– Guardami, Malaprez.
Il folle sollevò su Laplace gli occhi sonnambuli.
Erano nell’alloggio del pensionante, in quell’ora dopo la cena che in estate gode di un’ultima luce. Da fuori, giungeva soltanto lo scroscio del temporale.
– Tu sei capace di leggere, Malaprez?
– No. Nessuno mi ha imparato.
Laplace prese un libro dalla mensola e mostrò all’altro la copertina.
– Qui sopra c’è scritto: Memorie fisiche e medicinali, dimostranti il rapporto evidente tra la rabdomanzia, il magnetismo e l’elettricità. L’autore è indicato come M. Thouvenel. Se non te l’avessi detto, lo avresti saputo?
– No, mio signore. Non so leggere.
Laplace ripose il libro sulla mensola, poi tolse gli altri cinque o sei e li posò sul pavimento, accanto alla branda.
– Al tuo risveglio, io ti ordinerò di leggere e tu leggerai. Adesso svegliati, Malaprez.
Il contadino dell’Essonne si scosse, come punto da una zanzara. Si guardò intorno, sorpreso di essere li e che fosse già sera.
– Ricordi cosa ti ho detto poco fa, Malaprez?
– Poco fa quando?
– È trascorso appena un momento.
– No, mio signore.
– Molto bene. Tu sei capace di leggere, Malaprez?
– No. Nessuno mi ha imparato.
– Prendi un libro, – disse Laplace indicando la mensola.
Malaprez si alzò e prese il tomo appena riposto da Laplace.
– Molto bene. Ora leggi cosa c’è scritto.
– Vi ho appena detto che...
– Leggi la copertina, Malaprez.
L’uomo afferrò il libro con due mani e se lo mise davanti agli occhi, come se dovesse controllare la pulizia di un vetro.
– Avanti, leggi, – ribadí Laplace.
– «Meeeemorie fi... fisiche e... medicinali», – balbettò l’altro.
– Prosegui, la riga sotto.
– «Dimostranti il rapporto eeevidente tra la rabdomanzia, il maaagnetismo e l’elettricità».
– Bene. Ora il nome dell’autore.
– «Emme puntato Thouuuvenel».
– Bravo, Malaprez. Tu sai perché sei riuscito a leggere?
– Io non ho davvero letto. Eravate voi a leggere attraverso di me.
– Però tu hai capito quello che dicevi?
– Un po’. Non tutto.
– Bene. Tu questa mattina mi hai detto che se fai di testa tua, non viene fuori niente di buono.
– È così.
– Ebbene. Pensa se io ti facessi sempre da guida, come ho fatto adesso per la lettura.
– Non farei più le mie scempiaggini.
– Mai più.
– Sarebbe bello.
– Se lo vuoi, io posso farlo.
– Lo state già facendo, no?
– Si, ma bisogna che tu obbedisci alla mia voce sempre, anche da sveglio, in qualunque momento.
– D’accordo.
– Bisogna che le obbedisci qualunque cosa dica. Malaprez esitò: – Vorrei dirvi di si, ma non posso.
– Perché?
– Se mi ordinate l’impossibile, non posso farlo.
– Cosa intendi per impossibile?
– Volare. Diventare invisibile. Trasformarmi in un leone.
– Va bene. E tutto il resto?
– Lo farò.
– Sicuro?
– Sicuro.
Laplace si chinò sul pavimento e lo tastò con la mano aperta. Grattò via la terra dai contorni di una lastra in pietra e la sollevò.
– Prendi questo coltello, – disse tirandolo fuori dal nascondiglio.
Malaprez lo afferò e ne studiò l’impugnatura d’osso come un fanciullo con un giocattolo nuovo.
– Ora tagliati la pelle del braccio, dalla spalla fino al gomito.
Malaprez lo guardò impaurito.
– Mi farà male? – domandò.
– Non deve interessarti se farà male. Hai detto che farai quel che ti ordino, a meno che non sia impossibile. È forse impossibile ferirsi un braccio?
– No, certo. Volevo solo essere sicuro che...
– Tagliati il braccio sinistro, Malaprez, – ripete Laplace.
Il folle impugnò il coltello, appoggiò la punta sul muscolo della spalla e fece scendere la lama fino al gomito.
– Hai sentito dolore? – domandò Laplace.
– No, – rispose l’altro rasserenato, mentre il sangue gli lordava la camicia.
– Bene. Adesso la gola. Voglio che prendi il coltello e ti tagli la gola.
– Morirò, – disse Malaprez in tono smarrito, confuso dalla sua stessa deduzione.
– Non importa, – lo freddò Laplace.
Malaprez sollevò il braccio armato senza muovere nessun altro muscolo.
La mano di Laplace gli afferrò il polso e lo allontanò dal collo.
– Fermati. Molla il coltello.
Malaprez lo lasciò cadere.
– Appena finirò di parlare, uscirai di qua. Fatti dieci passi ti sveglierai e andrai dall’inserviente, dicendo che non ricordi come ti sei ferito. E in effetti, non lo ricorderai. Hai capito?
– Si.
– Allora vai, – ordinò Laplace liberando il polso del sonnambulo.
Malaprez si girò e, senza aggiungere altro, prese la porta.
Laplace lo segui con lo sguardo, mentre avanzava nel cortile, sotto la pioggia battente.
Ora sapeva che, anche da sveglio, Malaprez non avrebbe dimenticato la voce del suo padrone.
ATTO COSTITUZIONALE DEL 24 GIUGNO 1793
letto da Marie-Jean Hérault de Séchelles
presidente della Convenzione nazionale
a conclusione delle cerimonie per la Festa dell’Unità
Art. 1. La Repubblica francese è una e indivisibile.
Art. 4. Ogni uomo nato e domiciliato in Francia, che abbia compiuto ventun anni di età; ogni straniero che abbia compiuto ventun anni e che, domiciliato in Francia da un anno, ci vive del proprio lavoro, oppure sposa una francese, o adotta un bambino, o nutre un vecchio; ogni straniero infine, che il corpo legislativo giudicherà aver ben meritato dall’umanità; è ammesso all’esercizio dei diritti di cittadino francese.
Art. 7. Il popolo sovrano è la totalità dei cittadini francesi.