oggi. Principato ultra ne avea un altro. Principato citra e Basilicata un altro. Uno terra di Bari, e terra d'Otranto, ed un altro le due Calabrie. Ma da poi al numero de' Ministri dell'entrate regali, chiamati Tesorieri, ovvero Percettori, a comodo de' quali, e per cagion di più diligente esazione fu fatta la divisione, fu pareggiato quello de' Governadori, onde ora, toltone il Contado di Molise, ciascuna provincia tiene il suo proprio e particolar Preside.

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