SCENA NONA

Filippo e detti poi il Servitore.

FILIPPO:        Servo di lor signori.

VITTORIA:        Benvenuto, signor Filippo.

FILIPPO:        Sono venuti a pranzo con noi?

VITTORIA:        Oh! no, signore, per me sono venuta a fare il mio debito.

GIACINTA:        (Poteva far di meno di venir con colui).

FILIPPO:        Se vogliono favorire, sono padroni. Mi faranno piacere. Faremo conto di essere in villeggiatura.

VITTORIA:        Per parte mia vi ringrazio. Oggi aspetto visite, ed è necessario che mi trovi in casa.

FILIPPO:        E che cos'è del signor Leonardo? (A Vittoria.)

VITTORIA:        Sta bene. Non l'avete ancora veduto?

FILIPPO:        Ancora non ci ha favorito, e ho volontà di vederlo. Suo zio è vivo, o morto?

VITTORIA:        È vivo, è vivo: è tornato indietro, non ha ancor volontà di morire.

FILIPPO:        Oh! guardate. E i medici l'avevano dato per ispedito. Ho piacere, povero galantuomo! Dite al signor Leonardo che favorisca venir da noi, che si ha da parlare. Si hanno da concludere queste nozze colla mia figliuola.

GIACINTA:        (Ecco qui, pare che non si possa parlare, se non si parla di nozze).

VITTORIA:        Glielo dirò, signore, e credo ch'egli sarà dispostissimo.

GUGLIELMO:        È poco sollecito il signor Leonardo. Fa torto al merito della signora Giacinta.

GIACINTA:        (Ma che hanno quelle sue indegne parole, che mi fan perfino sudare?). (Cava il fazzoletto e si asciuga.)

SERVITORE:        Signori, manda a riverirli la signora Costanza, e dar loro parte ch'è tornata ora a Livorno colla sua nipote. (Parte.)

GIACINTA:        Oh! brava, ho piacer grandissimo. Sarà venuto anche il dottorino. Sentiremo le novità di questo bel matrimonio. Quel caro Tognino me lo voglio proprio godere. (Con allegria forzata.)

FERDINANDO:        Gran matrimoni! Gran nozze! Ecco qua la signora Rosina, la signora Vittoria, la signora Giacinta.

GIACINTA:        (Oh! che ti venga la rovella!). Oh, voglio subito andar da loro. Ho curiosità grandissima di sapere. Ci andrete anche voi, Vittoria? (Alzandosi.)

VITTORIA:        Ci anderò. Ma non a quest'ora.

FILIPPO:        È ora di desinare. Che bisogno c'è che ci andiate adesso?

GIACINTA:        Sì, è vero, ci anderò dopo pranzo. Ho da vestirmi, ho da acconciarmi. Ho d'andare alla tavoletta...

VITTORIA:        Signora Giacinta, vi leveremo l'incomodo. (S'alza.)

GIACINTA:        Addio, Vittorina.

VITTORIA:        Serva, signor Filippo.

FILIPPO:        All'onore di riverirla. Si ricordi di dire al signor Leonardo...

GIACINTA:        Voi avete questo vizio di dir cento volte una cosa. Credete che tutti abbiano la poca memoria che avete voi? (A Filippo, con sdegno.)

FILIPPO:        Via, via, signora, la non mi mangi. (A Giacinta.)

VITTORIA:        A buon rivederci. (Partendo.)

GIACINTA:        Addio.

GUGLIELMO:        Servo di lor signori. (Saluta Filippo e Giacinta.)

FILIPPO:        Riverisco il signor Guglielmo.

GUGLIELMO:        M'inchino alla signora Giacinta. (Partendo.)

GIACINTA:        Serva, serva. (A Guglielmo.) Ci divertiremo col signor dottorino. (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        Moltissimo. Servitor loro. (Partendo.)

FILIPPO:        Padrone. (A Ferdinando.)

GIACINTA:        Padrone. (A Ferdinando; partono i tre suddetti.)

FILIPPO:        Se andate alla tavoletta, spicciatevi, ch'io ho fame e voglio andar a pranzare. (Parte.)

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