CAPITOLO II.

Negoziati fatti in Inghilterra, e ad Oleron in Bearn, per la scarcerazione del Principe Carlo; sua incoronazione e tregua fatta col Re Giacomo di Sicilia.

Mentre ardea la guerra in Sicilia ed in Calabria, tra il Conte d'Artois ed il Re Giacomo, che s'avea già fatto incoronar Re in Palermo: il Principe di Salerno, considerando, che per mezzo della guerra le cose doveano andar in lungo, desideroso della libertà, e di ritornare al Regno paterno, mandò a sollecitare la Principessa sua moglie, che mandasse Ambasciadori a Papa Onorio e ad Odoardo Re d'Inghilterra, pregandogli, che volessero trattare la libertà sua col Re Alfonso. Odoardo con molta amorevolezza e diligenza cominciò a trattarla, prima per mezzo d'Ambasciadori, e poi con la sua propria persona, essendo andato fino ad Oleron in Bearn a trovare Alfonso, dove il Papa vi mandò ancora un Legato appostolico. Negli Atti d'Inghilterra fatti a' tempi nostri stampare dalla Regina Anna, si leggono molti atti e lettere riguardanti le negoziazioni d'Odoardo per la libertà di questo Principe, ed i principali sono gli articoli, sui quali Odoardo convenne ad Oleron col Re di Aragona. Gli articoli e condizioni, dopo molte discussioni accordati, furono questi.

Che prima, che il Principe uscisse da' confini del Regno d'Aragona, facesse consegnare per ostaggi tre suoi figliuoli, Luigi secondogenito, che fu poi Vescovo di Tolosa, e dapoi santificato: Roberto terzogenito Duca di Calabria, che fu poi Re: e Giovanni ottavogenito, che fu poi Principe della Morea; e sessanta altri Cavalieri provenzali ad elezione del Re di Aragona.

Che pagasse trentamila marche d'argento.

Che proccurasse, che il Re di Francia facesse tregua per tre anni, e che Carlo di Valois fratello del Re, ch'era stato da Papa Martino IV investito del Regno d'Aragona e di Valenza, cedesse ad Alfonso tutte le ragioni, e restituisse tutte quelle Terre, che Filippo suo padre prese nel Contado di Rosciglione e di Ceritania, ch'ancora si tenevano per lui.

Che quando il Principe mancasse d'eseguire tutte le convenzioni suddette, fosse obbligato fra il termine d'un anno di tornare in carcere.

Che lasciasse il Regno di Sicilia al Re Giacomo, con dargli per moglie Bianca sua figliuola.

Giovanni Villani e molti altri Autori italiani non fanno menzione alcuna di questi articoli di pace convenuti in Oleron; ma, oltre Costanzo, gli Atti d'Inghilterra ove sono impressi, chiariscono questo passo d'Istoria.

Mentre queste cose si trattavano ad Oleron, accadde nel mese di aprile dell'anno 1287 la morte del Papa Onorio, e dopo un anno, fu in suo luogo rifatto un Frate Francescano, che si fece chiamare Niccolò IV. Questi benchè fosse nativo d'Ascoli della Marca, non si lasciò vincere da niuno de' Pontefici franzesi nelle dimostrazioni d'amorevolezza ed affezione verso il Principe Carlo e della sua Casa: poichè avendo saputo, che con tanto vantaggio del Re Alfonso e del Re Giacomo s'erano accordati questi articoli, per li quali si vedea che Alfonso troppo cara volesse vender la libertà a quel Principe, disapprovò tutto il trattato, e diede fuori una sua Bolla, che si legge negli suddetti Atti d'Inghilterra, colla quale biasima questi articoli: e mandò in Aragona gli Arcivescovi di Ravenna e di Monreale con un Breve, in virtù del quale, come Legali Appostolici, richiesero il Re Alfonso, che sotto pena di censura dovesse liberare il Principe, e desistere d'aiutare Re Giacomo occupatore di quell'isola e ribello di S. Chiesa.

Il Re d'Inghilterra, che per la bontà sua amava il Principe, che gli era cugino, e desiderava estremamente liberarlo, s'impegnò assai più, vedendo che il Papa non avea approvato il fatto, ed andò di nuovo a trovare il Re d'Aragona, col quale travagliò molto per ridurre quelle condizioni a patti più tollerabili. Alfonso per non escludere il Re d'Inghilterra, ch'era venuto infino a casa a ritrovarlo, e dar qualche soddisfazione al Papa, confermò i medesimi primi articoli, ad esclusione dell'ultimo, non facendosi menzione alcuna nè di Re Giacomo, nè del regno di Sicilia.

Restò pertanto contento di pigliarsi gli ostaggi suddetti, le trentamila marche d'argento e la promessa, ch'il Principe condurrebbe ad effetto la pace con il Re di Francia, e la cessione di Carlo di Valois, con la condizione di tornar nella sua prigione, se non eseguisse il trattato. Il Re d'Inghilterra ne assicurò anche il Re d'Aragona; e con queste condizioni fu il Principe liberato.

Carlo vedutosi libero con tali condizioni, sì per l'amore che portava a' figliuoli, ch'erano rimasti per ostaggi, come per essere di sua natura Principe lealissimo, andò subito alla Corte dei Re di Francia, dove benchè fosse ricevuto con tutte le dimostrazioni d'amorevolezza e d'onore, nel trattar poi, che s'adempissero le condizioni della pace, trovò difficoltà grandissima; poichè il Re riservava ogni cosa alla volontà del fratello, il quale trovandosi senza Signoria, non potea contentarsi di lasciare la speranza di due Regni, e la possessione di quelle terre, che 'l padre avea acquistate nella guerra di Perpignano: tal che vedendo travagliarsi in vano, si parti, e venne a Provenza, dove ricevè grandissimi onori, e passò da poi in Italia, e fu molto ben ricevuto dalle città Guelfe, e massimamente da' Fiorentini, e venne poi a Rieti, ove trovò il Papa Niccolò, dal quale nella maggior Chiesa di questa città con approvazione di tutto il Collegio fu nel giorno di Pentecoste a' 29 maggio di quest'anno 1289 coronato, ed unto per mano dell'istesso Pontefice Re dell'una e l'altra Sicilia: in memoria della qual celebrità, a' 22 giugno del suddetto anno, donò Re Carlo alla Chiesa suddetta 20 once d'oro l'anno in perpetuo sopra l'entrate Regie della città di Sulmona.

Passò poi in Napoli dopo essere stato ricevuto da tutti i luoghi del Regno con plauso e letizia incredibile, per la liberalità e benignità, che avea mostrata in vita del padre, il quale nelle cose di pace avea fatto sempre governar il Regno da lui, e fattolo suo Vicario, quando era egli assente. E quivi fermato, cominciò in questo medesimo anno, con nuove sue leggi a riformare lo stato di quello, che durante la sua prigionia, per quella mistura di nuovo governo, avea sofferto alquanto d'alterazione, stabilendo que' Capitoli, de' quali nel precedente libro si fece parola.

Il Re Giacomo, vedendo il Re d'Aragona suo fratello involto in tante guerre, avea mandato a dirgli, che attendesse all'utilità sua, conchiudendo nel miglior modo che potesse la pace, senza parlar delle cose di Sicilia, la quale egli si fidava di mantenere col proprio valore; quando poi vide, che il nuovo Pontefice con troppo affetto tenea le parti del Re Carlo, e che l'investitura datagli conteneva non meno l'una, che l'altra Sicilia, fu pentito di non aver proccurato d'esser compreso nella pace: onde pensò, per prevenire e non aspettare la guerra in Sicilia, di moverne egli una in Calabria, ove fu con pari ardire e valore combattuto; ma non essendo riuscita con molta felicità al Re Giacomo questa spedizione, volse altrove la sua armata, e giunto alle marine di Gaeta, assediò quella città, la quale soccorsa immantenente dal Re Carlo, restò egli molto più strettamente assediato, che non stava Gaeta; ma la sua buona fortuna volle, che in que' dì giungessero nel Campo del Re Carlo Ambasciadori del Re d'Inghilterra e del Re d'Aragona a trattare la pace; e benchè tutti quelli del Consiglio del Re Carlo l'abborrissero, nulladimanco fu tanta la diligenza dell'Ambasciador aragonese, e tanto calde le persuasioni dell'Inglese, che 'l Re Carlo, contra il voto di tutti i suoi, gli concedette tregua per due anni, non ostante, che il Conte d'Artois ad alta voce gli avesse detto, che quella tregua l'avrebbe cacciata in tutto la speranza di ricovrare mai più il Regno di Sicilia. Re Carlo con lui e con gli altri del suo Consiglio si scusava, che non potea fare altrimenti per l'obbligo ch'avea al Re d'Inghilterra, il quale tanto amorevolmente avea proccurata la sua liberazione, e pigliata fatica d'andar fino in Ispagna, e che all'incontro egli non avea potuto attendere quel, che avea promesso di fare, che il Re di Francia si pacificasse co 'l Re d'Aragona, e di far cedere le ragioni da Carlo di Valois, il qual teneva dal Papa l'investitura di que' Regni. Così conchiusa, che fu la pace, il Conte d'Artois e gli altri Signori franzesi, ch'erano stati cinque anni alla tutela del Regno e de' Figliuoli del Re Carlo, si partirono da lui sdegnati, giudicandolo inabile a fare alcuna opera gloriosa. Dall'altra parte lieto Re Giacomo d'aver passato il pericolo, fece vela per Sicilia. E Carlo dopo aver fatti franchi per dieci anni d'ogni gravezza i Gaetani, i quali s'erano portati in quell'assedio con grandissimo valore, a Napoli fece ritorno.

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