Nota del governatore Jean-Baptiste Pussin sul caso degli alienati Malaprez e Laplace.
Luglio 1793
A tutt’oggi Malaprez sembra avere abbandonato il suo cupo silenzio e così pure gli atteggiamenti bestiali. I suoi modi si fanno più civili e la compagnia di Laplace pare infondergli contezza di sé e degli altri. I due trascorrono assieme gran parte del giorno e, anche se non parlano molto, si comportano come amici di vecchia data, che riescono a capirsi senza bisogno di parole.
Lo stesso Laplace riceve un grande beneficio dal prendersi cura del giovane Malaprez. La sua melancolia recede ed egli appare più attivo, più propenso verso gli altri, meno pressato da pensieri tetri.
Questi miglioramenti mi confermano che il dialogo e la benevolenza non servono soltanto a tenere calmi certi alienati, ma possono condurli alla guarigione. Tuttavia è occorso un evento, nella giornata di oggi, che meriterebbe d’essere sottoposto al parere di studiosi più dotti di me.
Si è trattato di un incidente, come ne accadono spesso in questo luogo. L’internato Cabot, durante la passeggiata in cortile, ha avuto un imprevedibile scatto di collera. Si è impossessato di una vanga incustodita e ha colpito alle spalle l’inserviente Michelet, causando il panico tra gli internati che affollavano lo spiazzo esterno.
Sono giunto appena in tempo per assistere alla scena di Cabot, stretto in un angolo, che teneva tutti a distanza menando fendenti con la vanga. In quella, ho potuto notare Laplace parlare all’orecchio di Malaprez e quest’ultimo muoversi con passo deciso verso Cabot. Lo ha avvicinato senza timore e Cabot non ha esitato a calare la vanga su di lui, colpendolo alla spalla sinistra. L’altro ha incassato il colpo come se l’avesse vibrato un bambino, ha agguantato l’arma e l’ha tolta di mano all’assalitore, quindi lo ha afferrato alla gola e inchiodato al muro, finché Laplace non gli ha intimato di lasciarlo. A quel punto gli inservienti hanno avuto buon gioco a ridurre in vincoli Cabot, ormai mezzo soffocato.
Accortosi della mia presenza, Laplace ha esibito un’aria soddisfatta e, tra il serio e il faceto, mi ha suggerito di assumere il suo amico come inserviente. Malaprez se l’è cavata con il braccio al collo e un grosso livido sulla spalla, che forse cela una frattura. Ciononostante, egli non manifesta dolore e chiede solo che lo si lasci dormire.
È evidente che è stato Laplace a dirigere l’azione di Malaprez su Cabot, almeno quanto è evidente che Malaprez ha eseguito gli ordini di Laplace, ignorando il pericolo a cui andava incontro. Ecco dunque che la relazione tra i due, oltre agli innegabili vantaggi, presenta anche un rischio: fino a che punto può spingersi l’obbedienza della volontà che ho visto all’opera quest’oggi?