Via con molto popolo.
Due CITTADINI.
1.º CITTADINO.
Io vengo dal Palazzo: il Conte v'era
Arrivato in quel punto, ed il corteggio
Stava per avviarsi: non avremo
Ad aspettar qui molto.
2.º CITTADINO.
Assai son vago
Di veder questa festa. A stranier mai
Qui non si fece tanto onor, ch'io sappia.
1.º CITTADINO.
Trattasi d'un guerrier, che non ha forse
Chi il pareggi in Italia; d'uno, a cui
Presso che tutta si affidò la cura
Della nostra salvezza.
2.º CITTADINO.
Della nostra?
Tra vecchi amici e' si può dir talvolta
Liberamente il ver: dovreste dire
Della salvezza dei Signori. Ormai
Che siam noi più, poi che ogni affar di Stato
È divenuto un loro affar? Che importa
A noi la guerra? ov'ella a ben riesca,
Tutto sarà per lor, gloria e guadagno.
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1.º CITTADINO.
Ma se riesce a mal, parte del danno
Non saria nostro? Il Ciel ne tenga lunge
Questo malvagio Duca, e i suoi soldati,
E i suoi rettori, e i cortigiani; guai
Se gli caschiam nell'ugne! A qual mai prezzo
Comprar dovremmo il divenir più schiavi!
2.º CITTADINO.
Oh guai davvero!
1.º CITTADINO.
A ragion dunque io dissi
Che dal valore di quest'uom dipende
Or la nostra salvezza.
2.º CITTADINO.
È ver, pur troppo!