CAPITOLO VII.

Spedizione di Ruggiero in Affrica; sue virtù, e sua morte.

Intanto il Pontefice Innocenzio dopo aver governata quattordici anni la Chiesa romana, il dì 24 di settembre dell'anno 1143 morì in Roma molto afflitto per li travagli, che gli diedero gli Arnaldisti ed i Romani, i quali erano entrati nell'impegno di voler riporre la lor patria nell'antica sua libertà, e di ristorare in Roma l'antico Ordine senatorio ed equestre per abbassare l'Ordine ecclesiastico, e per tal cagione facevan continui tumulti contro il Pontefice.

Fu in suo luogo eletto Guido Castello Cardinale del titolo di S. Marco ed acclamato Papa sotto il nome di Celestino II, il quale, appena erano scorsi sei mesi del suo Ponteficato, che insospettito della grandezza di Ruggiero, tentò di rompere la pace fatta dal suo predecessore con questo Principe; ma sopraggiunto poco da poi, il dì 8 di marzo dell'anno seguente 1144 dalla morte, non potè farlo. Crearono i Cardinali per suo successore Gerardo Caccianemico da Bologna Cardinal di Santa Croce, che si nomò Lucio II.

Questo Pontefice, seguitando le pedate di Celestino ebbe animo non ben pacato con Ruggiero, e proccurando questo Principe d'averlo amico, s'abboccarono insieme nel monastero Cassinense; ma non potendo riuscir l'accordo per le difficoltà, che frapposero i Cardinali, il Re entrò ostilmente nello Stato della Chiesa, prese Terracina, e molti altri luoghi della Campagna di Roma: non ci bisognò altro perchè i Cardinali tosto cedessero alle difficoltà frapposte: venne il Papa subito a concordia, il quale avendo conceduto a Ruggiero molte prerogative, gli fu restituita Terracina con gli altri luoghi perduti. Allora fu che questo Pontefice per maggiormente stabilir la Monarchia di Sicilia, oltre di quello, che a Ruggiero era stato accordato da Urbano II gli concedette l'Anello, i Sandali, lo Scettro, la Mitra e la Dalmatica e che non potesse inviar ne' suoi Reami per Legato se non colui, che egli volesse (quantunque il Sigonio dica, che questi ornamenti furono conceduti a Ruggiero nell'anno seguente 1145 da Onorio III non da Papa Lucio II) onde è che in Sicilia i Re vantano d'esser Signori non men del temporale, che dello spirituale; ed in fatti nelle monete, che fece battere Guglielmo I, dall'un de' lati si vede il Re coronato con corona di quattro raggi, avere la Verga in mano, la Stola o Dalmatica avanti il petto incrocicchiata, ed assiso nel regio Trono mostrare i Sandali.

(Dalle accuse però, che i Romani portarono all'Imperadore Corrado contro Ruggiero, rapportate da Goldasto ), si vede, che la concessione della Verga, Sandali ed Anello s'attribuisce a Papa Innocenzio II nell'anno 1140 non già a Lucio II, e molto meno ad Onorio III secondo il parer del Sigonio).

Gli Arnaldisti, che continuavano a travagliar Roma sotto il famoso Arnaldo da Brescia lor Capo, che era stato condannato da Innocenzio II nel Concilio di Laterano, accusarono Lucio a Corrado Re de' Romani, significandogli, che il Papa per mezzo di molta moneta, avea conceduto a Ruggiero queste prerogative, e che s'era perciò con lui, ch'era suo inimico, collegato a suo danno.

Fece da poi Ruggiero ritorno in Palermo, ed in questo medesimo tempo gli morì Anfuso Principe di Capua suo figliuolo, il cui Principato egli concedette a Guglielmo, che fece anche Duca di Napoli; e che gli fu poi successore ne' suoi Reami. Agostino Inveges e Camillo Pellegrino rapportano, che fra questi due anni 1142 e 43 gli fosse morto anche Tancredi suo secondogenito Principe di Bari e di Taranto, che fu il primo de' figliuoli che morì, e poi Anfuso terzogenito in quest'anno 1144. Ruggiero in questo medesimo anno tornò in Capua, ove celebrò la primiera generale Assemblea; poichè quella, che avea guari innanzi celebrata in Ariano, fu solo di Prelati e Baroni di Puglia: intervenne nella medesima fra gli altri suoi figliuoli il nominato Guglielmo con gli Arcivescovi, Vescovi ed Abati, ed altri molti Conti e Baroni; nella quale diede molti provvedimenti per lo buon governo del Regno, e compose altresì varie liti, e particolarmente una, ch'era nata fra Giovanni Vescovo di Aversa, e Gualtieri Abate di S. Lorenzo della medesima città sopra la pescagione del lago di Patria; ed il diploma è rapportato dal Chioccarelli.

Morì poco da poi nell'anno 1145 in Roma Papa Lucio II, e Bernardo Abate di S. Anastagio, discepolo di S. Bernardo, fu eletto in suo luogo da' Cardinali, sotto nome di Eugenio III, il quale con tutto che i Romani e gli Arnaldisti non cessassero di inquietarlo, avendo avviso che in Soria le cose de' Cristiani andavano di male in peggio, si rivolse a soccorrere quei santi luoghi, e per mezzo delle sue lettere e delle persuasioni di S. Bernardo mosse l'Imperador Corrado e Lodovico Re di Francia a gire con grande e poderosa armata in Terra Santa. Ruggiero non volle entrare a parte in questa lega, perchè si faceva per conservare il Regno di Gerusalemme a Balduino III quando egli, come fu detto, era stato sempre istigato da Adelaida sua madre alla conquista del medesimo; onde avendo posti i suoi Regni in tranquilla e sicura pace, per esser egli d'animo grande ed avido di regnare, pensò stendere le sue conquiste in altre più remote parti. Si accinse per tanto all'impresa dell'Affrica, ed avendo ragunata in Sicilia una grande armata se ne passò con essa nel Reame di Tunisi, ed assaltato quel Re, gli tolse la città di Tripoli, Affrica, Stace e Cassia, e 'l travagliò di modo anche negli altri luoghi del Regno, che il costrinse, pacificandosi con lui a pagargli ogni anno il tributo, che per trenta anni continui così a lui, come al suo figliuolo Guglielmo fu pagato; onde avvenne come rapporta Inveges, che la Chiesa tripolitana d'Affrica si rendesse suffraganea a quella di Palermo. Ruggiero tutto glorioso per aversi reso tributario il Re di Tripoli, per sua impresa militare si servì di quel verso, che lo fece anche scolpire nella sua spada:

Appulus, et Calaber, Siculus mihi servit, et Afer.

Portò ancora le sue vittoriose armi in Grecia; poichè essendo a questi tempi morto l'Imperador Calojanne, e succeduto nell'Imperio Emanuele suo figliuolo, questi inviò suoi Ambasciadori al Re, richiedendolo d'imparentarsi seco, e Ruggiero per porre in effetto tal domanda, inviò in Costantinopoli altresì suoi messaggieri; ma il perfido Greco cangiatosi di pensiero, dopo avergli un pezzo tenuti a bada, fece anche porgli in prigione; di che fortemente sdegnatosi Ruggiero, posto insieme grosso stuolo di vascelli in Otranto, gl'inviò con molti suoi baroni in Grecia, sotto il comando di Giorgio d'Antiochia suo Grand'Ammiraglio, il quale presa la città di Mutine, assaltò l'isola di Corfù; e passato quindi colla sua armata alla Morea, e da poi scorrendo nel seno Saronico appresso Cenerea Porto di Corinto, pose a ferro e fuoco tutti que' campi; indi diede il guasto in tutta l'Acaia e ruinò Tebe, nè lasciò luogo alcuno ne' contorni di Negroponte, nè di Boezia che non danneggiasse; donde, oltre alle ricche prede, trasse parimenti i Maestri, che sapeano comporre drappi di seta e seco poscia in Sicilia, ed in queste nostre province gli condusse, non essendo prima di que' tempi pervenuta notizia di tal arte in Italia; e se non fosse stato impedito da' Veneziani, i quali richiesti dall'Imperador Emanuele erano venuti con sessanta galee in suo soccorso e l'obbligarono a tornarsene in Sicilia, avrebbe portato le sue vittoriose insegne insin sotto le mura di Costantinopoli.

Ma tutti questi trionfi furono conturbati dalla morte d'Errico suo quintogenito, rimanendogli ora, di tanti figliuoli, sol due, Ruggiero Duca di Puglia e Guglielmo Duca di Napoli e Principe di Capua. Camillo Pellegrino dice, Errico esser morto in età molto infantile, ma con manifesto errore, poichè se fu figliuolo della Regina Albiria, e questa morì nell'anno 1134, per certo Errico a questo tempo era almeno giovanetto di 14 anni. E s'accrebbero i travagli, quando scoverse, che l'Imperador Corrado in quest'anno 1149 s'era a suoi danni confederato coll'Imperador Emanuele, e quando poco da poi nel medesimo anno gli morì Ruggiero Duca di Puglia; vedendosi tra pochi anni privo di quattro figliuoli, rimanendogli solo Guglielmo, al quale per la morte di Ruggiero diede il Ducato di Puglia. Pensò il vedovo Re casarsi perciò di nuovo, e prese per moglie Sibilia sorella del Duca di Borgogna; ma questa Principessa nell'anno seguente 1150 trapassò anch'ella in Salerno, e fu sepolta nella chiesa della Trinità della Cava, dove ancor ora s'addita il suo tumulo.

§. I. Coronazione di Guglielmo I, e morte di Papa Eugenio e dell'Imperador Corrado, a cui succedette Federico Barbarossa.

Ruggiero vedutosi così solo assunse per suo collega Guglielmo, e lo fece coronare ed ungere Re di Sicilia in Palermo in quest'istesso anno 1150 la qual cerimonia si fece da Ugone Arcivescovo di Palermo, onde Inveges rapporta, che se bene la famiglia Caravella pretenda esser di suo diritto il coronare i Re di Sicilia, i Palermitani però glie lo contrastano, dicendo questa ragione non esser d'altri, che del loro Arcivescovo. Che che ne sia, dal 1150 nelle scritture si noverano gli anni del Regno di Guglielmo, nel quale il padre l'associò. E Ruggiero, morta Sibilia così di repente, senza che vi avesse potuto generar figliuoli, tornò a maritarsi, e prese per moglie Beatrice sorella del Conte di Retesta, la quale dopo la sua morte rimanendo gravida gli partorì Costanza che tolse per marito, essendo d'anni 30 e non mai stata monaca, come con errore hanno scritto multi Autori, Errico di Svevia, che per sua cagione divenne poscia Re di Sicilia, come al suo luogo più diffusamente diremo; quindi si vede quanto fosse favoloso ciò che si narra di Ruggiero e delle richieste da lui fatte all'Abate Gioachimo intorno a' vaticinj, che si contano fatti dal medesimo sopra Costanza; ond'è, che altri, come il Villani, non a Ruggiero, ma a Guglielmo riferiscono quegli avvenimenti.

Morì nel seguente anno 1151 l'Imperador Corrado in Alemagna nella città di Bamberga, non senza sospetto che fosse stato avvelenato per opra di Ruggiero, per l'inimicizia che sempre tennero fra di loro, siccome tutti gl'Imperadori ebbero co' Re di Sicilia, per conciliar i quali non bastarono le interposizioni di Pietro Abate di Clugnì, uomo in questi tempi per la sua bontà e dottrina assai celebre e rinomato. Fu eletto successore il suo nipote Federico Duca di Svevia detto Barbarossa prode e savio Principe, i cui fatti ci somministreranno ben ampio soggetto nel seguente libro.

Fu seguitata nell'anno seguente 1152 la morte di Corrado da quella d'Eugenio, il quale dopo aver racchetate le cose di Roma, essendo stato in questa città lietamente accolto, anch'egli poco da poi se ne morì, ed in suo luogo fu nel 1153 creato Pontefice il Cardinal Corrado romano, e fu nomato Anastasio IV.

Ruggiero intanto, dopo aver per opra de' suoi Capitani conquistata in Affrica la città d'Ippona celebre al Mondo per avervi in quella Cattedra seduto il grande Agostino, messi da parte i pensieri della guerra, fermatosi in Palermo, lasciò in questi altri due anni di vita che gli rimasero, monumenti perenni, non meno della sua magnificenza, che della sua pietà; poichè oltre aver edificato un magnifico Palagio in Palermo, ed aver ivi eretta una nobil Cappella regia sotto il titolo di S. Pietro; ed in Messina un'altra chiesa dedicata a S. Niccolò: fondò in Bari un magnifico tempio a Niccolò Vescovo di Mira.

Eransi, come si disse, sin dall'anno 1078 trasferite in Bari l'ossa di questo Santo; ed ora si resero di stupore al Mondo, per lo liquore che si vide grondar da loro: crebbe la fama del portento, ed in questi tempi si rese perciò questo santuario, e Bari cotanto celebre in Oriente, che portava venerazione agl'istessi Imperadori Greci, come si vide dell'Imperador Emanuele, il quale nelle sue Novelle fece ancor memoria di sì insigne miracolo. Ruggiero, tratto da divozione, sovente portavasi in Bari, ond'è, che graziosamente confermasse a' Baresi le loro consuetudini; ed eresse quivi al Santo questo magnifico tempio, con dichiararlo sua cappella reale, nè volle, che fosse sottoposto all'Arcivescovo della città, ma assolutamente al Pontefice romano, creandovi il Priore, e molti Canonici: l'arricchì di molte rendite di castelli, ed altri poderi: la qual cosa si scorge da una scrittura in marmo, che colà si vede benchè il Beatillo, che ha scritta l'Istoria della città di Bari, e la vita di detto Santo, non faccia menzione alcuna di tal fatto, dando a detta chiesa e priorato più antico e diverso principio. Altri vogliono, che Carlo d'Angiò, non Ruggiero istituisse quel priorato, e dichiarasse cappella regia quel Tempio; di che altrove ci tornerà occasione di ragionare.

Donò ancora Ruggiero molti nobili arredi d'oro e d'argento alla cappella di S. Matteo in Salerno, ed il dominio di molte terre; ed altri ricchi doni al Monastero della Trinità della Cava; ed ancorchè non gli piacesse usar la forza co' Saraceni e Giudei ch'erano in Sicilia per la loro conversione, usava però gran diligenza ed industria, che ne' suoi Reami si convertissero alla fede di Cristo.

Ma ecco, che questo Principe, dopo essersi reso cotanto chiaro ed illustre al Mondo per li suoi fatti egregi, ammalatosi nel principio di quest'anno 1154 nel mese di febbrajo lasciò in Palermo la terrena spoglia in età di 58 anni di sua vita: breve età alle magnifiche cose da lui adoperate; la cui morte fu poco da poi nel mese di dicembre del medesimo anno seguitata da quella del Pontefice Anastasio, nel cui luogo fu eletto Adriano IV.

Principe veramente grande e glorioso, che le sue magnanime imprese lo innalzarono ad essere uno dei più potenti e grandi Re della terra, che pose terrore non meno agl'Imperadori d'Occidente che d'Oriente, e che seppe in mezzo a questi due potenti Imperj far sorgere il suo Regno, a' medesimi di spavento: egli provido di Consiglio e valoroso nelle armi, usò non men somma costanza nell'avversa fortuna, che moderazione nella prospera. Amicissimo non meno d'uomini valorosi nell'arme che nelle lettere, che sin da' remoti e lontani paesi fattigli a se venire, gl'innalzò a' primi onori del Regno. Egli saggio facitore di nuove leggi governò con somma giustizia i suoi Stati. Careggiò, ed amò sommamente i Francesi, traendo di Francia i suoi maggiori il legnaggio. Della sua pietà lasciò ben chiari monumenti, e se bene altri l'incolpa d'aver usata troppa crudeltà con suoi nemici e rubelli: ciò però non era in lui da biasimare; poichè usò tutte quelle arti, ch'eran proprie e necessarie ad un Principe, che intendeva stabilire un nuovo Regno.

So che S. Bernardo, e l'Imperadore Emanuele parlarono di lui come d'un Tiranno e d'un usurpatore: ma il primo seguendo il partito d'Innocenzio e di Lotario, fecesi lecito di quelle cose, che gli dettavano allora la sua fazione: come si vide chiaro, che pacificato Ruggiero con Innocenzio, finirono l'usurpazioni e le tirannidi, delle quali prima dalla fazione d'Innocenzio e di Lotario era incolpato; ond'è che si leggano dell'istesso Bernardo molte lettere scritte da poi a Ruggiero piene di molte lodi, che dà a questo Principe. Ed il nostro moderno Istorico napoletano, non prima di questa pace, dice che Ruggiero da pessimo si fece buono; poichè presso gli Scrittori di questa tempra, il Principe pessimo è colui, che per difendere le supreme sue regalie, si oppone a' Pontefici romani, siccome il buono è quello, che s'umilia e che cedendo, proccura con loro aver pace. Dall'Imperador Emanuele non poteva aspettarsene il contrario per esser suo capital inimico, siccome furono tutti i Principi normanni agli Imperadori d'Oriente per le continue guerre che arsero infra di loro; quindi fu, che la Principessa Anna Comnena trattò come un ladrone il famoso Roberto Guiscardo per la crudel guerra, che mosse ad Alessio Comneno suo padre.

So ancora che altri riprendono questo Principe per aver seguito le parti d'Anacleto falso Pontefice e rifiutato Innocenzio; ma dovrebbero avvertire, che imputando ciò a Ruggiero, vengono anche ad incolpare quasi tutto il Mondo cattolico, che credette allora Anacleto, non Innocenzio esser il vero Papa. Furono creati amendue nell'istesso giorno, e se bene Innocenzio fosse stato il primo eletto, nulladimanco Anacleto ebbe maggior numero di voti; nè poterono giovare ad Innocenzio i suffragi de' Cardinali, i quali dopo aver eletto Anacleto passarono al suo partito. Il Popolo romano, ed i principali di quella città, se bene prima aderissero ad Innocenzio, nulladimanco per più manifesti divolgarono da poi al Mondo, che essi avendo conosciuta poi la verità, aveano Anacleto per vero Pontefice. I Monaci Cassinensi col loro Abate per tale anche lo tennero: molti Vescovi e Cardinali ed i maggiori Prelati della chiesa, favorivano le parti d'Anacleto. Così anche fecero molti altri Principi e Regni; e la Francia prima del Concilio ragunato a Stampis, città posta tra Parigi ed Orleans, che determinò a favor d'Innocenzio, n'era in gran dubbio. Errico Re d'Inghilterra, avea gran timore se riconosceva Innocenzio per Pontefice, ed insino che S. Bernardo non lo assicurasse in sua coscienza, non volle riceverlo per tale. E se la Germania seguì le parti sue, fu mossa più dall'impegno di Lotario, che dal non averne dubbio. La verità non poteva allora porsi in chiara luce fra le tante e sì contrarie fazioni che l'avean tutta involta: fu il Mondo allora spettatore d'una lagrimevol tragedia: Innocenzio da un canto scomunicava Anacleto co' suoi aderenti: dall'altro Anacleto scomunicava Innocenzio co' suoi seguaci: contendevan insieme Bernardo e Pietro Pisano, e questi era non men del primo riputato savio e dotto. Molte dispute insorsero tra i più gravi Teologi di que' tempi, tanto che per l'impegno di ciascheduna delle parti, rimase la cosa almen dubbia presso le genti. Nel qual dubbio, come ben disse S. Antonio parlando dello scisma accaduto tra Urbano VI e Clemente VII ancorchè sia necessario di credere, che siccome è una la chiesa cattolica e non più, così ancora uno debbe essere il suo capo e non più; con tutto ciò se accade per qualche scisma crearsi in un medesimo tempo più Papi, non è necessario per la salute di credere assolutamente questo o quello, ma solamente uno d'essi, che fosse legittimamente eletto: e l'indagare chi delli due fosse legittimamente eletto, non siam obbligati di farlo, nè di saperlo: ed i Popoli in ciò devono seguire i suoi maggiori, e ciò che fanno i Prelati delle loro regioni; onde questo stesso Scrittore non imputa a peccato a S. Vincenzo Ferreri del suo medesimo ordine, il quale quasi tutto il corso di sua vita consumò in Avignone sotto l'ubbidienza di Benedetto XIII che quivi avea trasferita la sua Corte, ancorchè gl'Italiani e con essi molte altre Nazioni, lo reputassero Apostata e Scismatico, avendo Urbano per vero Pontefice; poichè fu per errore ed ignoranza di fatto, che gli fece credere, che Benedetto fosse tale; ed un semplice errore non fa niuno nè eretico, nè scismatico: tanto più in cosa cotanto intrigata e dubbia, e sovente molte cose ci possiam far lecite quando sia dubbio, che non dovremmo, quando la cosa fosse esposta in chiara luce. Se alcuna ombra di colpa rendè men chiari i pregi di questo Principe, solo fu, perchè anche da poi che quasi tutto il Mondo riconobbe Innocenzio per vero Pontefice, ed anche da poi morto Anacleto, volle pertinacemente mantener l'impegno, con far in suo luogo crear altri; ma ben è chiaro che non lo fece per altro che per fini di Stato, non di religione: voleva tenere per cotal via depresso Innocenzio suo inimico implacabile, con mantener ancor viva la fazion contraria, affinchè Innocenzio si riducesse ad aver con lui pace. Ma ciò non bastò all'ostinato Pontefice, il quale volle egli porsi alla testa d'eserciti armati per fargli guerra e ruinarlo. Ma tutto al rovescio andò la bisogna, fu egli preso in battaglia e fatto suo prigioniero. Questo fatto maggiormente fece rilucere la pietà di Ruggiero, che con tutto che avesse potuto usar sopra di lui le leggi della vittoria, lo riverì e lo riconobbe allora come Vicario di Cristo, con lui volle aver pace, e fu da poi il maggior difensore, ch'avesse la Chiesa romana contro gli sforzi degl'Imperadori non meno d'Oriente che d'Occidente, siccome lo era stato il famoso Roberto Guiscardo, e lo furono i due Guglielmi suoi successori.

Non lasciò altri figliuoli questo Principe dalle tante mogli ch'ebbe, toltane Costanza sua postuma, che Guglielmo suo successore nel Regno, e prevedendo che, siccome lo lasciava erede ne' Regni, non poteva sperarne che da lui ereditasse le sue virtù, vedendosi con suo cordoglio mancare tutti gli altri suoi figliuoli, e che la morte togliendo i migliori, lasciava stare i rei, l'associò ancor vivente al Regno e volle averlo per collega, affinchè regnando insieme, apprendesse da lui l'arte di ben reggere i Popoli a se da Dio commessi.

Lasciò bensì dalle quattro concubine, che ebbe in varj tempi alcuni figliuoli. Erra il Fazzello, che scrisse, che Tancredi Principe di Bari, o di Taranto fosse figliuolo d'una concubina di Ruggiero; poichè questi come si disse fu suo figliuolo legittimo, natogli da Albiria sua prima moglie. Nè l'altro Tancredi, che fu il quarto Re di Sicilia, fu figliuol di questo Ruggiero Re, fu bensì suo nipote nato da Ruggiero suo primogenito Duca di Puglia; onde quali figliuoli da questa prima concubina Ruggier lasciasse, non se ne ha niente di certo. Dalla seconda ebbe Simone, al quale il padre lasciò in testamento il Principato di Taranto: ma il Re Guglielmo suo fratello glielo tolse, e gli diede il Contado di Policastro. La terza fu madre di Clemenzia Contessa di Catanzaro, che prima si maritò con Ugone di Molino Conte di Molise, e da poi fu pretesa da Matteo Bonello genero del Grand'Ammiraglio Majone. La quarta fu madre di colei, che la Regina Margherita moglie del Re Guglielmo I casò con Errico suo fratello bastardo, con dote del Contado di Montescaglioso.

Nè deve sembrar strano, se questo Principe cotanto religioso, avesse anche tenute nel suo palazzo le concubine: non era in questi tempi il concubinato un nome cotanto vergognoso, come oggi si sente. Prima presso i Romani, come altrove fu notato, era riputato una congiunzion legittima, e le concubine erano quasi che mogli, siccome il concubinato era chiamato semimatrimonio. E quando non si faceva difficoltà a' Preti di potersi ammogliare, era anche a costoro permesso di aver una, o sia moglie, o concubina, come si legge nel Concilio Toletano I. Quindi poi nacque che non avendo la Chiesa latina voluto permetter a' Preti le mogli, come la greca, si stabilirono da poi tanti Concilj per togliere ancora a' medesimi l'uso delle concubine, il qual costume però bisognò per più secoli travagliare per estirparlo, cotanto avea poste profonde radici, come in altre occasioni si disse; ma ne' laici durò il concubinato per molti secoli; e sebbene in Oriente Lione per mezzo d'una sua Novella lo proibì affatto; la qual fu da poi rinovata da Costantino Porfirogenito: in Occidente però i Longobardi lo ritennero, siccome molte altre Nazioni; e Cujacio rapporta, che sin ne' suoi tempi, alcuni Popoli della Francia presso i Pirenei ancor lo ritenevano. I Normanni che furono esatti osservatori delle leggi e costumi de' Longobardi, anche lo ritennero; onde non dee recar maraviglia, se Ruggiero oltre alle mogli, avesse nel suo palazzo avuto anche delle concubine in tempi diversi; non essendo stato mai permesso, che in un istesso tempo avesse alcun potuto avere e moglie e concubina, ovvero due mogli, o due concubine insieme, se non presso gli Ebrei ed i Turchi, appo i quali la poligamia non fu vietata; onde siccome era loro permesso tener più mogli, così anche si facevan lecito aver più concubine. Fu ne' tempi posteriori dalle leggi civili tolto affatto il concubinato, e da più Concilj tenuti da poi indifferentemente a tutti proibito e vietato; tanto che oggi è riputato non già, come prima, una congiunzion legittima ed onesta, ma vergognosa ed opprobriosa, in maniera che ora hassi più in orrore il tener la concubina, che commetter adulterj, incesti e stupri, e contaminarsi d'altre più nefande libidini. Così il tempo muta le cose, e fa che quel, che prima era onesto, rendasi poi biasimevole e vergognoso.

FINE DEL VOLUME TERZO.

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