VII.

L'inquietudine, connaturale all'uomo finch'egli rimane su questa terra dove non può giungere al suo ultimo fine, fa sì ch'egli sia sempre scontento del proprio stato, e supponga che maggior riposo si trovi nelle altre condizioni. Quindi quella opinione, comune agli uomini che vivono nell'agitazione degli affari e nelle pompe mondane, che nelle condizioni che si chiamano inferiori si trovi maggior contentezza d'animo. Il fatto è però che anche in esse domina la medesima inquietudine. Mi sembra dunque che i poeti rappresentino al vero la natura, quando dipingono i potenti mossi da una certa invidia degli uomini privati e oscuri, in quelle circostanze però in cui sentono più vivamente il dolore e il vuoto dello splendore mondano. Ma quando il Tasso rappresenta il famoso pastore che accoglie Erminia, pago della sua sorte, cade, mi sembra, in un errore volgare, immaginando l'animo del pastore non quale doveva essere, ma quale doveva sembrare ad Erminia. Ogni finzione che mostri l'uomo in riposo morale, è dissimile dal vero. Essa tende a confermarci nel costume che abbiamo, pur troppo, di dedurre una falsa conseguenza da un fatto pur troppo reale; cioè dal non esser noi sodisfatti che altri, in circostanze diverse dalle nostre, possano esserlo. - Vedi, per confronto, la famosa scena di Agamennone col vecchio nella Ifigenia in Aulide di Euripide. - Ag: Beatum te judico, o senex: Beatum judico virorum[412] quicumque non periculosam Vitam transegit ignotus, inglorius: Eos vero qui in honore versantur, minus beatos judico. - Senex: Atqui decus est ibi vitae».

Poetica è quindi assai la rappresentazione delle rimembranze meste del passato che ci sembra essere stato più felice per noi, e delle speranze dell'avvenire; ma deve il poeta far sentire la vanità di questi sentimenti. A chi dicesse che la poesia è fondata sull'immaginazione e sul sentimento, e che la riflessione la raffredda, si può rispondere che più si va addentro a scoprire il vero nel cuore dell'uomo, più si trova poesia vera. Non è però che non si possa godere una certa tranquillità in questo mondo, ma essa viene da principj soprannaturali, ed è falso che sia tolta dalla natura stessa delle cose e dei desiderj nostri.

*

Se gli uomini seguissero i precetti del Vangelo, godrebbero fra loro tutta quella pace che si può avere a questo mondo. Le gare vengono dal volere ognuno possedere quelle cose che il mondo chiama beni: il Vangelo insegna a sprezzarli. Ognuno se ne ritirerebbe, e aspirerebbe a quei beni per cui non ci può esser gara litigiosa, essendo essi infiniti, e potendo ognuno acquistarli, non solo senza privarne gli altri, ma cooperando a farli acquistare agli altri. Mirabile sapienza del Vangelo! e mirabile corruttela dell'uomo!

Share on Twitter Share on Facebook