«Torniamo a Parigi», aveva detto Radoub, e D’Amblanc si era mangiato ogni obiezione.
Fosse stato solo per le fitte che lo tormentavano, avrebbe stretto i denti e portato a termine l’indagine, ma la combinazione tra i suoi mali e quelli dell’Alvernia rendeva la permanenza troppo pericolosa. Restare significava mettere a repentaglio la vita di sei persone. Feyfeux e lo Sfregiato, per di più, dovevano rientrare a San Martino entro la fine della settimana, «in tempo per la raccolta delle castagne», avevano dichiarato, ma a giudicare dal colore acerbo dei ricci sugli alberi, ben altre preoccupazioni li spronavano verso casa.
Viaggiarono per due giorni sotto una pioggia ininterrotta, cercando riparo solo per dormire e consumare i pasti. In quelle rare occasioni, D’Amblanc tirava fuori dalla bisaccia il suo taccuino, rileggeva gli appunti, e con un mozzicone di matita tracciava la bozza della sua relazione a Chauvelin.
Noèle Chalaphy. di anni diciannove, residente a Manorba, sottoposta in tenera età alle cure magnetiche del cavaliere d’Yvers, per via di un malessere definito dalla madre: «vuoti di memoria». Una volta cresciuta, diventa sonnambula e un prete costituzionale abusa di lei.
Il terreno allagato costrinse il drappello a lunghe deviazioni. Ruscelli e pantani si mangiavano sentieri, vigne e bocconi di foresta. Valanghe di fango scendevano dalle montagne come predoni all’assalto. Giunti al fiume Allier, dovettero sganciare una cifra esorbitante per convincere il traghettatore ad affrontare la piena.
Sotto gli abiti fradici, D’Amblanc sentiva il corpo farsi sempre più rigido, la pelle tesa come sopra un tamburo, eppure il dolore sembrava essersi attenuato, lavato via da quell’acqua di temporale, che forse conteneva l’elettricità del fulmine.
Tuliette Tourlan, di anni ventotto, residente a Malacarne, sottoposta dalTYvers a esperimenti di sonnambulismo per ragioni non meglio chiarite. Parlano di Dio. La donna rimane incinta di «un angelo», che forse è il medesimo Yvers. La figlia, Margot Tourlan, di anni sette, viene a sua volta posta nello stato di sonno indotto dalla stessa madre, che le suggerisce visioni e profezie. La bambina sostiene di parlare con la «Signora Bianca» e i compaesani si convincono che veda la Vergine Maria. Su istigazione della Vergine, gli abitanti del villaggio uccidono il sindaco e il parroco nominato dalla Repubblica. Madre e figlia sono verosimilmente decedute nel cannoneggiamento del villaggio di Malacarne da parte del battaglione del generale Nanterre.
D’Amblanc si domandava se quei pochi elementi avrebbero soddisfatto l’appetito di Chauvelin. Un viaggio di tre mesi, tre uomini di scorta, centocinquanta leghe da Parigi. Una cartella con tre fascicoli, tre casi sospetti, il presentimento di un abuso della credulità popolare per scopi reazionari. E come unico risultato, due conferme di scarsa utilità: si, due casi su tre nascondevano in effetti l’attività di un magnetista, il signore d’Yvers. E si, in un caso su tre il magnetismo aveva contribuito ad allontanare il popolo dalla fedeltà alla Repubblica, ma la minuscola controrivoluzione era terminata sotto le macerie di Malacarne, e una fitta foresta l’aveva tenuta isolata dal resto della regione.
Inoltre, era davvero colpa del magnetismo, per quanto mal praticato e sviato? Per dispiegarsi, la controrivoluzione non aveva certo bisogno di streghe e profetesse. D’Amblanc continuò a scrivere.
La situazione politica della regione è talmente esplosiva che un agente straniero o della nobiltà non avrebbe alcun bisogno di ricorrere al magnetismo per diffondere credenze stravaganti e superstizioni, che a loro volta istighino il popolo contro la Repubblica. L’eloquio di un avvocato di provincia ha radunato migliaia di uomini sotto le insegne dell’esercito cristiano del Mezzogiorno. Qualunque sermone di un prete refrattario può ottenere, in queste terre, risultati preoccupanti e sollevamenti reazionari. Dunque, mi domando, perché utilizzare metodi occulti, quando si possono raggiungere gli stessi risultati con minore fatica? Ho l’impressione che, in Alvernia, le pratiche magnetiche dei controrivoluzionari siano davvero l’ultimo dei problemi.
Tirò una riga storta su quelle poche frasi. Non spettava a lui trarre conclusioni sul senso della missione. Non sul senso che questa poteva avere per la Francia o per il comitato di sicurezza. Tutt’al più poteva sforzarsi di comprendere quale significato avesse per i suoi studi.
Padre Clément, Juliette Tourlan e sua figlia Margot erano morti. Il cavaliere d’Yvers aveva lasciato l’Alvernia nell’89 e nessun tribunale avrebbe potuto accollargli gli eventi di quattro anni dopo. D’Amblanc avrebbe fatto volentieri due chiacchiere con l’ideatore di quegli irresponsabili esperimenti. Che aveva fatto – o non fatto – perché avessero conseguenze simili?
Sulla scorta del marchese di Puységur, D’Amblanc aveva sempre ritenuto impossibile magnetizzare un individuo contro il suo libero arbitrio e senza la sua collaborazione. Ma il discorso cambiava per bambine piccole com’erano state Noèle e Juliette: un bambino è facilmente suggestionabile anche senza ricorrere al magnetismo. Con l’aggiunta di quest’ultimo, diviene creta nelle mani di un vasaio. Magnetizzando quelle bambine, il cavaliere d’Yvers aveva soltanto malpraticato, agito senza criterio, o aveva inteso fare il male?
In ogni caso, un individuo del genere sarebbe stato meglio in prigione. A piede libero, poteva rovinare la vita di molte altre persone.
Tuttavia, le preoccupazioni di D’Amblanc non erano certo le stesse del comitato di sicurezza generale. Chauvelin non avrebbe avuto né sobillatori né pericolosi intrighi da presentare ai superiori come brillanti prodotti dell’indagine alverniate.