Volume quinto

MILANO

PER NICOLÒ BETTONI

M.DCCC.XXI

STORIA CIVILE

DEL

REGNO DI NAPOLI

LIBRO DECIMOTTAVO

Morto Federico, prese immantenente il governo di questi Regni Manfredi suo figliuolo, lasciato dal padre per l'assenza di Corrado, ch'era in Alemagna, Balio e Governadore de' medesimi con assoluto potere ed autorità. Manfredi fu un Principe, in cui s'univano tutte le doti e virtù paterne, e lo Scrittor Anonimo delle sue gesta, dice essere stato chiamato Manfredi, perch'egli era la mano e la mente di Federico. Egli nudrito nella Camera imperiale, e careggiato, e tenuto in pregio dal padre più degli altri figliuoli, crebbe colle medesime idee; ed avrebbe certamente emulato la gloria e la grandezza paterna, se la sorte l'avesse fatto nascere suo figliuol primogenito, e di legittimo matrimonio; ma preferendo l'ordine della successione Corrado primo nato, al quale fu conforme il paterno testamento, Federico non potè far altro, che ammetterlo alla successione in mancanza di Corrado, e d'Errico senza figliuoli, e durante l'assenza del primo, lo creò Balio in Italia e nel Regno di Sicilia.

Nel raccontar le vicende di questo Principe, e' suoi generosi fatti, mi valerò dell'Anonimo Scrittor contemporaneo, la di cui Cronaca si legge ora impressa ne' volumi dell'Ughello, e la autorità sua è riputata grandissima, non pure da Agostino Inveges, dal Tutini, e da altri più moderni Scrittori, ma anche da Oderico Rainaldo ne' suoi Ecclesiastici Annali. Narra adunque questo Scrittore, che gli andamenti, e le virtù di Manfredi furono cotanto conformi a quelle del padre, che ancorchè la morte de' Principi soglia negli Stati sovente esser cagione di gravissimi turbamenti, nulladimanco per la prudenza di Manfredi non fu veduto interrompimento alcuno, come se un medesimo spirito governasse: non si vide nè alla Corte, nè tra gli Ufficiali mutazione; ed avendo fatto gridare il nome del Re Corrado nel regno di Puglia, mandò Errico suo fratel minore a governar in sua vece la Sicilia e la Calabria, perchè i Siciliani e' Calabresi, veduta la regal persona di Errico, si contenessero nell'ubbidienza, e lo riputassero come l'istessa persona di Federico.

Ma breve tempo durò questa tranquillità, e ben si prevedevano i turbini e le tempeste, che da Innocenzo IV romano Pontefice erano per moversi. Questi persuaso, che per la sentenza della deposizione interposta nel Concilio di Lione, fosse Federico con tutta la sua posterità decaduto da' Reami di Sicilia e di Puglia, pretese che come Feudi della Chiesa romana fossero a quella ricaduti per la contumacia del medesimo; onde intesa la sua morte, si risolvè partir da Lione, e ripassare in Italia; ed intanto scrisse a tutte le città principali, ed a' Baroni dell'uno e l'altro Regno, ch'alzassero le bandiere della Chiesa; e giunto a Genova sua patria, proccurò movere i Genovesi a danno di questi Reami. Manfredi avuta di ciò novella non tardò, cavalcando per tutto il Regno con una buona banda di soldati Saraceni, dissipare queste Papali insidie, e facendo gridare il nome del Re Corrado, racchetò le turbolenze, e confermò gli animi nell'ubbidienza del proprio Principe; ma non fu però, che questi moti non dassero fomento ad una occulta congiura, che poi si scoperse nelle province di Puglia e di Terra di Lavoro. In Puglia si ribellarono Foggia, Andria e Barletta. In Terra di Lavoro, Napoli e Capua. Accorse tosto Manfredi in Puglia, e col suo estremo valore e coraggio ripresse la fellonia di quelle città, ed usando moderazione e clemenza concedè perdono a que' cittadini, riducendogli nell'ubbidienza di Corrado.

Avendo in cotal guisa renduta la pace e tranquillità a quella provincia, tosto passò in Terra di Lavoro: ridusse sotto le sue insegne Aversa, che posta in mezzo tra Capua e Napoli, dava indizio di sospetta fede: cinse di stretto assedio Capua, devastando insino alle mura il suo territorio; e Nola ch'era già passata nel partito delle due ribellanti città, non avendo voluto rendersi, fu espugnata, e presa. Ma niun'altra città mostrò in tal congiuntura più ostinazione, quanto Napoli. Dimenticatisi così subito i Napoletani d'aver Federico resa la lor città celebre per la nuova Accademia ivi stabilita, e per li magnifici edificj che v'eresse, i quali furono i primi fondamenti onde poi si rendesse capo e metropoli sopra tutte le altre, con somma ingratitudine, morto lui, si ribellarono dal suo figliuolo, e resero la lor città al Pontefice Innocenzio, alzando le bandiere della Chiesa: il di cui esempio seguì Capua, ed i Conti di casa d'Aquino, che a quel tempo possedevano quasi tutto quello, ch'è tra il Volturno e 'l Garigliano.

Manfredi, scoverta la poca fede de' Napoletani, avea mandati prima a loro più messi, esortandogli a non dover macchiare con tanta indegnità la loro fama; ma essi mostrando di non poter negare d'ubbidire al Pontefice, il quale gli minacciava terribili anatemi ed interdetti, apertamente gli fecero intendere, che amavano meglio di sottoporsi al dominio della Chiesa, che star interdetti e scomunicati, aderendo al partito di Corrado, cui senza l'investitura del Papa, non potevan riconoscere per loro legittimo Re. Per la qual cosa Manfredi, vedendo indarno essersi da lui adoperati questi mezzi, deliberò di ridurgli per forza; ed avendo assediata la città dalla parte del Monte Vesuvio, cominciò a devastare tutto il territorio di quel contorno, depredando infino alle mura, per obbligare i Napoletani ad uscire dalla città, per attaccargli in campo aperto, non avendo forze bastanti per assalire la città cinta di ben forti e ben difese mura. Ma i Napoletani deludendo l'arte coll'arte, non vollero in conto alcuno partirsi dalla città, niente curandosi del devastamento, che faceva Manfredi de' loro campi: il quale ciò vedendo, pensò per altra parte cingerla di assedio, e collocato il suo esercito nella Solfatara vicino Agnano quivi cominciò a devastare, e depredare tutto quel territorio, per allettare i Napoletani ad uscire dalla città, già che vedevano l'esercito nemico tra que' monti e quelle balze in luogo, donde con difficoltà poteva scampare, se fosse stato inseguito. Ma i Napoletani, fermi nel loro proponimento, non vollero abbandonare la città, ed esporsi a battaglia; ed ancorchè Manfredi gli avesse più volte sfidati alla pugna, non vollero in conto alcuno uscire; onde avendogli dopo l'invito aspettati tre giorni, levò l'assedio, ed avendo devastati tutti que' luoghi, partissi da quivi, e s'incamminò in altre parti di Terra di Lavoro per mantenere in fede que' Popoli, acciocchè non seguitasser l'esempio di Napoli, e di Capua,

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