L'Ira d'Apollo

PER LA LETTERA SEMISERIA DI GRISOSTOMO

Vidi (credi, se il vuoi, volgo profano!),

Vidi, là dove innalzasi

E nel Lario si specchia il Baradello,

Il delfico calar Nume sovrano,

E su la torre aerea

Ristar dell'antichissimo castello;

Gli spirava dal volto ira divina,

E da la chioma odor d'ambrosia fina.

Sperai che, quale in su la rupe ascrea

O sul giogo parnassio,

Dolce suono ei trarria da la sua cetra:

Ma il Nume che tutt'altro in testa avea,

Piegando il braccio eburneo,

Volse la man sul tergo a la faretra;

Con due dita ne colse acuto strale,

L'arco tese: fremè l'arco mortale.

Ove su l'ampio verdeggiar de' prati,

Fra i balli de le Najadi,

Sorge l'alta Milan, la mira ei volse.

Mi comprese terror pei Lari amati,

E da le labbra tremule

La voce a stento ad implorar si sciolse:

«Ferma, che fai? Deh! non ferir, perdona,

Santo figlio di Giove e di Latona!»

[534]

Al dardo impazïente il vol ritenne,

E a me rivolto in placido

Sembiante, a dir mi prese il dio di Delo:

«Fino a noi da que' lidi il grido venne

D'uomo a sfidar non pavido

Tutti gli Dei, tutte le Dee del cielo:

E l'audacia di lui resta impunita?

Pera l'empia città che il lascia in vita!»

«Deh! per Leucotoe», io dissi, «e per Giacinto,

Per la gentil Coronide,

Per quella Dafne sovr'ogni altra amata

De la cui spoglia verde il capo hai cinto,

Poni lo sdegno orribile,

Frena la furia de la destra irata:

Pensa, o signor di Delfo, almo Sminteo,

Che se enorme è la colpa, un solo è il reo.

«Un solo ha fatto ai numi vostri insulto,

Spinto da l'atre Eumenidi,

Egli è il solo fra noi che non vi adora:

Non obbliar per lui degli altri il culto;

Vedi l'are che fumano,

Vedi il popolo pio che a voi le infiora;

Ascolta i preghi, odi l'umil saluto

Che il Cordusio ti manda e il Bottonuto.

«Tutto è pieno di voi. Qual rio cultore

Non invocata Cerere

I semi affida a l'immortal Tellure?

A dubbia impresa chi rivolge il core

Se a la cortina delfica

Il vel non tenta de le sorti oscure?

Qual è il nocchier che sciolga al vento i lini

Pria di far sacrificio a' Dei marini?

«Voi, se Fortuna a noi concede il crine

O volge il calvo, amabile

E perenne argomento ai canti nostri!

Così le greche genti e le latine

[535]

Voi regnator cantavano

E degli olimpj e dei tartarei chiostri;

E noi, che siam credenti al par di loro,

Non sacreremo a voi le cetre d'oro?

«Sommo Tonante, occhi-bendato arciero,

De la donzella sicula

Buon rapitor, che regno hai sopra l'ombre;

Tu che dal suolo uscir festi il destriero;

Giunon, Gradivo, e Venere;

Tu che il virgineo crin d'ulivo adombre:

Io per me mi protesto, o Numi santi,

Umilissimo servo a tutti quanti.

«Fa luogo, o biondo Nume, al mio riclamo;

Non render risponsabile

Per un sol che peccò tutto un paese;

Lascia tranquilli noi, che rei non siamo;

E le misure energiche

Sol contra l'empio schernitor sien prese».

Tacqui, e mi avvidi al suo placato aspetto

Che il biondo Dio gustava il mio progetto.

Lo stral ripose nel turcasso, e disse:

«Poi che quest'empio attentasi

Esercitar le nostre arti canore,

Queste orribili pene a lui sien fisse:

Lunge dai poggi aonii

Sempre dimori, e da le nove Suore;

Non abbia di castalia onda ristauro;

Nè mai gli tocchi il crin fronda di lauro.

«Salir non possa il corridor che vola,

Non poggi mai per l'etera,

Rada il basso terren del vostro mondo;

Non spiri aura di Pindo in sua parola:

Tutto ei deggia da l'intimo

Suo petto trarre e dal pensier profondo;

E sia costretto lasciar sempre in pace

L'ingorda Libitina e il Veglio edace.

[536]

«E perchè privo d'ogni gioja, e senza

Speme si roda il perfido,

Lira eburnea gli tolgo e plettro aurato!»

Un gel mi corse a la feral sentenza;

E sbigottito e pallido,

Esclamai: «Santi Numi, egli è spacciato!

E come vuoi che senza queste cose

Ei se la cavi?» - «Come può», rispose.

Tacque il Nume, e ristette somigliante

A la sua sacra immagine

Che per greco scarpel nel marmo spira;

Dove negli atti e nel divin sembiante

Vedi la calma riedere,

E sul labbro morir la turgid'ira:

Spunta il piacer de la vittoria in viso,

Mirando il corpo del Pitone anciso.

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