El defeto xe nel mànego.

Il peso della croce – Il solco cresce – L'occasione perduta – La cicatrice d'un amore – I due pazzi – La catena di menzogne.

Ed io penso che, in questo, il popolo americano abbia ragione. Nemico degli artificii, esso ha ridotto il fidanzamento ad un semplice contratto di volontà, che si piegano l'una verso l'altra, per preparare la via all'amore, che verrà, in tutto il suo fulgore vittorioso, il giorno in cui un pastore unirà le due mani e le due sorti, con brevi parole.

Fino a qual giorno, i fidanzati vivono accanto, da fratelli e da camerati, occupandosi di tutto tranne che di ciò che riguarda i loro cuori, senza espansioni vane e senza tenerezze platoniche, assai diversi da noi latini, esuberanti per natura, poeti per tradizione e che, nel periodo del fidanzamento, sentiamo ad ogni istante la catena troppo corta che ci ferma a mezza via e ad ogni crocicchio vediamo un palo indicatore con un cartello che proibisce qualche cosa, come nei giardini pubblici.

Egli è che, a differenza del fidanzato americano, che serba la sua libertà e la lascia alla sua fidanzata, il fidanzato latino diventa una parte integrante, direi quasi un'appendice della famiglia della fidanzata, ed ha il diritto e l'obbligo, insieme, di formare, almeno in pubblico, una sola cosa con lei: diritto che in privato, e quando potrebbe servirgli più volentieri, gli è immediatamente ritolto dalla previdente sorveglianza suoceresca.

Il fidanzato, nel nostro mondo, è l'ombra della fidanzata. La segue dovunque, in società come a teatro, alla messa come ad una visita: diventa ingombrante per i padroni di casa, umoristico per i terzi, noioso, forse, per la sua fidanzata. Presentato dovunque nella sua qualità, egli è soggetto all'esame di tutti come una bestia rara ed ha i commenti di tutti come un personaggio lievemente buffo. Gli amici della signorina lo guardano con diffidenza, come un intruso; le amiche si sforzano di trovarlo alquanto ridicolo, salvo a tentare di farlo cascare in qualche flirt, per far dispetto all'amica.

Ed egli finisce col sentire, a poco a poco, il peso della sua grande felicità, come Cristo sentiva quello della sua croce, che avrebbe redenta l'umanità, è vero, ma a spese di molte amarezze e di molte cadute.

Questa sua funzione ufficiale, che somiglia a quella dei portatori di pipe e di ventagli nei cortei dei rajahs indiani, gli mette indosso una specie di malinconia, alla quale reagisce con piccoli dispetti all'indirizzo di qualcuna che è una vittima come lui: la fidanzata.

E cominciano le proibizioni, i puntigli, le letterine sarcastiche, le piccole assenze, tutto l'arsenale infantile e pungente del fidanzato irritato.

Egli sente d'avere dei diritti che non può esercitare liberamente senza urtare nella volontà dei futuri suoceri, e li esercita, allora, celatamente, imponendo questo o quello, e diventando ingiusto e cattivo quando, senza sua colpa, la fidanzata non può obbedirgli.

Incomincia, allora, quel periodo di sorde ostilità, di malumori reciproci, di equivoci crescenti, che, senza parere, scavano un solco tra i due. La poesia della prima ora è finita: ciascuno sente che c'è qualche cosa, nell'altro, che non gli va.

Ma l'occhio del mondo impone che si finga; la riflessione, talora, consiglia a non approfondire, e si tira innanzi, così, senza potere, talvolta, venire a una spiegazione che aggiusterebbe ogni cosa, perchè, proprio nell'ora in cui la sincerità è sulle labbra dei due e i cuori stanno per confessare la loro vicendevole colpa, chiedendo a un minuto di affetto il perdono del sospetto reciproco, la mamma, la sorella maggiore, la zia, la serva o il cane si piantano di fazione e mettono in funzione il contatore della corrente. Naturalmente, le lampadine... finiscono con lo spegnersi.

Quando il solco è troppo profondo, le radici dell'amore restano allo scoperto, come quelle degli alberi quando l'aratro fu imprudente, e, al primo cambiamento di temperatura, possono essere colpite mortalmente. Il fidanzamento è rotto, e si ha, allora, lo spettacolo doloroso e bizzarro di vedere quest'uomo che, per un anno, o due, o cinque, è vissuto accanto a quella fanciulla, in un'apparenza di tenerezza che strappava le lagrime, diventarle indifferente, passarle accanto senza un fremito, incontrarla senza un saluto e senza un rimpianto.

Nove volte su dieci, la cicatrice rimargina presto: la decima volta non si rimargina più, e vi ha chi porta, attraverso la vita, l'agonia di un amore che non seppe morire e che ha distrutto, a poco a poco, l'anima in cui è rinchiuso, come il tarlo rode le fibre del legno in cui è annidato.

E guai quando l'amata non valeva questo amore e il sacrifizio di una vita fu vano! E gran fortuna, invece, quando una sapiente rottura impedì un'infelicità, maggiore!

Ricordo, a questo proposito, quanto mi narrava un amico, della visita fatta, qualche tempo fa, a un manicomio maschile.

— Vedete questo giovane? – gli diceva il custode, indicandogli un disgraziato che meditava in un angolo, senza muoversi. – Egli è là, al suo posto, da dieci anni, da quando fu licenziato da una fanciulla che amava, e che lo piantò per sposare un altro....

Il mio amico si sentì stringere il cuore ed uscì dalla stanza. Ma urli furiosi lo arrestarono nel corridoio. Guidato dal custode, si avvicinò a un finestrino e vide una cella imbottita, la cella dei deliranti, e uno sciagurato con i capelli arruffati che dava nel capo nelle pareti.

— E questo? – chiese sottovoce al custode.

— Questo?.... È.... l'altro!...

Ma non sempre il solco è tale da spezzare il vincolo che lega, di qua e di là, i due fidanzati: e questo vincolo, fiaccato, allentato, corroso, resta come un reciproco castigo. È allora che si comincia a mentire, e lo spirito si addestra a una ginnastica di piccole falsità che vi pullulano dentro come i vermiciattoli nel Gorgonzola. Il labbro dice quel che il cuore non sente; le lettere sono un tessuto di bugie, e si scrivono senza rimorso e si leggono senza interesse. Ciascuno sa che l'altro finge e non si cura di andare a fondo, per una specie di pigrizia, e per avere, dal canto proprio, il diritto di fingere a sua volta. E si arriva, così, al matrimonio, stanchi, senza entusiasmi e con tale una pratica di inganni e di tradimenti che il matrimonio non fa che allargarla su più vasta scala e preparare quelle coppie infelici che trascinano un vincolo con la buona grazia con cui i facchini delle stazioni trascinano, in due, un bagaglio ingombrante.

E tutto il periodo del fidanzamento, che dovrebbe servire a far conoscere colui o colei con cui si dovrà dividere la vita, finisce con l'essere un tirocinio d'ipocrisie scambievoli, in cui ciascuno mostra di sè quel che vuole e impara ben presto a celare ciò che non gli conviene far palese.

E, in questa strategia profonda, l'amore si spegne per tisi, come la Signora dalle Camelie.

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