Nel manoscritto, il principio è scritto in due forme molto diverse. Innanzi alla prima, che va sino alla decima strofa, è la data 21 giugno 1817. Il Manzoni l'ha abbandonata, ma non cancellata. Le prime tre strofe son molto tormentate di varianti, e rifatte per intero due volte, prima di lasciare da parte. Sonavano così (la prima stesura della prima strofa non ha ancora a posto i versi tronchi):
1. Monte ove Dio discese, Ove su l'ardue nuvole Le ardenti ale distese La gloria del Signor, |
Caliginosa rupe, Ove ristette Adonai, E su le nubi cupe L'ignito solio alzò, |
[476] Salve, o pendice eletta Del solitario Sinai Salve infocata vetta, Ove il Signor posò. |
Salve, o solingo Sinai, Ov'ei, fra il tuono e il lampo De' suoi redenti al campo Il suo voler dettò. |
2. Ma tu più cara a Dio, Sionne, or di silenzio Coperta e non d'obblio, Vedova de' tuoi re; Tu bella un tempo e libera, Che bella ancor sarai, Tu che saluto avrai Che degno sia di te? |
Ma tu che un dì signora Fosti di tanti popoli, Che il sarai forse ancora, Sion, madre di re, Sepolta or nel silenzio Ma nell'obblio non mai, Tu che saluto avrai Che degno sia di te? |
3. Poi che su' colli tuoi Scese il potente Spirito, Che l'universo poi Empiè di sua virtù; Senza di cui l'amabile Legge di Dio che vale? Al duro cor mortale La legge è servitù. |
Fra la tua doppia cima Scese il promesso Spirito, Ivi diffuse in prima Le piene sue virtù; Senza di cui l'amabile Legge di Dio che vale? Al duro cor mortale La legge è servitù. |
Seguivano poi tre altre strofe, qua e là variate ma non rifatte. Esse dicono:
4. È face alta su l'onda
Che scogli e sirti illumina,
Che fa veder la sponda
Ma che non può salvar.
Invan da lunge il naufrago
Il suo periglio ha scorto,
Invan, ch'ei piomba absorto
Nel conosciuto mar.
5. Ma questa eterna in Dio
Pietosa Aura ineffabile,
Di cui giammai desio
[477]
Indarno un cor non ha;
Questa d'Adamo al misero
Germe il cammino addita,
E alla promessa vita
Gioja e vigor gli dà.
6. O del peccato ancella
E della colpa immemore
Terra, al Signor rubella,
Chi ti cangiò così?
Donde su tanta tenebre
Sì viva luce uscìa?
E su che fronti in pria
Dovea levarsi il dì?
La settima strofa appar ritentata più volte:
7. Come la piccioletta Prole al suo nido stringesi, E della madre aspetta Indarno il noto vol: Ella, tornando al tepido Nido con l'esca usata, Per l'aria insanguinata Cadde percossa al suol;... |
Qual, se gran tempo il fido Vol della madre aspettano, Treman ristretti al nido I non pennuti ancor: Lei, che reddiva al tepido Nido con l'esca usata, Nell'aria insanguinata Percosse il cacciator;... |
Come, ristretti al nido, I non pennuti parvoli Stanno aspettando il fido Vol della madre invan;... ..................... Cadde percossa al pian;... |
Come lo stuolo immoto Dei non pennuti parvoli Freme aspettando il noto Vol della madre invan;... ................... ................... |
Qual, se la madre è lunge,
Stringonsi al nido e chiamano [aspettano]
La madre che non giunge
I non pennuti ancor....
[478]
E poi ancora tre strofe:
8. Tal, poi che tratto al colle
Il buon Maestro esanime
Imporporò le zolle
Del suo sublime [eminente] altar,
Dei trepidanti Apostoli
Il mesto [l'orbato] stuol confuso
Solea sovente al chiuso
Ostello ricovrar;
9. Ove credenza al vero [al non visto vero]
Non diè [Negò] l'errante [Negò credenza] Didimo,
E fe' promessa......
Che vana al rischio uscì;
E poi che in nube il videro
Ascendere all'empiro,
Del suo promesso spiro
Ivi attendeano il dì.
[Da omettersi o da rifarsi.]
10. Ecco un fragor s'intese
Qual d'improvviso turbine;
Fiamma dal ciel discese
E sovra lor ristè: [Da correggersi.]
Sui labbri indotti [Sui rozzi labbri] il vario
Mirabil suono Ei pose,
Da quel parlar [E da quel suon] pensose
Pender le genti Ei fè.
[Rifiutato.]
Innanzi alla nuova forma è scritto: Ricominciato il 17 aprile 1819; e in fine: 2 ottobre. «Nessun altro inno ha più pentimenti, cancellature, tentativi di questo», scrive il Bonghi, che vi si sofferma. Io mi limiterò a notare che, dopo le prime due strofe, che gli fluirono[479] dalla penna come poi le stampò (salvo che, in luogo de' vv. 3 e 4 della 1ª, aveva prima scritto:
Custode e testimonio
Dell'alleanza eterna),
il Manzoni ritentò d'incastrare la tenera e cara similitudine, intorno a cui aveva tanto, e sì vanamente, lavorato nella prima stesura (str. 7ª e 8ª); ma anche questa volta dovè abbandonare per disperata l'impresa. Ecco i più notevoli tra i nuovi rimaneggiamenti:
Come in lor nido [macchia] i parvoli, Sparsi di piuma lieve, Cheti la madre aspettano Che più tornar non deve, Chè, discendendo al tepido Nido con l'esca usata, Per l'aria insanguinata Cadde percossa al suol.... |
Siccome augei che trepidi Invan da lungo il fido Vol della madre aspettano Cheti nell'alto nido; Ella, tornando al tepido Covo coll'esca usata.... [Ella che a lor sollecita Reddia coll'esca usata].... .......... |
Qual se, tornando al tepido Nido con l'esca usata, Cadde percossa tortora Per l'aria insanguinata; E all'improvviso strepito Udì fermarsi il volo; Trema l'imbelle stuolo Dei non pennuti ancor.... |
Siccome augei che pavidi, Chiusi nell'alte fronde, L'alata madre chiamano, Che al grido non risponde... .......... .......... .......... .......... |
Con questo cuor [Mesto così] degli undici
Il vedovo drappello
Giva in quei giorni a chiudersi
Nell'ignorato [Nel solitario] ostello.
Qual era il tuo principio,
Sposa immortal di Dio!
Timor, silenzio, obblio,
E inoperoso duol.
[480]
La magnifica strofa: Come la luce rapida... è costata molto lavoro. Da prima il Manzoni scrisse:
Felici turbe, in Solima
Nel sacro dì venute,
Che in sermon vario udirono
Il suon della salute;
E al gran principio attonite,
Pensar che in ogni lido
Risonerebbe il grido
Che da quel loco uscì.
Poi, cercò d'esprimere l'effetto della discesa dello Spirito sui popoli con una similitudine, che, ritentata, lasciò da ultimo a mezza strada:
Tale il pastor d'Elvezia, Col gregge errando in volta, Ad or ad or lo strepito D'acque sorgenti ascolta.... |
Tal nell'alpestre Elvezia Talor s'arresta il vago Pastor, là dove il Rodano Esce dal freddo lago.... |
Poi, si rifece alla prima forma (cfr. str. 6ª del primissimo getto):
O della colpa immemore
E delle colpe ancella,
Terra, divota agl'idoli
E al tuo signor rubella,
È nato il Sol che splendere
Dovrà sovr'ogni lido,
Porgi l'orecchio al grido
Che da Sionne uscì.
Poi, finalmente, spuntò la similitudine della luce; che si presentò così:
Qual sulla terra il rapido Lume del sol discende, E sulle cose in vario Color distinto splende.... |
Come la luce rapida Piove di cosa in cosa, E prende il color vario Del loco ove si posa.... |
[481] Come quaggiù la rapida Luce, dovunque posa, Va suscitando i varii Color di cosa in cosa.... |
Come la luce rapida Piove di cosa in cosa, E adduce i color varii Ovunque si riposa.... |
E seguitava:
Tal la parola, al fervido
Spirital soffio [Soffio repente] accesa,
In cento suoni intesa
Dalle tue labbra uscì.
A mezzo della strofa seguente, Adorator degl'idoli..., ripigliava:
Colui che spinge il fulmine Per l'infiammata [infocata] via, Che ai mari il turbo invia, E le rugiade al fior; |
Quei che comanda al fulmine, Quei che diè nome al cielo, Che sul romito stelo Fa germogliare il fior; |
Che diè la penna all'aquila,
Che sul tuo nobil viso
Scrisse il pensier, che ai bamboli
Diè l'ineffabil riso,
Che di sua man fra l'opere
Invan cercando vai
Quel che adorar non sai
Ma che ti senti in cor;
È un solo; è fuor dei secoli,
Generator perenne:
È Verbo eterno, è spirito
Che oggi a salvar ti venne.
A Lui dall'empie immagini
La terra alfin ritorni;
E voi che aprite i giorni
Di più felice età,....
Dopo il verso Nel suo dolor pensò?..., ripigliava:
[482]
Dalle infeconde lagrime
Una speranza è nata,
Che sugli erbosi [sui deserti] tumuli
Siede pensosa [tranquilla] e guata,
E alzando il dito, al vigile
Pensiero un calle [segno] accenna,
Che l'immortal sua penna
Tutto varcar [Oltrepassar] non può.
Oh vieni ancora, o fervido
Spiro, nei nostri seni;
Odi, o pietoso, i cantici
Che ti ripeton: Vieni!
A te la fredda Vistola,
A te risuona il Tebro,
A te la Senna e l'Ebro,
E il Sannon mesto a te.
Te sanguinose invocano
Consolator le sponde
Che le vermiglie cingono
E le pacifich'onde;
Te salvator l'armigero
Coltivator d'Hajti,
Fido agli eterni riti,
Canta, disciolto il piè.
Vieni!, a te grida il Libano,
Il Libano fedele,
Ove crescean sì vividi
I cedri ad Israele.
Oggi il fedel che al Golgota
La vuota tomba adora,
Dove scendesti allora
Prega che scenda ancor.
Oh scendi, altor di Vergini,
Allevator [Suscitator] di prodi;
Tu che spirar negli animi
I santi pensier godi,
[483]
Quei che formò, benefica
Nutra la tua virtude;
Siccome il sol che schiude
Dal pigro germe il fior,
Che lento poi, sulle umili
Erbe, morrà non colto,
Nè sorgerà coifulgidi
Color del lembo sciolto,
Se l'almo sol nol visita
Nel mite aer sereno,
Se non gli nutre in seno
La vita che gli diè.
Scendi nel cor, cui l'arida
Via dell'esiglio piace,
Che già divorai gaudii
Dell'avvenir fallace;
.....................
.....................
Sgombra da' nostri petti
Ciò che immortal non è.
Ma se talor dal piangere,
Dal bramar vano affranti,
Cadiamo, in sulla sterile
Via del deserto, ansanti
.....................
.....................
Ma qui gli fallì la lena. Vi scrisse più tardi: Ripreso di nuovo il 26 settembre 1822. Ricopiò la strofa: Perchè, baciando i pargoli.... e ad essa fece seguire le altre, di poco variate.
[484]