Giuseppe Finzi ebbe a raccontarmi più volte che si trovava a Parigi, quando fu scoperto che A. P.... – suo aggregatore alla G. Italia – era ai servigi della polizia austriaca. Una donna che conviveva col P...., morto povero all’ospedale, si recò ad invocar de’ sussidi alla cassa dell’emigrazione, adducendo – per impietosire gli sperati soccorritori – il fatto stranissimo che ormai le erano cessati anche gli assegni mensili riscossi dall’ambasciata austriaca. Quella donnicciuola era ignara di tutto: e consegnò dunque facilmente le carte, che i patrioti sbalorditi dall’inconscia rivelazione andarono a rintracciare nella sua stamberga. Tra esse appunto furono rinvenute molte minute de’ rapporti periodici che il P.... spediva alla polizia lombarda. L’aver egli tenuto copia di que’ rapporti fu interpretato da molti come prova palmare che il P.... vendesse lucciole per lanterne, e volesse perciò raccapezzarsi nel dedalo di menzogne che spacciava per carpir denari; ma un esame dell’intero carteggio mi induce piuttosto a credere che amasse farsi bello co’ suoi padroni, richiamando a tempo e luogo che le sue previsioni e le sue informazioni s’erano perfettamente avverate. – Non sarà inutile un piccolo saggio della corrispondenza del P...., di cui il Silingardi aveva promesso la pubblicazione integrale:
10 settembre 1842.
«Il Comitato della G. Italia ha ricevuto ordine da Londra di fare tutto il possibile per mettersi in relazione col Comitato Ungherese residente in Parigi: e questo per due scopi. L’uno per conoscere i lavori sia del Comitato Ungherese in Parigi, sia il lavoro interno dell’Ungheria, onde egli, Mazzini, possa giudicare se il rapporto che gli venne fatto da quell’inglese, che è già stato in Ungheria e che ora è a Londra, sia esatto. L’altro scopo si è quello di sapere se nel numero degli aggregati della società ungherese vi siano degli ufficiali che servano nelle truppe di S. M., che stanziano in Lombardia, poichè se ve ne sono egli farebbe tentare di metterli in relazione coi settari della G. Italia lombardi.
Lamberti mi ha detto che farà tutto il possibile per mettersi in relazione col suddetto Comitato Ungherese, ma che non sapeva trovare nè immaginare un mezzo per riuscirvi. Una tale cosa sembrandomi di grande importanza, fa sì ch’io non tralascerò di vedere Lamberti mattina e sera, onde potere far noto a V. E. quanto saprò.
16 settembre 1842.
«Franzini ha scritto sino dall’altro giorno a Fabrizi che io aveva accettato l’incarico di capo rappresentante la setta (Legione italiana) a Parigi, e che quindi egli stesso, Fabrizi, dovesse inviarmi da Malta una sua lettera, gli stati e le disposizioni che più crederà opportune. Sarò in istato allora di presentare a V. E. i documenti originali nei miei rapporti, e così l’I. R. Governo di S. M. potrà meglio conoscere se veramente io sia stato e voglia sempre essere veritiero nelle mie esposizioni.»
11 agosto 1843.
«La cassa del Comitato di Parigi contiene 11,323 franchi: in questa sua misera posizione il Comitato ha deciso che d’ora in poi essendo necessario l’invio o a Londra o a Lione o a Marsiglia di messi, le spese saranno per metà pagate dalla cassa della società.
Mazzini, Lamberti e Franzini hanno tanta fiducia nella mia attività, nella mia robustezza e buon volere che già da tutti sono stato proclamato viaggiatore della Giovane Italia e della Legione italiana. V. S. pensa bene che io non ho esitato ad accettare.»
(Acclude un piano insurrezionale spedito da Nicola Fabrizi e approvato da Mazzini).
5 settembre 1843.
«Mazzini ha scritto al Comitato di Parigi di tener me pronto ad andare a Lione ed a Marsiglia, pagandomi le spese di vettura, al primo suo annunzio che non sarà lontano. Io vi andrò e sia da Lione o da Marsiglia avrò l’onore di scriverle e spero far bene, andando; e ne desidero conferma nelle risposte che vorrà degnarsi d’inviarmi, come pure non vorrà disapprovare quelle piccole spese che incontrerò di più delle pagate dal Comitato che si limitano alla diligenza. Anche nel caso fossi assente ancora all’arrivo di una sua lettera ho predisposto in modo che il mio padrone di casa, che non sa una parola d’italiano, riserbi le lettere a me dirette e niuno le vegga.»
6 ottobre 1843.
«Io non so precisamente l’epoca nella quale Giannone di Modena sia arrivato in Francia. So che sono parecchi anni che abita le Batignolles, vive con sua moglie e assai mediocremente. Ogni sua risorsa sta nelle lezioni di lingua italiana. Stampò un poema intitolato l’Esule, che io non potei avere la pazienza di finirne la lettura. Un’austerità di costumi, un parlare pedantesco, e un offrirsi sapiente lo fa passare per dotto ed avveduto. Egli è il capo del comitato della G. I. in Parigi; ma egli fa poco, poichè Lamberti di Reggio fa tutto. Ogni 15 giorni Giannone tiene una seduta nella così detta scuola degli operai italiani.... Sebbene nel fondo Giannone non sia da temersi per sè stesso, pure ha influenza pel suo parlare, almeno finchè è fuoruscito, poichè una volta fosse rientrato nel suo paese sarebbe più docile e meno temibile d’una pecora. Fu eletto capo del Comitato di Parigi da Mazzini soltanto perchè il migliore per iscrivere. L’Apostolato popolare si stampa ora a Parigi.... ed il Giannone riceve gli articoli da Londra di Mazzini e con quelli lo fa stampare, aggiungendo se manca per empire il foglio, o ritenendo se vi è sovrabbondanza, ma anche in ciò è Lamberti che fa ciò che vuole.»
5 novembre 1843.
«Questa mattina il Comitato di Parigi ha ricevuto una lettera di Mazzini della più grande importanza. Dopo aver detto in essa lettera che le dissensioni tra la Giovane Italia e la Legione italiana dovrebbero presto terminarsi per la sottomissione di quest’ultima, aggiunge: “Fui chiamato da un personaggio della più alta distinzione e di stretta alleanza a sir Roberto Peel, il quale mi ha richiesto: 1.° quali erano i miei principii ed i miei piani sull’Italia; 2.° se veramente potea contare su di un forte partito in Italia. Dietro le mie risposte che furono tutte analoghe ai principî della G. I. e dietro alcune riservate spiegazioni di quanto si potrà tentare in Italia, ebbi la seguente risposta: – perseverate, o signore, nell’intrapresa, non lasciate sfuggire il momento opportuno, riuscite e sperate subito nel concorso della diplomazia inglese.»
9 aprile 1844.
«In forza delle misure prese dal governo francese, nè il Comitato nè Ricciardi nè gli emigrati ricevono lettere d’Italia: di modo che qui non si hanno che le nuove dei giornali. Una sola lettera da Marsiglia ha annunziato che i fratelli Bandiera sono in Grecia. V. S. avrà piacere di sapere come avvenne il caso dei Bandiera. Essi erano d’accordo con Fabrizi, come già da più d’un anno ho fatto sapere, di dare la nave, alla quale comandavano, ai rivoltosi, e per far questo si era convenuto che Fabrizi avrebbe fatto loro passare una somma: credo, 20 mila franchi, per comperare l’equipaggio. I Bandiera avevano così ben lavorato che erano pronti alla fine di febbraio, ma i danari mancarono a Fabrizi, ed essi vedendosi scoperti hanno dovuto fuggire. Una severa inquisizione a bordo farebbe conoscere tutti coloro che si erano affigliati mediante danaro.
.... Finora non si sa ove siano i Bandiera e Moro. Certo se capitano a Parigi mi troverò subito con essi.»
Parecchie sono le lettere del Mazzini, che il P.... trascrive ed allega a’ suoi rapporti: e Mazzini stesso non potè negarne l’autenticità (Giuriati, pag. 64), pur volendo poi beffarsi della polizia, che sarebbe stata ingannata dal suo confidente. Aveva anzi, in questo senso, predisposto un articolo sulla corrispondenza del P....: ma finì per rinunziarvi, riconoscendo la scarsa efficacia d’una simile confutazione, che non avrebbe menomato il discredito derivante alla G. Italia dalla indegnità di certi adepti e dalla cecità de’ capi.