4.

Quando riapri gli occhi le occorse qualche istante per capire dov’era. Mentre si tirava su, ricordò di essere nuda, coperta solo da un telo, ma subito si rese conto che qualcuno, durante la notte, doveva avere aggiunto una trapunta. Le parve che, sulla brandina, Claire dormisse ancora. Marie trattenne il fiato, attenta a non fare alcun rumore. Si rivesti in fretta e sgattaiolò fuori.

Un chiarore a est, in direzione del foborgo, annunciava l’aurora. Attraversò le strade di Parigi come un fantasma, nell’ora di confine che non è più notte e non è ancora giorno, nella quale due specie d’umanità si dànno il cambio. Carbonaie e panettieri subentravano a prostitute e borseggiatori, mentre i lumai spegnevano i lampioni.

Marie non guardava in faccia nessuno, filava dritta attraverso il centro della città. Voleva giungere a casa prima che il foborgo si svegliasse e qualcuno la vedesse rientrare a quell’ora. Avrebbero pensato che si era messa in strada, a fare il mestiere, come capitava a tante vedove che dovevano sfamare i figli. Lei no, non l’avrebbe mai fatto. Meglio rubare, piuttosto. Ai ricchi, s’intende, non certo ai poveracci, ché derubarsi tra poveri era la cosa più smerda che si potesse fare. Quel pensiero la riportò all’incontro con Ledere. Era così giovane, eppure sembrava più grande della sua età, sembrava... Le mancarono i termini per descriverlo, ma c’era qualcosa di irritante e al tempo stesso interessante in un garzo così. Viveva con due donne più vecchie di lui, senza averne sposata nessuna. Marie sorrise ancora al pensiero che avrebbe dovuto scandalizzarsi e invece non ci riusciva.

Lei e Jacques erano stati assieme due anni senza essere sposati, da quando si erano conosciuti al Campo di Marte, il giorno del tradimento di Lafayette. Quando la guardia nazionale aveva aperto il fuoco, Marie si era ritrovata in mezzo al fuggi fuggi, in un groviglio di corpi che avrebbe potuto soffocarla. Jacques l’aveva presa per mano, proprio lei, una sconosciuta, e l’aveva portata a ridosso di un muro, intimandole di arretrare rapida, ma senza correre, appoggiandosi alla parete per non perdere l’equilibrio. Cosi ne erano usciti insieme. E da allora non si erano lasciati finché lui non aveva deciso di arruolarsi per la patria. Chissà, forse se fosse tornato le avrebbe chiesto di sposarlo, ma non le importava. Quello che le mancava era la possibilità di aprirsi a qualcuno, di ricevere una carezza. A volte, la sera, si scopriva a passarsi la mano sulla guancia, immaginando che fosse di qualcun altro. Il gesto di Claire della sera prima, tanto immotivato quanto delicato, l’aveva messa davanti a questa evidenza. Erano mesi che il suo corpo non veniva toccato da nessuno. Mesi che sgobbava senza tregua, al punto di essere completamente ignara di sé stessa.

Continuò a camminare fino alla piazza della Bastiglia, dove un tempo sorgeva la fortezza. Sant’Antonio si stava svegliando, lattai e giornalaie iniziavano il loro giro, mentre i fornai, che l’asino se li fottesse, aprivano bottega e invadevano le strade con l’odore del pane caldo, la condanna degli affamati. Marie senti lo stomaco gemere. Non mangiava dal giorno prima. Davanti alla bottega le donne erano in fila e già scoppiavano alterchi.

Pensò che a casa avrebbe trovato un po’ di pane e formaggio. Bastien non sarebbe arrivato prima del mezzogiorno. Di sicuro avrebbe trascorso la mattinata a sbrigare gli uffici di Treignac. Frugò nella tasca della sottana in cerca delle chiavi di casa, girò l’angolo della via e si bloccò all’improvviso.

Davanti alla sua porta c’era un uomo.

Jacques.

Il cuore prese a batterle all’impazzata.

Le dava le spalle, ma era lui, ne era certa, riconosceva l’attaccatura dei capelli, la schiena larga... Si avvicinò senza avere il coraggio di chiamarlo, fino ad arrivare a pochi passi. Solo allora l’uomo avverti la sua presenza e si voltò.

La delusione fu come un risucchio, come scivolare tutta intera dentro il buco che aveva nello stomaco.

Non era Jacques. Era quel saltimbanco, l’italiano. Quello del cannone. Quello che si diceva avesse dato una lezione a Pelledoca.

Marie pensò che a giudicare da come la stava guardando, doveva avere un’aria da pazza.

– Cosa volete a quest’ora? – chiese.

– Vorrei non farmi vedere qui, – rispose lui a tono. Le mostrò un fagotto che teneva sottobraccio. – È per il vestito. Si è strappato.

Marie si guardò attorno. Il vicolo era ancora deserto. Si spicciò a farlo entrare. Non aprí le imposte. La stanza rimase immersa nella penombra.

Gli prese di mano il fagotto e diede un’occhiata all’abito. Era lacerato in più punti.

– Avete voluto cucirvelo da voi e questo è il risultato –. Marie gettò l’abito strappato sul tavolo. – Sbrisga. C’è poco da fare.

– Lo so, – disse lui. – Me ne serve uno nuovo.

Marie si sentiva strana. La prima volta che quell’uomo era andato da lei per comprare gli avanzi di stoffa non aveva notato la somiglianza con Jacques, ma adesso, complice forse la poca luce, le pareva di avere li il suo uomo. Forse, pensò, la testa le stava giocando un brutto scherzo, non voleva rassegnarsi dopo avere creduto che Jacques fosse tornato davvero. Forse stava diventando pazza.

– Serve un tessuto più forte. Vi costerà, – disse Marie.

I loro sguardi si incontrarono al di sopra degli stracci.

– Non ho denaro, – rispose lui.

– Come mi pagate?

– Mi metto al vostro servizio.

– Al mio servizio? – chiese Marie incredula. – Mica sono una dama, io.

– Al servizio vostro e della gente del foborgo, – rispose l’uomo. – So chi siete e come la pensate.

Marie squadrò l’uomo e avanzò di un passo. Visto da così vicino, la somiglianza con Jacques non si notava nemmeno. Era diverso, eppure simile. La bocca era diversa, ma forse il naso, si, il naso aveva la stessa linea.

– Secondo voi io posso lavorare per niente?

– Non per niente. Per spaventare gli approfittatori. O monopolatori, come li chiamate qui al foborgo.

Marie rifletté, anche se le costava fatica.

– Siete stato voi a conciare Solin? – chiese.

Sulle prime l’uomo rimase zitto. Alla fine annuí, in attesa della sentenza.

– Volete beccarli a uno a uno? E che ne sapete voi? Siete un attore.

– Le vostre amiche, – disse lui. – Loro mi hanno dato una lista. Sono venute all’osteria e me l’hanno consegnata senza dire niente.

– Georgette e le altre? Sacrodio. Be’, perché non vi siete fatto fare il vestito da loro?

L’italiano la guardò ancora in un modo che le ricordò Jacques.

– Perché ho conosciuto voi.

In un altro frangente Marie non si sarebbe accontentata di quella risposta, ma adesso non le importava. Si rivide altrove, a mollo nella tinozza, il corpo rilassato nell’acqua fresca, dall’altra parte della città o del mondo. Quella sensazione di leggerezza era come l’eco in fondo a un vicolo, come se un’altra Marie le rispondesse da lontano per attirarla a sé.

– Come lo volete il vestito? – chiese. La voce le uscí incerta e affannata.

– Non so... Che faccia paura.

Marie sospirò. – Mettetevi accanto alla finestra.

Da una fessura delle imposte filtrava un taglio di luce. L’italiano si piazzò proprio su quello e allargò le braccia in un gesto che poteva significare una resa o l’offerta di un abbraccio forte. Marie andò a prendere il regolo da sarta e lo distese lungo le braccia, lo distese sul petto, lo distese sui fianchi e infine sulle gambe. In un lampo le ripassò davanti agli occhi l’immagine di Claire che si protendeva verso di lei.

Fece la stessa cosa. Allungò la mano e sfiorò il naso dell’italiano. Si, sembrava quello di Jacques.

L’uomo non reagì, non disse nulla.

La porta si aprí e la figura esile di Bastien si stagliò sull’uscio. Rimase per un istante immobile, prima di entrare con un cenno di saluto alla madre e un’occhiata fredda all’uomo.

– Ho molto lavoro, – disse Marie scostandosi dall’italiano. – Non tornate prima di dieci giorni.

Il tono era spiccio. Non ci fu bisogno di altre parole. L’uomo mormorò un ringraziamento e uscí nella luce nuova del giorno.

COMITATO DI SALUTE PUBBLICA

Estratto dalla seduta del I° luglio 1793

(anno II della Repubblica francese)

Su denuncia fatta a questo comitato di un complotto contro la libertà pubblica, volto a restaurare in Francia la monarchia, portando sul trono l’erede del fu Luigi XVI, QUESTO COMITATO delibera che il giovane Luigi Carlo, di anni otto, figlio del Capeto, sia separato da sua madre e sistemato in un appartamento a parte, il meglio difeso di tutti i locali del Tempio.

FIRMATO

Hérault

Jeanbon Saint-André

Danton

Barère

Couthon

Berlied

Cambon

Estratto dai

REGISTRI DELLA PRIGIONE DEL TEMPIO

Il 3 luglio 1793, alle ore nove e mezzo della sera, noi, commissari di servizio, siamo entrati nell’appartamento della vedova Capeto, alla quale abbiamo notificato la delibera del comitato di salute pubblica della Convenzione nazionale, del I° corrente mese, invitandola a conformarvisi. Dopo diverse rimostranze, la vedova Capeto si è infine convinta a consegnarci suo figlio, che è stato condotto nell’appartamento designato dalla delibera del consiglio di quest’oggi, e messo nelle mani del cittadino Simon, che se n’è fatto carico. Osserviamo, in sovrappiù, che la separazione si è fatta con tutta la sensibilità che ci si doveva attendere in tale circostanza, nella quale i magistrati del popolo hanno avuto ogni riguardo compatibile con la severità delle loro funzioni.

FIRMATO

Eudes

Gagnant

Arnaud

Véron

Cellier

Devèze

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