C. Le relazioni con la famiglia Ollivier.

Una prima lettera scrittami dall’Ollivier era del seguente tenore:

Monsieur,

Saint-Gervais, 12 septembre 1904.

Mon père a été l’ami intime de Mazzini. C’est dans sa maison qui a été conçue la Giovane Italia et qui est mort l’enfant qu’il a eu d’une dame modenaise. Malheureusement la nombreuse correspondance de Mazzini a été saisie et perdue lors du coup d’état. Il ne me reste que quelques lettres de peu d’importance. Je les rechercherai et si je les retrouve dans ma mer de papiers je vous les comuniquerai...

Sentiments empressés.

E. Ollivier.

Nel dicembre l’Ollivier mi scriveva di non aver trovato nessuna lettera di Mazzini a suo padre: e d’essersi invece imbattuto in un autografo mazziniano, non so per che modo, confuso tra le sue carte. E una lettera «interessante» – come dice a ragione l’Ollivier – del 22 febbraio 1868, che concerne i rapporti di Mazzini con Garibaldi dopo Mentana, ed è diretta a M. de Borromé:

Lettre de Mazzini à M. de Borromé.

22 février 1868.

«J’ai mis longtemps à répondre à votre aimable lettre, mais j’ai été malade et je le suis encore bien qu’en voie de guérison, écrire me fait mal. J’ai été heureux de recevoir de vos nouvelles; quant à nos affaires, je ne puis que vous dire que je déplore l’hésitation de Garibaldi et l’impossibilité de travailler ensemble. La position est claire; après l’insuccès qui était inévitable, le mouvement commençant par les Provinces, tout effort pour rassembler de nouveau des volontaires serait tout simplement en provoquer le massacre. Un mouvement à Rome est presque impossibilité; les meilleurs sont morts, prisonniers, exilés ou surveillés. Rome ne peut être libre et à nous que par la nation. La nation doit y prétendre et la réclamer. Dans ce but elle doit pouvoir disposer librement de ses arsenaux, de ses hommes, de son argent. Avec la monarchie ce n’est pas possible. La monarchie s’est engagée à ne point aller à Rome sans le consentement de la France. Il faut alors renverser la monarchie et établir une République. Je suis certain que l’Italie est mûre pour le changement, et que si Garibaldi et moi proclamions explicitement la même doctrine, nous réussirions. Avec lui ou seul je ne changerai certainement pas d’idée, et tant que je vivrai, je travaillerai pour un mouvement républicain.

Louis Napoléon va mieux que jamais, et travaille pour un mouvement dans le Sud, qui s’organise pour l’ancien Roi, mais qui est réellement pour Murat. Louis Napoléon croit qu’en mettant Murat en avant quand le mouvement sera commencé, il se jouera de tout le peuple, sûrement alarmé par le retour d’un roi détrôné et vengeur. Et sur ce point il voit juste. – Le Sud est si généralement mécontent qu’un appel quelconque à un changement sera écouté. – Alors le projet de trois Italie, Méridionale, Centrale et Septentrionale sera proposé et réalisé. Je sais que le Roi y a personnellement consenti. – Garibaldi a tort, grand tort de ne pas croire que notre appel peut seul empêcher l’Italie d’être victime des fourberies Impériales et de la monarchie.

«Joseph Mazzini».

Colloquio con Emilio Ollivier.

Pietro Croci, che a mia preghiera visitava Emilio Ollivier, ne ha raccolto, e riferito testé (Corriere della Sera, del 22 maggio) questi interessanti ragguagli:

«Emilio Ollivier vive a Parigi, in una graziosa villetta in quel remoto quartiere di Passy, che sembra il rifugio finale e preferito degli uomini, i quali hanno consacrato una buona parte della loro esistenza all’attività politica o letteraria e subiscono anche nei vecchi giorni, col desiderio della pace, il fascino della metropoli. Non ancora curvo per gli anni, alto, vegeto, robusto, nella quiete della sua villa attende ancora attivamente al lavoro: sprofondato in un seggiolone al tavolino, tra una montagna di volumi e di carte, intento a correggere le bozze del suo prossimo libro, mi evocò sulle prime una lontana e vaga visione di un altro studioso solitario. Cesare Cantù.

Voi mi chiedete – disse egli con un accento che tradisce ancora in lui l’origine provenzale e che conserva anche nel colloquio più semplice un’eco di quella eloquenza che affascinò il Parlamento imperiale – voi mi chiedete le lettere di Mazzini. Le avevo infatti promesse al Direttore degli Archivi di Mantova, col quale avrei dovuto incontrarmi a Milano nello scorso mese di settembre, se non vi fossi capitato in pieno sciopero generale: speravo allora che le avrei facilmente trovate tra i documenti di cui ho piena la casa. Vedevo, come vedo ancora, con la fantasia quel piccolo mazzo di lettere, care a mio padre, scritte a caratteri finissimi sopra esili foglietti: ma dovrei sconvolgere l’intera casa per scovarlo, e non è più un’operazione a cui io possa accingermi. È un peccato, perchè quelle lettere debbono avere per gli Italiani un grande interesse: ma un giorno o l’altro verranno fuori e vi saranno certamente comunicate. Furono scritte da Mazzini durante la sua sfortunata spedizione in Savoja. Era partito da Marsiglia, dove era ospite nella casa di mio padre, con l’animo pieno di ardore e di speranza, sicuro che sarebbe bastato dare il segnale perchè il movimento rivoluzionario si propagasse a tutta la penisola. Le sue lettere rispecchiavano l’amarezza profonda provata in seguito all’insuccesso inatteso del suo tentativo. Erano sfoghi sinceri, intimi. In quel primo dramma giovanile si temprò l’anima del cospiratore, e l’interesse del breve epistolario non è soltanto storico. Tanto più mi duole di non averlo ritrovato.

— Nella vostra lettera al Luzio dite che molte lettere di Mazzini sono state sequestrate durante le perquisizioni fatte in casa di vostro padre all’epoca del colpo di Stato. Credete che si potrebbe trovarle ancora all’Archivio di Stato? (Archivi Nazionali).

— Non posso lasciarvi alcuna illusione. Capirete benissimo che, quando sono stato ministro, mi sono affrettato a fare il possibile per ricuperare le carte di mio padre. All’archivio non si trovò nulla, e non si può più trovar nulla, per la semplice ragione che le perquisizioni si chiusero con un bel falò. Pur troppo le lettere di Mazzini che così sono andate distrutte, erano le più importanti, poichè si riferivano ad argomenti politici e ai progetti che egli nutriva ed escogitava. Dopo il colpo di Stato, Mazzini non ebbe più con mio padre che rare relazioni.

— Personalmente – aggiunse l’Ollivier, come per compensare la mancanza del promesso epistolario – non posso ricordarmi dell’epoca in cui il Mazzini frequentava la mia famiglia. Espulso dall’Italia si era rifugiato a Marsiglia e aveva trovato subito asilo nella casa di mio padre, che già conosceva molti patriotti italiani e ne era amico sincero. Mia madre era nata a Livorno all’epoca dell’emigrazione e i suoi parenti conservarono degli interessi in Toscana. Il Guerrazzi ebbe dalla nostra famiglia i fondi per poter pubblicare l’Assedio di Firenze. Un fratello, ufficiale di marina, portò più volte a Garibaldi, rifugiato per qualche tempo a Tangeri, notizie e giornali per tenerlo al corrente di quanto avveniva in Italia. Fu in casa nostra a Marsiglia che il Mazzini perdette un figlio nato da una signora modenese che viveva con lui e della quale non so ricordare il nome.

«Non ho conosciuto il Mazzini di persona, perchè all’epoca in cui io frequentavo l’Italia e gli Italiani del Risorgimento, egli era esule. Mi ricordo invece di aver incontrato una volta Garibaldi alla Spezia».

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