SCENA NONA

Leonardo e Vittoria, servita di braccio da Guglielmo, e detti. Tutti s'alzano.

GIACINTA:        Serva, signora Vittoria. (Incontrandola.)

VITTORIA:        Serva, la mia cara signora Giacinta. (Si baciano.)

LEONARDO:        Scusate, vi prego, signora Giacinta, se ho tardato più del solito questa mattina a venire a vedervi. Ho dovuto far delle visite, ho avuto degli altri affari domestici, che mi hanno tenuto occupato. Spero che compatirete la mia mancanza, né mi vorrete perciò incolpare di trascuratezza, o di poco amore.

GIACINTA:        Io non credo che mi abbiate mai conosciuta indiscreta. Quando venite, mi fate grazia; quando non potete, io non vi obbligo di venire.

LEONARDO:        (Non so s'io l'abbia da credere discretezza, o poca curanza).

GIACINTA:        Favoriscano d'accomodarsi. (Costanza, Rosina e Tognino siedono ai loro posti.) Signor Guglielmo, favorisca presso la signora Vittoria.

GUGLIELMO:        Come comanda. (Siede presso a Vittoria, Giacinta presso Guglielmo, e Leonardo presso Giacinta.)

VITTORIA:        Questa mattina non si è degnato di favorirmi il signor Guglielmo.

GUGLIELMO:        In verità, signora, non ho potuto.

VITTORIA:        So pure che siete stato tutta la mattina in casa.

GUGLIELMO:        È verissimo, sì signora ho avuto da scrivere delle lettere di premura.

VITTORIA:        C'era anche da noi il calamaio e la carta.

GUGLIELMO:        Non mi sarei presa una simile libertà.

VITTORIA:        Sì, sì, carino, ho capito. (Sdegnosa.)

GIACINTA:        Signora Vittoria, non bisogna essere sì puntigliosa.

LEONARDO:        Imparate dalla signora Giacinta. Ella è compiacentissima. Non tormenta mai per iscarsezza di visite.

GIACINTA:        Io non credo che vi siano degli uomini, a' quali piacciano le seccature.

LEONARDO:        Eppure vi sono di quelli che volentieri si sentono rimproverare, e prendono qualche volta i rimproveri per segni d'amore.

GIACINTA:        Tutti pensano diversamente; ed io non amo le affettazioni.

LEONARDO:        Ora che so il genio vostro, mi affannerò molto meno nella premura di rivedervi.

GIACINTA:        Siete padrone d'accomodarvi, come vi pare.

COSTANZA:        (Ho paura che voglia essere il loro un matrimonio di poco amore). (A Rosina.)

ROSINA:        (Sì, sarà un matrimonio più per impegno che per inclinazione). (A Costanza.)

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