Non aveva alcuna intenzione di liberare il campo. Non per il momento, almeno. A tempo debito l’avrebbe fatto, ma adesso che aveva trovato Pinel, non se lo sarebbe lasciato sfuggire tanto facilmente. Sentiva di dover ringraziare la sorte perché gli aveva offerto un avversario con cui cimentarsi. Era l’occasione di mettersi alla prova, prima di ritornare nel mondo. Non si era sempre ripetuto, in quei lunghi mesi, che Bicêtre altro non era se non lo specchio della Francia? Si sarebbe temprato sotto quello sguardo da padre Prometeo e avrebbe portato a termine la preparazione sotto il suo brutto naso.
Il programma che si prefiggeva era come la nuova costituzione repubblicana: difficile da attuare, una sfida alla storia, Avrebbe cominciato subito, riducendo al minimo i contatti con gli altri degenti, affidandosi alla meditazione e agli esercizi spirituali. E poiché il corpo doveva mantenersi in forze, avrebbe praticato gli esercizi ginnici un’ora prima dell’alba, nel suo alloggio, e marciato per almeno tre leghe al giorno. Circa trenta giri del perimetro del cortile.
Fu durante una di quelle camminate, tre giorni dopo il suo colloquio con Pinel, che rivide spuntare tra i visitatori il cappellaccio nero di La Corneille. Lo aveva convocato tramite un semplice biglietto in codice, affidato a un fornitore che faceva la spola con Parigi.
Senza darlo a vedere, si compiacque della sollecitudine del sottoposto.
– Mio signore... – lo salutò La Corneille ingobbendosi dentro il pastrano. La faccia di teschio pareva ancora più mostruosa del solito, forse per via dell’eccitazione che lo pervadeva.
– Accompagnami, – ordinò Laplace senza smettere di camminare di buon passo.
La Corneille arrancò al suo fianco.
– Avevate ragione, mio signore. Hanno cominciato a scannarsi tra loro. Dopo i girondini è toccato agli arrabbiati e ai caporioni del comune di Parigi. Robespierre non tollera concorrenti.
Ricevette un pugno sulla spalla e rinculò, ingobbendosi ancora di più.
– Non capisci! – esclamò Laplace. – Robespierre non aspira ad alcun primato se non a quello della Repubblica. Non vuole niente per sé, tutto per la Francia. E precisamente ciò su cui puntiamo. Il prossimo bersaglio sarà Danton. È un intrigante e un corrotto, ma è anche l’eroe del 10 agosto. È perfetto per una catarsi collettiva.
– Una... catarsi, mio signore? – chiese La Corneille.
– Lascia perdere. L’importante è che le cose procedano verso il loro necessario epilogo. E noi saremo pronti –. Laplace non accennava a rallentare. – Ascoltami bene. Devi cercare gente in gamba e determinata, che creda nella causa di una Francia nuovamente monarchica. Gente che non si faccia scrupolo di fare ciò che andrà fatto. E che siano pochi. Per ora.
La Corneille aveva il fiato grosso e le guance da grigie erano diventate gialle.
– Sissignore.
– Guardali negli occhi e leggici la tua stessa disperazione. Sarà la nostra migliore alleata. Offri loro una speranza. Meglio: un’idea.
– Una sola, mio signore?
– Una è più che sufficiente, se è quella giusta, – sentenziò Laplace.
La Corneille ansimò, tossi, ma non smise di seguirlo.
– Quale idea?
Laplace si decise a rallentare.
– Vendetta.
Un ghigno che èra un misto di stanchezza e soddisfazione storpiò la faccia mutilata di La Corneille.
– Vorranno sapere chi siete... e cosa dovranno fare.
– A suo tempo, – rispose Laplace. – Per ora dovranno limitarsi a osservare. Ogni dettaglio potrà tornare utile, anche la cosa meno importante. Che esercitino la vista e la pazienza. È questa la devozione. Allontana i frettolosi –. Afferrò La Corneille per il bordo del cappotto. – Scegli bene. Non cerco filosofi, ma soldati.
– Fidatevi di me, signore.
Laplace lo lasciò.
– Va’, ora.
Rimasto solo, accelerò il passo e riprese a contare i giri del cortile, mentre lo sguardo si spostava verso l’alto, al secondo piano dell’edificio sul lato nord, dov’era lo studio di Pinel.
Gli piacque immaginare che il direttore lo stesse guardando e potesse leggere la sfida nei suoi occhi.
Estratto da
MEMORIE PER SERVIRE ALLA STORIA
E ALLO STABILIMENTO DEL MAGNETISMO ANIMALE
di Armand-Marie-Jacques de Chastenet de Puységur (1784)
La scorsa primavera, il mio trattamento si faceva attorno a un albero: il movimento vegetale, allora, aggiungeva una forza in più all’elettricità animale, e da questa azione combinata risultavano effetti più dolci e più soddisfacenti per chi vi si sottometteva: nessuna convulsione; oppure, se capitava che alcuni malati, alla prima esperienza, provassero dei tremori, era sufficiente un leggero tocco da parte mia, per liberarli una volta per tutte.
Parlando del mio trattamento magnetico-vegetale, non posso esimermi dal menzionare il sig. Bertholon, dell’accademia di Montpellier, che ha così ben trattato l’elettricità dei vegetali e ci ha fornito istruzioni assai ingegnose per trarre l’aria deflogisticata dalla traspirazione di foglie fresche esposte al sole. Se avesse fatto un passo in più, avrebbe visto che quest’aria deflogisticata è precisamente quella parte del fluido universale che viene modificata dai vegetali per formare e nutrire il loro organismo; & che in questo consiste la sola causa dell’effetto salutare che egli sentiva, con tanta precisione, risultare dalla loro comunicazione con gli animali.
Riconoscendo che quest’aria deflogisticata è il principio dell’aria respirabile, che le acque che ne contengono sono le più salubri, che senza quest’aria non ci sarebbe né combustione né calore, né vegetazione e nemmeno vita nella natura; come può essere accaduto che gli studiosi non abbiano concluso che esiste un fluido universale? Con un po’ meno d’amor proprio, uomini di cotanto genio non avrebbero potuto esimersi dal riconoscere che il sig. Mesmer aveva messo loro davanti agli occhi la sola caus degli effetti da essi così giustamente riconosciuti.