Pe’ tanti progetti letterari, che, in mezzo al lavorìo di cospiratore, turbinavano nel cervello di Mazzini, si legga questa lettera allo Scalvini (del 1836), non compresa nell’Epistolario, e da me scovata nell’autografioteca del conte Senatore Arrivabene-Valenti-Gonzaga:
Caro Scalvini,
Come l’Ugoni vi ha detto, io v’ho scritto rispondendo alla più che cortese lettera vostra e ringraziandovi, accettando, sì della offerta del libro su Parga, sì dell’amicizia che volete darmi. Ho scritto poco dopo aver ricevuta la vostra, e all’indirizzo datomi. Forse il mio intermediario ha negletto di pagare qualche dritto d’impostazione e la lettera si sta non so dove in quale ufficio postale. Non ripeto le cose che io vi diceva, perchè le ho ridette all’Ugoni, ed egli a voi. Ora, sento che voi possiate esser compreso nella specie d’amnistia che l’Imperatore ha fatto annunciar sui giornali e non sapendo se pensiate o no, profittarne, vi scrivo per richiedervi ad ogni evento di due favori. M’occuperò probabilmente tra non molto d’una vita di Foscolo, che manca e mi par vergogna. Il Pecchio l’ha scritta e male. Il Niccolini potrebbe e dovrebbe scriverla bene, e o per inerzia o per altro nol fa. In Livorno hanno un baule di scritti inediti e lettere di Foscolo, che un amico mio recava con sè non ha molto da Londra, e non vedo che s’adoprino a pubblicarli. De’ tanti cenni e ragguagli premessi alle varie edizioni neppur uno contempla in un col Foscolo i tempi ch’ei traversò: il Tipaldo ha girato per mezza Italia in cerca di lettere e documenti; e ricordo d’avergli parlato io in Genova mentre ci raccoglieva, ma pare siasi anch’egli incodardito nella cattedra o ne’ riguardi al Governo che gli sta sopra, e la vita non s’è veduta. Forse è sua quella che il Ruggia, a quanto dice, tien preparata per l’edizione ch’egli intende di fare delle opere o delle più tra le opere; ma nol so di certo, e foss’anche, quella del Ruggia è speculazione e il Tipaldo, se pur gli ha dato, avrà scritto senza molto amore ed impegno come avviene in simili faccende. Mi adoprerò dunque io alla meglio cercando supplire all’ingegno colla coscienza e colla nobiltà dell’intento. Stretto col Foscolo come foste, dovete averne ragguagli e forse lettere od altro. E vi scrivo per chiedervi tutto quanto avete, se pur credete ch’io possa valermene; e perchè vogliate anche, oltre i materiali che possono essere a vostre mani, darmi suggerimenti intorno al modo che terreste scrivendo, e giudizio sull’indole e sull’ingegno di Foscolo, e indicazioni sui tempi o sulle sorgenti che vi parrebbero da consultarsi, e che a me possono essere ignote. E questo è il primo favore.
L’altro è che vogliate, se mandate il Fausto, dirmi francamente se stampandolo io potrei prefiggere uno scritto critico sul concetto generatore dell’opera, sull’idea di che il Fausto è, o parmi, simbolo. Meglio se scrivete voi medesimo. Dove no, vorrei pure curandone la ristampa, sostituire qualche cosa d’italiano a quei cenni che il Silvestri ha cavato dalla Rivista straniera: perchè mendicare dall’estero anche la critica mi par troppo. Nè io, se rimanete, avrò difficoltà di mandarvi il discorso, perchè vediate se può stare colla vostra traduzione o se v’incresce. Questa mia domanda si connette a un pensiero che tentiamo verificare, quello cioè di pubblicare via via una serie di volumetti che presentino tradotte le migliori cose tedesche, ma con un intento di scuola, accoppiando sempre la critica e gli esempli, facendo tutta intera la serie rappresentazione e sviluppo d’una idea di rinnovamento letterario che avrete veduto accennata, se pur è giunto in Bruxelles, nel primo articolo dell’Italiano. Sarebbe intenzione di scegliere nelle letterature straniere tanto che rappresenti tutte le varie tendenze che la letteratura così detta romantica ha indicate per poi desumere quell’una da cui avrebbe a prender le mosse la nuova letteratura. Di questo nostro pensiero, tutto italiano, l’Ugoni potrà dirvi altro. Cominciando dal Werner, che ha ritentato il dogma greco-orientale della fatalità, e trapassando per gli scrittori che rappresentano le fasi intermedie del problema, si verrebbe a conchiudere con una edizione di tutte le cose drammatiche di Schiller, nel quale albeggia, se non erro, la scuola sociale, la scuola della Provvidenza. Sarebbe, se avesse effetto, un corso di letteratura applicata – una rivista filosofica della scuola di letteratura oggi spenta o morente – un riassunto di quanto ha insegnato di vero perchè l’intelletto italiano potesse farne suo pro’ e fondare, aggiungendovi ciò che il pensiero dell’epoca vuole, una letteratura Europea per l’intento e pel pensiero, italiana per le forme e pel teatro che avrebbe.
Il Fausto entrerebbe naturalmente nella serie di queste pubblicazioni, ma la parte teorico-critica sarebbe necessaria. Un’altra cosa: perchè non tradurreste l’Elena ignota all’Italia ed anche alla Francia? So che la dicono poca cosa; ma non mi fido in questo a’ giudizi tedeschi, perchè oggi v’è reazione democratica giovanile contro il Goethe, e per combattere l’uomo gittano l’anatema anche all’ingegno; dagli estratti ch’io ne ho veduti in un numero antico d’una rivista inglese e nell’Au de là du Rhin del superficialissimo Lerminier, direi vi fosse del bello, e a ogni modo forma un tutto col Faust, e forse è necessaria a darne la chiave. Tradurla mi parrebbe ben fatto, e non vedo che voi per farlo, dacchè avete così ben tradotto il Faust. Vogliate pensarvi e rispondere qualche cosa. Avete altre traduzioni di cose lunghe o brevi, tedesche? Conoscete altri che n’abbia? Io non ho mai potuto vedere l’Eleonora di Bürger, tradotta dal Berchet, e che forse unendovi qualche altra piccola cosa dello stesso autore gioverebbe ristampare. Tutto dipende dal successo del primo volumetto in Italia, perchè se abbiamo da andare innanzi, è necessario che venga alimento dai compratori. Queste idee mi paiono utili. La critica è in oggi l’unica che possa rifare una letteratura all’Italia, ma la critica-educazione, la critica che ha per intento di formare una sintesi letteraria europea agli ingegni e un popolo agli scrittori. Tutto sta nel modo di verificarla. E però chiedo il vostro aiuto e di quanti credono che s’abbia, su qualunque terreno possibile, intellettuale e politico, a far qualche cosa per l’Italia e ad emanciparla dalla servitù domestica e forestiera che occupa non solo il popolo ma gli intelletti.
Rimanderò il libro su Parga. Ho scritto a Livorno per averne, se sta fra quei manoscritti, la parte che manca a voi. L’Orelli, come a quest’ora saprete, farà volenteroso quanto desiderate sul Faust. Amatemi e valetevi, occorrendo, di me come di uno che vi stima assai.
Giuseppe.