CARLO.
.......................e faran fede
In quanto onor Carlo lo tenga.
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MARTINO.
Oh! Roma
Libera sia dal minacciar di questa
Sozza iniqua genia, cangiato almeno
E alleggerito all'altra Italia il giogo
Sia per tua man, se non è giunto il giorno,
Se l'uom nato non è che affatto il tolga;
Ecco il mio premio, o re.
CARLO.
Libera, il giuro,
Fia Roma; al dono, che il mio padre ha posto
Sopra l'altar, la spada mia non mai
S'accosterà che per salvarlo: e mite
Sovra l'Italia che il Signor mi dona,
L'impero fia dei miei fedeli, e il mio.
Di più nè Carlo, nè mortal nessuno,
Darle potria. L'uom che non cinge un brando,
Che non sale un destriero, è della terra,
E la terra è di lui che vi conficca
L'asta sua vincitrice. Ai miei compagni,
Senza cui nulla che un guerrier son io,
Delle fatiche il premio e dei perigli
Tôr non poss'io: del vincitore è il vinto.
Altre stirpi al servir destina il cielo,
Altre al comando; e la vittoria è il segno
Che le discerne. Cittadin di Roma,
Vassallo d'Adrian, tu che obbedisci
Ad un Signor dalla tua gente eletto,
Tu sei libero, e il merti: il ciel, che un'alma
Libera dietti e un cor dei rischi amico,
Tal sorte ti dovea: godila, e lascia
Che un popolo guerriero a quei comandi
Che più un popol non sono.
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