3.

Vivevano all’ultimo piano di un vecchio edificio, in un appartamento ricavato sotto le travi del tetto. Appena entrata, Marie vide un divano logoro e mezzo sfondato.

Nella parete c’era un camino, e sulla mensola un paio di candelabri smoccolati, che insieme a una lampada a olio erano l’unica luce. Accanto al camino, una grande tinozza di legno. Nella tinozza, un uomo. Molto giovane, con folte sopracciglia nere. Fumava la pipa, mentre leggeva un giornale. Salutò le donne con un gesto. Pauline lo raggiunse, sedette sul bordo della tinozza e lo baciò sulla guancia. Lo stesso fece Claire.

Marie osservò la scena senza capire.

– Ti presento Théo, – le disse Pauline. – Théo, questa è Marie Nozière. Marie ha proposto alla società di requisire i carri dei generi alimentari e di rivenderli a un giusto prezzo.

– Nientemeno, – commentò l’uomo senza scomporsi.

– Ma non v’eravate riunite per dare il vostro sostegno alla costituzione?

La domanda cadde nel vuoto. Marie credette di arrossire e senti montare il disagio. Si era già pentita di avere accettato l’invito a salire, ma era troppo stanca per tornare indietro. Decise di fare buon viso a cattivo gioco.

Claire raggiunse il divano, lasciò cadere lo scialle e si tolse le scarpe. Prese a massaggiarsi i piedi.

– Siediti, – disse a Marie. – Ora ti verso un bicchiere di vino. Dovremmo averne da qualche parte.

– Ci penso io, – disse Pauline.

Poco dopo tornò con fiasco e bicchieri.

Da seduta, Marie dava le spalle all’uomo. Pensò che forse Claire le aveva lasciato quella parte di divano per toglierla dall’imbarazzo di trovarsi di fronte un uomo nudo. Bevve il vino e, poiché non aveva cenato, lo senti subito sprigionare calore nello stomaco e alleggerirle i pensieri.

Udì l’uomo alzarsi dalla tinozza e sgocciolare sul pavimento. Comparve avvolto in un telo, un braccio scoperto a prendere il bicchiere che Pauline gli offriva. A Marie ricordò uno di quegli antichi Romani che si vedevano nei bassorilievi.

– Articolo 19 della nuova costituzione, – declamò il giuliocesare. – «Nessuno può essere privato di una minima parte della sua proprietà, se non col suo consenso, o nel caso lo esiga una necessità pubblica legalmente riconosciuta». Se volete togliere le merci ai legittimi proprietari, dovete aspettare una legge. Altrimenti, siete contro quella costituzione che volete far votare. E se siete contro la costituzione, siete nemiche della Repubblica.

Marie lo fissò interdetta, ma l’uomo non parve dare troppa importanza al suo silenzio. Sorseggiò il vino con calma. Marie valutò che doveva avere qualche anno meno di lei e si decise a rispondere.

– Quell’articolo mi sta bene. Mica vogliamo rubare la roba. I contadini e i bottegai hanno diritto al loro guadagno, solo che dev’essere un guadagno equo. Non possono decidere i prezzi come pare a loro.

Marie notò che le due donne si scambiavano un’occhiata.

– Théo... – disse Claire, ma lui la ignorò, rivolgendosi ancora a Marie.

– Qualche giorno fa, Jacques Roux ha chiesto di aggiungere un articolo alla nuova costituzione. «La Repubblica protegge la libertà di commercio, ma punisce l’aggiotaggio e l’usura». Ha ricevuto grandi applausi, ma alla fine la modifica non è passata. Ora Robespierre, Hébert, tutti quanti, si sgolano a dire che questa costituzione è la migliore che si sia mai vista. Meglio di Licurgo, di Solone, di Epitteto. Ma è una costituzione che protegge gli accaparratori e gli usurai, altro che ciance.

Marie strinse gli occhi, come per mettere a fuoco, insieme al volto dell’uomo, anche le sue parole.

– Mica lo capisco, dov’è che volete arrivare, – ribattè come stesse pensando a voce alta. – Prima mi avete detto che non si deve andare contro la costituzione. Adesso mi dite che la costituzione difende gli accaparratori.

– Non ho detto che non dovete andare contro la costituzione: ho detto che se lo fate vi prendono per una provocatrice, un’agente della monarchia. Volete le merci di prima necessità a un giusto prezzo? Volete la morte per gli accaparratori ? Io si, e proprio perché lo voglio vi dico che non è questo il momento di andare contro la costituzione. Siamo a un passo dal far approvare una legge...

– Aaah, ho capito, – sbottò Marie. – Il vostro discorso l’ho già sentito mille volte: non è questo il momento, state buoni, i problemi sono tanti, faremo le leggi. Be’, vi dirò, io di felicità non ne ho mai avuta molta in vita mia, però la fame si, quella la conosco bene, ed è un problema che lo devi risolvere subito, perché a mangiare solo cipolle si va avanti al massimo una settimana. I saccheggi di febbraio non sono piaciuti a nessuno, però ci hanno permesso di passare l’inverno. E poi, per paura che se ne facevano degli altri, ecco che la Convenzione ha votato la legge sul prezzo massimo del grano!

– A febbraio non c’ero, – disse Théo, l’antico Romano.

– Stavo a Lione, ma so che Roux si è vantato in consiglio comunale di aver incitato al saccheggio dei negozi. In febbraio le cose erano molto diverse, la Convenzione era in mano ai brissotini. Oggi invece comanda la Montagna, che ha sconfitto i suoi avversari grazie al popolo di Parigi. Un debito che possiamo costringerla a pagare. E poi non sono tutti dei Danton, tra loro c’è anche gente come Marat. O non vi fidate nemmeno di Marat?

All’udire il nome dell’Amico del Popolo, le teste di Claire e Pauline si misero ad annuire come di fronte a un’incontrovertibile verità.

– Io mi fido del mio stomaco e dei miei occhi, – disse invece Marie. – Il mio stomaco mi dice che quel che riesco a comprare al mercato non basta per me e per mio figlio, i miei occhi vedono che i ricchi hanno da mangiare. Chissene di chi siede alla Convenzione, al comune o all’assemblea di sezione!

L’uomo si zittí e la osservò a lungo. Il naso piccolo e aquilino gli dava un’aria torva, da pensatore, mentre il fisico sembrava forte e ben tornito.

– Che mestiere fate? – chiese all’improvviso.

– La sarta.

L’uomo si rivolse alle altre due.

– Con un battaglione di donne così potreste conquistare l’Europa. E senza nemmeno bisogno delle armi che volete tanto. Ne sono convinto.

Marie non rimase zitta.

– Mi peroriate?

L’uomo la guardò sorpreso.

– Tutt’altro, – disse. – Io vi ammiro. Mi spiace soltanto che non siate un uomo, per sedere alle Tegolerie al posto di quella schiera di avvocati.

– Dio mi scampi! – sbottò Marie esasperata. – Ma ogni tanto penso che dovremmo farcela da noi donne la nostra Convenzione...

L’uomo si rivolse di nuovo alle altre.

– Sentito?

– Smettila, Théo, – disse Pauline in tono spiccio. – Vattene a dormire!

– Una Convenzione di donne... – riprese lui. – Fosse per me... Temo però che vi scannereste in men che non si dica. Ricordate cos’è successo alla Méricourt?

Claire e Pauline guardarono Marie senza dire nulla, forse pensando che avrebbe ribattuto, e fu sul punto di farlo, in effetti, ma si bloccò. Se ne rimase con la bocca aperta e niente parole. Le immagini del sogno della notte precedente le erano ripassate davanti e si erano portate via la voce.

L’uomo porse una mano a Pauline, che si alzò.

– È davvero molto tardi e domattina devo uscire prima dell’alba. La stamperia non attende –. Mandò un bacio a Claire, poi si rivolse a Marie. – Onorato di avervi conosciuta. Vi lascio nelle mani di Claire. Buonanotte e buona fortuna.

I due scomparvero dietro una parete di gesso.

Solo allora Claire le parlò, a bassa voce.

– La Méricourt se lo meritava. E bisogna far funzionare di più la ghigliottina.

Marie tacque ancora.

– Lo sai chi è lui? – ritentò Claire, indicando la parete in fondo alla stanza. – Théophile Ledere.

A quel nome, Marie ebbe finalmente una reazione.

Ledere l’Arrabbiato. Ecco perché nominava sempre Jacques Roux. Lui e il Prete Rosso erano d’accordo su molte faccende, e a Sant’Antonio avevano parecchi sostenitori. Altri invece li accusavano di essere un ex nobilardo e un ex abate, e di lavorare in segreto per il ritorno della monarchia.

– Scusa, – si affrettò ad aggiungere Claire, – avrei dovuto dirtelo prima Poi si alzò. – Che ne dici di un bagno? Quassù fa così caldo.

Terminata la frase, subito fu nuda. I vestiti rimasero sul pavimento mentre raggiungeva la tinozza e si calava dentro mandando un sospiro.

– Vieni. È abbastanza grande per due.

Marie era rimasta a guardarla, interdetta dalla disinvoltura del gesto. La luce delle candele sulla mensola del camino spioveva sui riccioli di Claire, incorniciandoli di un’aura dorata.

Da quanto tempo non si concedeva un bagno, un vero bagno? Marie scopri che l’idea di sciacquarsi via il sudore che le si era rappreso addosso poteva farle vincere l’imbarazzo. Era da quando Jacques se n’era andato con l’armata che non si spogliava davanti a qualcuno. E anche con lui era accaduto poche volte, perché di solito non avevano bisogno di denudarsi nell’intimità. Nondimeno si ritrovò a vincere la vergogna, togliersi i vestiti e raggiungere la tinozza. Si accorse che, più ancora della propria nudità, era il contrasto fra il proprio corpo e quello sinuoso e candido di Claire a crearle imbarazzo.

Claire però aveva chiuso gli occhi, altra accortezza che Marie non potè non notare, e teneva le braccia aperte, lungo i bordi, la linea dell’acqua a lambirle il seno. Marie si immerse, stando attenta a non sfiorarla e, schiena e nuca appoggiate al legno, si lasciò avvolgere dal refrigerio.

– Niente male, vero? – disse Claire guardandola.

Marie si consenti un sorriso, forse il primo della giornata.

– Credevo non sorridessi mai, – commentò Claire.

Marie reclinò la testa all’indietro.

– Son così stracca che potrei addormentarmi qui.

– Se vuoi puoi farlo.

Per un po’ rimasero in silenzio, godendo del fresco e lasciando che le membra si sciogliessero.

– Ce l’hai un uomo? – chiese Claire.

– Ce l’avevo, – rispose Marie. – È morto in guerra.

– Mi dispiace. Come si chiamava?

– Jacques, – rispose Marie. Si passò la mano bagnata sul viso. – E tu ce l’hai?

Claire lasciò vagare lo sguardo sul soffitto, a inseguire le loro ombre.

– Ho Théo.

– Ma non è...

– L’uomo di Pauline? – aggiunse Claire in tono insinuante. – A volte.

Marie rimase muta di fronte alla conferma che le voci sulla promiscuità delle amazzoni erano vere. Stava troppo bene per risentirsi. Il pensiero che, al posto suo, le amiche del foborgo avrebbero sbottato con una sfilza di ingiurie, per qualche motivo le causò un risolino involontario.

– È tanto divertente? – domandò Claire ridacchiando a sua volta.

Marie scrollò le spalle.

– Figli ne hai?

– Uno, – rispose Marie, – ma non è di Jacques. Ce l’ho da prima.

– Quanti anni ha?

– Dieci.

– Sacrodio, eri giovanissima...

Lo stupore di Claire appariva sincero.

– Avevo sedici anni, – disse Marie aprendo gli occhi e fissando il soffitto. Si azzittí il tempo necessario a decidere se voleva confidarsi con una donna che era poco più di una sconosciuta. Del resto, pensò, non si era mai più trovata dentro una tinozza con qualcuno da quando faceva il bagno con sua sorella, da bambina. – Facevo la serva, giù al paese dove sono nata. Il padrone... – esitò, – mi prendeva con la forza, quando ne aveva voglia. Gli piaceva... – Non concluse la frase. – Sono rimasta gravida e così mi ha mandato via, qua a Parigi, dalle suore. Ho partorito, poi sono scappata col bambino. Quelle streghe volevano portarmelo via –. Il viso le si induri. – Il giorno che me ne sono andata dal convento, senza che mi vedevano ho pisciato nel calderone della minestra.

Scoppiarono entrambe a ridere e dovettero tapparsi la bocca, per non svegliare gli altri.

– Una volta un capocomico ha provato a costringermi, –disse Claire quando furono tornate serie. – L’ho colpito con un coltello, ma era un coltello di scena, di legno Mimò il gesto e nel farlo sfiorò lo zigomo di Marie. – Non l’ho ucciso, però gli ho cavato un occhio.

– Allora te fai proprio l’attrice, – disse Marie.

– Si, ma nemmeno io sono di qui. Prima recitavo a Marsiglia, – rispose Claire. – Poi a Lione. Sto a Parigi solo da un anno e mezzo.

– E non reciti più?

Claire sorrise.

– La rivoluzione è meglio del teatro.

Mentre lo diceva, gli occhi le si illuminarono.

– Hai mai recitato con uno che faceva Scaramouche? –chiese Marie.

– Con parecchi, – rispose Claire ammiccante. – Ce n’è uno che ti interessa in particolare?

Marie scrollò le spalle.

– No, era tanto per dire.

Claire la guardò di sottecchi, poi allungò la mano e fece scorrere l’indice sul naso di Marie, che la fissò, interdetta. Non riusciva a capire cosa significasse quel gesto, né l’altra si premurò di dirglielo.

Claire si alzò in piedi. Marie distolse lo sguardo dal corpo lucido e gocciolante che le stava davanti. Si guardò le mani, i polpastrelli raggrinziti dall’acqua. Claire si avvolse in un telo e ne porse uno anche a lei.

– Se non vuoi davvero dormire li dentro, puoi sistemarti sul divano. In quella cassapanca sotto il lucernaio ci sono un sacco di vestiti. Scegli quello che vuoi. È tutta roba che ho portato via dai teatri. Piovuta dal cielo –. Le lanciò un’occhiata furba e rise ancora. – Una volta Théo è andato in comune con una giacca da Scapino.

Marie si sbrigò a uscire dalla tinozza e a coprirsi.

– I miei vestiti vanno benone.

Claire si coricò su un lettino nell’angolo accanto alla finestra. Lontana dalle candele, era poco più di un’ombra. La voce raggiunse Marie stesa sul divano, come provenisse da un luogo lontano e vicinissimo al tempo stesso.

– Ti auguro di trovare qualcuno con cui stare. Te lo meriti.

Marie sorrise, ma più a sé stessa che a Claire, la testa già reclinata sul cuscino.

– Mi sa che no, – riuscì ancora a mormorare, prima di crollare addormentata.

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