SCENA TERZA

Fulgenzio, poi Leonardo

FULGENZIO:        La cosa finora va bene. Basta che non ci faccia disperare quel capolino di sua figliuola.

LEONARDO:        Signor Fulgenzio, mi par che siamo a buon porto.

FULGENZIO:        Avete sentito?

LEONARDO:        Ho sentito ogni cosa. Prego il cielo che Giacinta si accomodi a questa nuova risoluzione.

FULGENZIO:        Or or sentiremo. Finalmente, se il padre non è un babbuino, la figliuola dee rassegnarsi.

LEONARDO:        Pensava a un'altra cosa, signor Fulgenzio. Come ho da fare per i debiti di Livorno? Ho d'andarmene di nascosto? Ho da fare una figura trista?

FULGENZIO:        Ho pensato anche a questo. Stabilito che sia il nuovo accordo col signor Filippo, voi farete a me una procura. Metterete i beni vostri nelle mie mani, ed io mi farò mallevadore per voi: pagherò i creditori, e col tempo vi renderò i vostri effetti liberi, netti, e ben custoditi.

LEONARDO:        Oh cieli! Io non ho termini sufficienti per ringraziarvi.

FULGENZIO:        Ringraziate vostro zio Bernardino.

LEONARDO:        E perché ho da ringraziare quel sordido?

FULGENZIO:        Perché io ho sempre desiderato di farvi del bene; ma per cagion sua mi ci sono impegnato a tal segno, che sagrificherei del mio se occorresse.

LEONARDO:        Sì, ma non lo fareste se non aveste un cuor buono.

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