CAPITOLO I.

Corrado di Alemagna cala in Italia: giunge per l'Adriatico in Puglia, ed abbatte i Conti d'Aquino: Capua se gli rende, e Napoli vien presa per assalto e saccheggiata.

Ma ecco, che mentre Manfredi con tanta vigilanza ed accortezza era tutto inteso a rompere i disegni del Pontefice, vennegli avviso, che Corrado Re di Germania, pochi mesi dopo la morte del padre, essendosi disbrigato dalle guerre d'Alemagna, se ne calava con potente esercito di Tedeschi in Italia in quest'anno 1251; ed in fatti essendo giunto in Lombardia trovò le forze de' Ghibellini tanto abbassate, che fu astretto d'indugiare alquanto, per poter poi entrare con più sicurtà nel Regno; onde chiamati a se tutti i Capi di quel partito, ordinò, che tra loro facessero un giusto esercito, del quale avesse ad esser Capo Ezzelino Tiranno di Padova, e che avesse da abbatter tanto la parte Guelfa, che Papa Innocenzio non potesse valersene, e contender con lui della possessione del Regno. Ed avendo in cotal modo stabilite le cose di Lombardia, con provvido consiglio determinò di passare al Regno per mare; perocchè vedendo tutte le città di Romagna e di Toscana tenersi dalla parte Guelfa, non confidava di passare senza impedimento, e dubitava che il suo esercito tenuto a bada, non venisse a disfarsi per mancamento di danari e di vittovaglie. Mandò adunque a' Veneziani per navi e galee per potere passare in Puglia, i quali per lo desiderio di vederlo presto partito di là, gli mandarono tutte le navi ch'e' volle nelle marine del Friuli, dove imbarcato comodamente con tutto l'esercito, giunse in pochi dì con vento prospero alle radici del monte Gargano, e diede in terra all'antica città di Siponto, non molto discosto dal luogo, dove è oggi la città di Manfredonia.

Quivi comparvero Manfredi, che l'attendeva, e tutti i Baroni di quella provincia ad incontrarlo. Ed essendosi Corrado da lui informato dello stato delle cose del Regno, e della contumacia di Napoli, di Capua, e de' Conti d'Aquino, avendo commendata molto l'industria, e vigilanza di Manfredi, deliberarono insieme di dover prima d'ogni altra impresa, debellare i Conti d'Aquino, i quali posti fra Garigliano e Vulturno potevano somministrare al Papa pronto ajuto; ed all'incontro occupati que' luoghi, co' quali serravasi ogni strada di poter venire soccorso a Capua ed a Napoli si sarebbe facilitata l'espugnazione di quelle due città cotanto importanti. Si mosse perciò il Re Corrado seguitato dal Principe Manfredi con tutto il suo esercito per la via di Capitanata, e del Contado di Molise contra que' ribelli.

Il Papa, che da Genova era passato a Milano, indi a Ferrara e Bologna, ed erasi finalmente fermato in Perugia, schivando d'andare in Roma, perchè i Romani erano pieni di fazioni; e molti aderivano a Corrado, fatto consapevole dell'angustie, nelle quali si trovavano i Conti d'Aquino, premendogli molto la lor salute, mandò subito in lor soccorso alcuni soldati da Perugia, promettendo ancora di mandar loro maggiori ajuti; ma fu tanta la forza, ed il valore dell'esercito di Corrado, accresciuto poi da Manfredi con gran numero di Saraceni venuti da Lucera e da Sicilia, che que' ribelli in pochi dì furono debellati; e le principali città a loro soggette saccheggiate ed arse, tra le quali fu Arpino, Sessa, Aquino, S. Germano, ed altri castelli di quel contorno.

Da poi che Corrado ebbe espugnato que' ribelli, e ridotte alla sua ubbidienza quelle città, andò sopra Capua, ove non ritrovò resistenza alcuna, per la paura, e per l'esempio fresco delle terre arse e saccheggiate: onde tosto a lui si rese. Così tutta l'ira di Corrado e tutta la sua forza si raggirò contro la città di Napoli, la quale arditamente determinò di contrastare al Re sdegnato, e seguire le parti della Chiesa, per la speranza, che lor porgeva il Papa di presti soccorsi, e per la gran paura d'essere data in preda a' Tedeschi e a' Saraceni. Accampato dunque Corrado vicino alla città, la cinse di stretto assedio, perchè non potesse andare vettovaglia agli assediali; e vedendo, che alcuni Ministri del Papa mandavan qualche volta navilj con cose da vivere, ordinò a Manfredi, che facesse vestire le galee, ch'erano in Sicilia.

I Napoletani, fra questo tempo, non mancarono di mandar più volte Ambasciadori al Papa per soccorso, i quali ritornaron sempre carichi di benedizioni, e di promesse, ma vuoti d'ogni ajuto, perchè Ezzelino avea sollevata la parte Ghibellina in Lombardia; ed i Guelfi, tra' quali il Papa avea molti parenti e seguaci, non potevano partirsi dalla difesa delle cose loro; ed i Guelfi di Toscana e di Romagna, ancorchè fossero liberi, avendo estinta in tutto la parte Ghibellina, come suol accadere nelle felicità, erano venuti in discordia fra loro. Nè dalla città di Genova patria del Pontefice, della quale ei confidava molto, poteva sperarsi ajuto; poichè si trovava a quel tempo aver mandata la sua armata contra gl'Infedeli; onde veniva a togliersi ogni comodità di poter soccorrere gli assediati d'altro, che di parole.

In fine essendo giunte alla marina di Napoli le galee di Sicilia, si tolse ogni speranza di soccorso: nè questo bastò a far piegare l'ostinazione degli assediati, perchè si tennero tanto, che ormai non potevano più sostenere in mano l'armi; in tal modo erano per la grandissima fame estenuati, onde i vecchi della città cominciaron a persuadere, che si mandasse per trattare di rendersi a patti, e così si eseguì. Ma Corrado, il qual sapeva l'estrema necessità loro, rigettò gli Ambasciadori; ed avendo con macchine diposte intorno alla città, e con cave sotterranee scosse le mura della medesima: in quest'anno 1253 la costrinse a rendersi, solo col patto della salute delle persone.

La città fu messa a sacco, nè si tralasciò atto alcuno di crudeltà, e di rigore dall'irato Re; scaccionne l'Arcivescovo, ed entrato dentro volle, che per mano de' proprj cittadini fossero buttate a terra dai fondamenti le forti mura di quella città, per le quali, dice Livio, che si sgomentò Annibale cartaginese. E dopo esser quivi dimorato due mesi, che consumò in punire severamente l'infedeltà de' Napoletani, fece ritorno in Puglia, seco menando Manfredi, al quale volle, che si dasse il secondo grado dopo lui.

I. Primo invito d' Innocenzio fatto al fratello del Re d'Inghilterra alla conquista del Regno.

Innocenzio avendo scorto che Corrado avea depresse le città sue amiche, e sotto la sua ubbidienza era tornato il Regno di Puglia, riputando che tutti i suoi sforzi sarebbero vani per opporsi agli eserciti formidabili di Corrado, pensò (giacchè svanito era il disegno di poterlo per se conquistare, siccome erano riuscite sempre infelici le spedizioni fatte da' romani Pontefici sopra di quello) d'invitare alla conquista del Reame Riccardo, o come altri lo chiamarono, Ciarlotto fratello d'Errico III Re d'Inghilterra e Conte di Conturbia, prode e valoroso Capitano. Inviò per tanto in Inghilterra Alberto Notajo appostolico per trattare sopra le condizioni dell'investitura offertagli da Innocenzio. Ma narra Matteo Paris in quest'anno 1253 che più cose fecero svanire questi trattati. Primieramente perchè Ricciardo temè della potenza di Corrado, nè si credette d'uguali forze per poterlo da quivi discacciare. II. La parentela, che vi era tra loro, essendo Corrado, com'egli dice, nato da Elisabetta inglese, sorella del Re Errico e moglie di Federico II, nel che va di gran lunga errato; perchè Corrado fu figliuolo di Jole, non già d'Elisabetta; onde l'istesso Paris altrove, cioè nel 1258 rapporta un'altra cagione, perchè fu rifiutata l'investitura, dicendo che Ricciardo non volle accettarla se non sotto queste due condizioni. I. Che per la sua conquista gli fosse data la metà delle Decime solite raccogliersi per li Crocesignati nella guerra Santa. II. Che il Papa gli consignasse alcuni castelli del Reame da lui fortificati per la ritirata de' suoi soldati. Al che non volendo il Pontefice Innocenzio acconsentire, svanì questa prima investitura, e si trattò poi dell'altra in persona d'Edmondo suo nipote, come diremo più innanzi. Ciò che convince l'errore del Collenucio e di Paolo Pansa nella vita di Innocenzio IV che volle seguirlo, ove disse, che il Papa investì Ciarlotto fratello del Re d'Inghilterra, il qual accettò, e che perciò nelle lettere si scrivea Re di Sicilia.

(Lunig nel suo Codice Diplomatico, rapporta un Breve d'Innocenzio drizzato a Lodovico IX Re di Francia, che porta la data di Perugia dell'anno 1252 resogli da Alberto Notajo, offerendogli il Regno per Carlo suo fratello. Ma questo Breve o è apocrifo, o fu posteriore; poichè in quest'anno Alberto fu mandato in Inghilterra a quel Re, e non in Francia al Re Lodovico).

Share on Twitter Share on Facebook