SCENA QUATTORDICESIMA

Il conte Ercole e dette.

CON. Perdonate, signora, se vengo avanti così arditamente. Non vi è un cane in anticamera. Tutti i servitori sono in tumulto.

LUIG. Non vi è nemmeno la mia cameriera. Via, tirate giù. (a donna Isabella)

CON. Signora, se comandate, lo farò io.

LUIG. Obbligata, l’ha da far Isabella. Ignorantaccia! nemmeno è buona a cavar un guanto. Presto, quest’altro.

CON. (Questa poi non la posso soffrire). (da sé)

LUIG. Tanto vi vuole, scimunita, sciocca?

CON. (E di più la maltratta). (da sé)

ISAB. Sono stretti, stretti.

LUIG. Sono stretti, stretti? Vi vuol giudizio. Ma tu non ne hai, e non ne averai.

CON. (Or ora mi scappa la pazienza). (da sé)

LUIG. (Pare che ci patisca il signor Conte). (da sé) Prendi, porta via questi guanti, e portami lo specchio.

ISAB. (Oh pazienza, pazienza!) (da sé, parte)

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