P. Gli attentati.

Sull’attentato Gallenga a Carlo Alberto potranno forse recar lume le lettere del Mazzini al Melegari. Certi passi oscuri dell’Epistolario (I, 188, 205) farebbero quasi sospettare un attentato a Luigi Filippo, tramato nel ’34 da affigliati della Giovane Italia. Il 23 maggio 1834 M. scrive infatti a Rosales: «Vi è una cosa sul tappeto, e l’ho riserbata per l’ultima perchè di quelle cose che se non verificate non ammetto più come possibili. Vo’ dirtela, perchè ove mai..... io non debba più parlartene e tu possa valerti delle circostanze e del modo. C’è un tale che accetta la storia che era affidata a quel Procida che hai veduto e poi a quattro, cinque, salvo che le sue mire sono a Parigi. Intendi?» Pochi giorni dopo (2 giugno) Mazzini parla col più fiero disprezzo del Re borghese in una lettera a P. S. Leopardi, prorompendo nella fosca minaccia: «intende cacciarci in America, e prima che ciò avvenga, potrebbe accadergli ciò che gli troncasse a mezzo la via.» Che cosa si asconde «sotto il velame delli versi strani»? Non saprei decidere, ma l’impressione che se ne trae è penosa. – Per l’attentato di Pasquale Greco a Napoleone III, cfr. Politica segreta Italiana, pag. 27. La condanna pronunziata contro Mazzini dalla Corte d’Assise della Senna il 30 marzo 1864 era iniqua: il grande agitatore non aveva voluto neppur vedere il sicario napoletano, e la polizia francese dovè coartare fatti e documenti per far apparire una complicità di Mazzini nel costui progetto (cfr. De la Gorce, Histoire du Second Empire, IV, 260 sgg.).

Anche l’opposizione parlamentare inglese soffiò sul fuoco, per colpire lo Stansfeld, amico di Mazzini: e quegli dovè difatti dimettersi. Fu allora che Palmerston e Gladstone difesero nobilmente l’esule italiano alla Camera dei Comuni.

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