Le confessioni di Ferrer

L’importanza, veramente grande, di queste deposizioni che attestano come Ferrer, nello stesso giorno 29 luglio, abbia diretto gli avvenimenti e pongono in rilievo la sua posizione di capo e l’impulso da lui direttamente dato al movimento, è ancora superata dalle testimonianze del signor Lorenzo Ardid e dei soldati del reggimento «Dragoni di Santiago», Claudio Sanchez, Jugo e Michele Calvo.

Ardid ci dice nella sua dichiarazione, fatta nel processo intentato contro di lui (foglio 368 ratificato nel foglio 395-bis) che nel giorno 29 egli stava prendendo il caffè nella Casa dei Popolo, quando entrò Ferrer che lo salutò, dicendogli che gli doveva parlare a quattr’occhi. Il teste rispose: «Quando lei vuole» Ferrer domandò allora che cosa il teste pensasse degli avvenimenti. Ardid rispose: «È cosa finita, giacchè questo è un genere di protesta che non può partire di qui». Ma Ferrer insistette chiedendo . «Lei crede che la cosa non debba uscire di qui?». Il teste confermò con risolutezza. Allora Ferrer rimase muto, mentre Ardid gli voltò le spalle e avvicinatosi ad uno dei soci, gli disse, additandogli Ferrer: «Dica a quel signore che se ne vada subito per la porta falsa». L’altro eseguì subito l’incarico. Ardid aggiunse che seduto allo stesso tavolo con Ferrer stava anche Litran, e sospetta fortemente che sia stato Ferrer uno degli organizzatori della rivolta. Questa dichiarazione è di notevole importanza, non solo in sè stessa, ma anche perchè Ardid, nel suo confronto con l’imputato Ferrer, (foglio 414) l’ha tutta confermata con straordinaria energia. Ferrer che durante l’istruttoria aveva negato di essere stato alla Casa del Popolo, ha dovuto finire per confessare ch’egli non intendeva negare assolutamente di esservi stato e che, desiderando vedere Litran, era naturale che vi fosse andato. Il Ferrer dovè ammettere di aver visto Ardid il 29 luglio.

Da parte loro i soldati Claudio Sanchez e Michele Calvo confermano la dichiarazione dell’agente di P. S. Angio Fernandez Barmeyo, riguardo a quanto avvenne nella piazza Antonio Lopez (fogli 484, 485 e segg.): essi dicono che verso le 5,30 dello stesso giorno 29 luglio, cioè quando cominciarono a prestar servizio di sentinella in detta piazza Antonio Lopez, furono molto meravigliati di vedere, in mezzo all’aggruppamento, un individuo vestito diversamente dagli altri che sembravano operai. Quell’individuo portava un abito turchino e un cappello di paglia coll’ala anteriore ripiegata sulla fronte e quella posteriore rialzata. Quando l’aggruppamento si sciolse l’individuo in questione fissò in viso Claudio Sanchez e gli chiese, indicando il bando affisso alla parete:

«Non è forse permesso di leggere questo?».

Queste dichiarazioni di due soldati sono di evidente importanza non solo per il loro valore intrinseco, ma altresì perchè ambedue, per tre volte en rua De Pretos hanno riconosciuto in Francisco Ferrer Guardia l’individuo a cui si riferiscono le loro deposizioni (fogli 488 e 489).

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Abbiamo riportato le principali deposizioni che una corrispondenza al Momento di Torino ha riassunte. Altre moltissime ve ne sono che provano la preparazione voluta da Ferrer con le sue circolari e i suoi proclami anarchici e la direzione assunta da lui nell’opera incendiaria e criminosa e, infine, la fuga da Barcellona, confermata dal teste Francesco Domenech e da altri cinque, dopo di essersi rasa la barba ed essersi messi dei baffi posticci, per non farsi cogliere dalla polizia che già cominciava l’opera punitiva.

Ma ci pare abbastanza, e ci arrestiamo qui. La pubblicazione del dossier completo, del resto, sarà fatta fra giorni e largamente diffusa, e proverà ad evidenza quello che noi prevedemmo e scrivemmo in giorni non sospetti, quando cioè la verità era stata coperta da un cencio rosso e trascinata alla gogna. Ora essa è balzata fuori dal suo sudario. Che i popoli la veggano intera!

FINE.

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