SCENA UNDICESIMA

Vengono tutti accompagnati come segue:

Sabina e Ferdinando, Giacinta e Leonardo, Vittoria e Guglielmo, Rosina e Tognino, Costanza e Filippo.

Si pongono tutti a sedere. Un Garzone si presenta a domandar cosa vogliono, andando da tutti a uno per uno, e ciaschedun domanda al Garzone come segue.

GIACINTA:        Un caffè.

LEONARDO:        Un bicchier d'acqua pura.

ROSINA:        Un cedrato.

TOGNINO:        Una cioccolata.

VITTORIA:        Un caffè senza zucchero.

COSTANZA:        Una limonata.

FILIPPO:        Dell'acqua con dell'agro di cedro.

FERDINANDO:        Un bicchier di rosolio.

SABINA:        E a me portatemi una pappina.

VITTORIA:        (Sapete quel che mi dee dir mio fratello, e non mi volete far il piacere di dirmelo voi?). (A Guglielmo.)

GUGLIELMO:        (Perdonatemi; tocca a lui, ed io non mi ho da prendere questa libertà). (A Vittoria.)

VITTORIA:        (Se mi voleste bene, sareste un poco più compiacente). (A Guglielmo.)

GIACINTA:        (Tutto posso soffrire, ma vederlo cogli occhi miei, mi fa dar nelle smanie). (Da sé, osservando Guglielmo.)

LEONARDO:        (Che avete, signora Giacinta?).

GIACINTA:        A questa bottega non si può venire. Per un caffè ci fanno aspettare mezz'ora.

LEONARDO:        Ci vuol pazienza. Non avete sentito che siamo in dieci, e nessuno ha ordinato la stessa cosa?

GIACINTA:        Pazienza dunque. (Ne ho tanta della pazienza, che or ora non posso più). (Da sé, fremendo.)

ROSINA:        (Avete sentito? La principessa vuol essere servita subito). (A Tognino.)

TOGNINO:        (Oh! mi sono scordato di dire, che mi portino due ciambelle). (A Rosina.)

ROSINA:        (Avete fame a quest'ora?). (A Tognino.)

TOGNINO:        (Sicuro. Non ho mica merendato). (A Rosina.)

FILIPPO:        (Non mi dite niente, signora Costanza?).

COSTANZA:        (Che cosa volete ch'io dica?).

FILIPPO:        (Raccontatemi qualche cosa. È vero che vostra nipote fa l'amore con quel babbeo di Tognino?).

COSTANZA:        (Non so niente. Per dirvi la verità, a queste cose ci abbado e non ci abbado; finalmente non è mia figlia).

SABINA:        (Mi pare che l'aria cominci ad essere un poco umida. Non vorrei raffreddarmi). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        (Poverina! copritevi il capo. Non l'avete il cappuccietto?).

SABINA:        (No, no, aspettate). (Tira fuori di tasca un ombrellino.) (Tenetemi quest'ombrellino). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        (Oh, povero me!). (Da sé.) (E ho da star qui mezz'ora con quest'imbroglio?) (A Sabina.)

SABINA:        (Quando si vuol bene, niente incomoda, niente pesa). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        (Dunque voi non mi volete bene). (A Sabina.)

SABINA:        (Perché?). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        (Perché vi pesa farmi una miserabile donazione). (A Sabina.)

SABINA:        (Ancora mi tormentate?). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        (O donazione, o vi pianto). (A Sabina.)

SABINA:        (Ingrato!). (Piangendo, e si asciuga gli occhi.)

(Vengono i garzoni a portare le cose ordinate, e sbagliano, e si confondono.)

TOGNINO:        La cioccolata a me.

ROSINA:        A me il sorbetto.

COSTANZA:        Ehi, limonata.

SABINA:        La mia pappina.

LEONARDO:        Un bicchier d'acqua.

VITTORIA:        Il caffè!

GIACINTA:        Il caffè! (Danno il caffè a Giacinta.) Sciocchi! io non l'ho domandato senza lo zucchero.

FERDINANDO:        Si può avere questo rosolio?

FILIPPO:        Quel giovane! La sapete anche voi la lezione? Lo sapete anche voi, ch'io ho da essere sempre l'ultimo? Se tutti si sono serviti, fatemi l'alto onore di darmi l'agro di cedro che vi ho domandato.

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