Atto I, sc. 2.ª

DESIDERIO.

.....Dimenticasti

Che ogni nostro travaglio è gioja a questa

Italica genìa, che diradata

Dagli avi nostri, che divisa in branchi,

Noverata col brando, al suol ricurva,

Che d'arme ignuda, che di capi scema,

Ancor, dopo due secoli, siccome

Il primo giorno, odia, sopporta e spera.

...............

ADELCHI.

Ma in forse, o Padre,

Della risposta d'Adrian tu stai?

Di lui che, stretto di cotanti nodi

A questo Carlo, ecc.

...............

DESIDERIO.

..............Questi i consigli sono

Del mio figliuolo Adelchi? - Istrutti noi,

Non discorati dall'altrui sventura,

In più felici dì, la tronca impresa

D'Astolfo adempirem. Non più sguernite

Siccome allor, le Alpine valli aperto

Al tornato invasor prestano il letto,

Ma di bastite e di guerrier le sbarra

Impenetrabil argine. Si scote,

Di sotto al piè del Franco, il conculcato

[122]

Sassone e sorge, e, del tributo invece,

La punta della spada gli presenta.

Assai fia questo ad occuparli. Esclami

A sua posta Adrian; nemmen la gioja

Gli sia concessa di mirar la faccia

D'esti alleati.

ADELCHI.

Ah! gli alleati suoi

Son da per tutto, oltre i due mari e l'alpe,

Intorno ad esso, intorno a noi. Le mani

Ei leva al cielo, e mille mani al cielo

Son levate in un punto: il suo desio

Diviene il prego delle genti. Ei parla,

E la terra risponde.

DESIDERIO.

Ebben, la terra

Quei Romani pastor forse non vide

Alla Gotica possa ed alla Greca

Obbedire, e tacer? Si mosse allora

Per sottrarli a tal giogo? Il santo seggio

Di Pier, le chiavi a lor da Dio fidate:

Questa è la forza lor; ma ciò che vale

Il dì della battaglia? Il mondo, o figlio,

È della spada.

ADELCHI.

I Goti! i Greci! o padre,

Ove son essi mai? Su questo suolo

Sparso del sangue lor, vinto....

Io li ricerco; uno è sparito, e l'altro

Dalla mano allentata a poco a poco

Lascia sfuggir la preda, e senza guerra,

Senza compianto e senza gloria, spira.

E testimonio della lor caduta,

Non ozioso testimon, d'entrambi

[123]

Le spoglie afferra il sacerdote, e saldo

Di lor ruine si compone il soglio.

Tutto ei non tragge il suo vigor dal Cielo:

Un'altra forza, una secreta forza,

Da quella terra, che gli è madre, attigne.

Figlio di Roma, ei non comanda a' vinti:

A' suoi fratelli antichi, a quelli, ond'ebbe

Ogni poter, comanda. È sovra gli altri,

E non opprime; ei degli oppressi il muto

Dolor raccoglie, e il raccomanda al Cielo.

Egli il pastore, il difensor di questa

Antica razza, onde vittoria avemmo

Ma non mai pace; in mezzo a cui padroni

Ma stranieri viviam. Noi, vincitori,

Chiudere il duol dobbiamo e divorarlo

Nel cor profondo, e, come schiavi, il volto

Atteggiar di letizia e di fidanza;

Ed ei la gioja ed il dolor del paro,

La speme ostenta ed i terrori: e quando

Più d'oltraggi è gravato, e di minacce

Sul nudo capo suo pesa l'oltraggio,

Allor più aperto il mostra. Ei sa che, in tutti

Gl'itali cor, pietà, rispetto accende,

E desio di vendetta. E steril mai

D'un popolo il desio non è del tutto.

E della prova il dì, quando ogni cosa

Scampo o periglio ti divien, chi puote

Senz'affanno pensar che d'ogni parte

Cinto è di gente che il vorria perduto?

Questa seconda scena era resa assai più lunga che non è ora, anche pel fatto che Adelchi ragionava a lungo la proposta di acquistare amici, liberando i Romani; la qual proposta ora è in breve accennata in fine.

DESIDERIO.

Ebben, qual via, fra tanti rischi, hai scorta?

[124]

ADELCHI.

Una intentata, una che forse al sommo

Della possa ci mena, e a gloria eterna

Fallir non puote.

DESIDERIO.

Ed è?

ADELCHI.

Quella che mai

L'Erulo e il Goto non calcò, nè il Greco,

Nè alcun di lor, che, pria di noi, in questo

Suol regnaro e perir. Vedili, o Padre,

Assalirlo a vicenda, insanguinarlo,

Possederlo e sparir; l'italo cielo

Ratto coprir come procella estiva,

E sgombrarlo del par: tutti all'acquisto

Gagliardi, e imbelli alla difesa tutti.

Noi successor d'esti caduti, il piede

Terrem nell'orme lor? Dagli anni miei

Non misurar le mie parole. Aperta

È un'altra via di scampo; osiam d'entrarvi

Noi primi, osiamo d'esser giusti,.....

E saremo invincibili. Un'infausta,

Immensa forza è presso noi, soltanto

Che vogliam farla nostra; e in sen di questa

Terra antica s'asconde. Àprila, e tosto

Scaturir la vedrai da questo suolo;

Che facil preda era finor, che sempre

Sarà fin che due popoli nutrica

E non è patria di nessun, fintanto

Che di fratei non sia convento, ed ogni

Uom che il calpesta un difensor non sia.

Oh! tuttavolta che dell'Alpi al sommo

Un nemico s'affaccia, ansj e desiosi

Noi domandiam: quanti son essi? e i nostri

Vessilli in fretta noveriam, tremando

Che gli uomini all'impresa, e alla virtude

Manchin le forze. Gli uomini! a stormo

[125]

Gli abbiam dintorno a noi. Questi che al solco,

Ad ogni ovra servil curvi teniamo,

Chi sono? i figli di color che al mondo

Dieder la legge un dì. Gregge di schiavi,

Spesso tremendo, inutil sempre, in fido

Stuol rinascente di guerrier devoti

Trasmutarli, sta in noi. Togliamo i ceppi

Da quelle mani, e rendiam loro i brandi.

Siamo i lor capi, o padre. Ardua è l'impresa,

Sì, ma d'onor, ma di salute è piena,

E di pietà. Dell'itala fortuna

Le sparse verghe raccogliam da terra,

Il fascio antico in nostra man stringiamo:

Dei vincitor e dei soggetti un solo

Popol facciamo, una la legge, ed una

Sia la patria per tutti, uno il desio,

L'obbedienza, ed il periglio.

E dopo molti versi, ridondanti di varianti e di cancellature, nei quali Adelchi continua a manifestare il suo animo e l'ardore della sua convinzione, seguono questi:

Chiuse in Italia ci saran quai porte?

Di Roma i figli al redentor vessillo

Si stringeran volenterosi intorno.

Essi che, scosso il Greco giogo, e in forse

Di lor novella libertade, un capo

Van dimandando, un capo: e poi che altronde

Sperar nol ponno, dall'altar l'han preso:

Con che pietà, con che ostinata fede,

Te seguiran, s'esser lo vuoi, te nato

In campo, o padre, alla vittoria avvezzo!

E riverito e non tremendo, il Sommo

Pastor, dal dì che questo suoi più schiavi

Da ribellar non abbia, nè tiranni

Da maledir, tratto l'usbergo, ai santi

Studj tornar dovrà: re delle preci,

Signor del tempio, a chi guardar lo sappia

Il Campidoglio sgombrerà. Concorde

[126]

Qual era un dì l'itala terra ancora,

Divorerà gli assalitori; e noi

Vi porrem le radici, e ne saremo

Gridati i padri, i salvatori; e nostra

Dirla potrem davvero.

DESIDERIO.

Oh qual tempesta

Sollevi tu nel mio pensier! Su questo

Ripido, oscuro, arduo sentier tu dunque

Non temeresti di gittarti?..... Io mai

Del tuo valor dubbio non ebbi: un prode,

Più che un prode tu sei. Sì, figlio! Un alto

Disegno è il tuo; non ch'io l'abbracci: il fato

Cangiar del mondo, no, di due mortali

Opra non è: solo il tentarlo è morte.

Troppo da quel che in tuo pensier ti fingi

Diverso il guiderdon saria. La belva,

Amareggiata dai tormenti e stretta

In catene, alla man che la discioglie,

Il primo morso avventa.....

.....................O triste o lieto,

Giusto o non giusto, a tutti noi segnato

Troppo chiaro è il destin: l'impero a noi,

Ai soggetti il terror, l'odio ad entrambi.

.........................................

.................E poi, coll'onta

D'aver ceduto anco a' Romani il campo,

Dì che farai?

ADELCHI.

Nulla, o Signor, fintanto

Che null'altro stromento all'opra avremo

Che una gente divisa. Il core, o padre,

Basta a morir, ma la vittoria e il regno

È pel felice che ai concordi impera.

Oh quante volte invidiai codesto

Carlo che abborro! Ei sovra un popol regna

D'un sol voler, saldo, gittato in uno

[127]

Siccome il ferro del suo brando, e in pugno

Come il brando lo tiene. Odio l'aurora

Che annunzia il dì delle battaglie: è peso

L'asta alla man; se nel pugnar guardarmi

Deggio dall'uom che mi combatte a fianco.

DESIDERIO.

........................Ah non temer: devoti

Gli avrem quel dì che a certa e facil preda

Li condurrem. Carlo è lontano; ed altro

A cor gli sta che il Pastor santo e il suo

Gregge tremante, che servir non vuole

E che pugnar non sa. Si scote alfine,

Di sotto al piè del Franco, il conculcato

Sassone e sorge, e, del tributo invece,

La punta della spada gli presenta.

Assai fia questo ad occuparli. A Roma

Venner con noi questi sleali; e fidi

Gli avrem quel dì che a certa e facil preda

Li condurrem. Per chi trionfa e regna,

Per chi dona, è l'amor; quegli è tradito

Che dee perir: tutto è leale al forte.

ADELCHI.

Padre!...........................

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