4.

– Popolo francese! Eccoti offerto al tuo stesso sguardo sotto una sembianza gravida di lezioni istruttive. Il gigante, la cui mano potente riunisce in un unico fascio i dipartimenti che ne costituiscono la forza, quello sei tu! E questo mostro la cui zampa criminale vuole rompere il fascio, e separare ciò che la natura ha unito, quello è il federalismo!

Marie fissò la statua di Ercole che, dall’alto di una montagna, dominava piazza degli Invalidi. Brandiva una clava sopra la spalla destra, pronto ad abbatterla su un drago con sette teste. Non le pareva un gran che come scultura, ma anche se lo fosse stata, non sarebbe rimasta a rimirarsela più di tanto. L’incontro con la Méricourt le aveva guastato la voglia di festeggiare, con tutto che non ne aveva molta già da principio. Aveva ripreso a marciare distratta, strascicando i piedi, e quando il corteo aveva passato la Senna sul ponte della rivoluzione, nel parapiglia dovuto allo spazio ristretto aveva perso di vista le altre repubblicane. Ora cercava di rintracciarle, facendosi largo ai margini della folla, sotto gli alberi che delimitavano la spianata, alzandosi ogni tanto sulla punta dei piedi per scorgere lo stendardo di Claire. Quando infine lo vide, sgomitò fino a raggiungerlo, solo per scoprire che a reggerlo era un’altra.

– Dov’è Claire? – chiese Marie.

La donna indicò poco più in là.

Intravide le sagome di Claire e Pauline che discutevano fitto con un uomo. Riconobbe il giovane Ledere. Fu lui il primo a vederla e a sorriderle.

– Marie Nozière! Ben ritrovata. Peccato che io sia in procinto di andarmene.

Marie notò che a fronte della giovialità dell’uomo, Claire e Pauline erano scure in volto e stranamente zitte.

– Non fate festa? – chiese.

– È meglio di no, – rispose Ledere. – E poi oggi è la vostra giornata. Sono convinto che sarete voi donne a decidere le sorti della Repubblica. Guardatevi attorno: donna è la statua della libertà, donna la natura, donne le eroine di Versailles. Anche la rivoluzione è donna. Non dimenticatelo, amica mia.

Prima che avesse il tempo di riflettere su quelle parole, Marie si ritrovò stretta nell’abbraccio di Ledere, che le stampò sulle guance il doppio bacio dei repubblicani. Quindi fece lo stesso con le altre due donne e si dileguò tra la folla.

Marie si volse verso le amiche con una faccia che richiedeva spiegazioni.

– Deve volare basso, – disse Pauline. – Non si farà vedere per un po’.

– Perché? – sbottò Marie, incredula. – Adesso che c’è bisogno di lui per stampare «L’Amico del Popolo»!

Pauline nascondeva a stento la rabbia. Fu Claire a parlare.

– Non glielo fanno più stampare.

– E perché? – domandò Marie. Aveva letto e distribuito gli ultimi numeri del giornale, tutti pubblicati da Ledere, e li aveva trovati anche più convincenti di quando il direttore era Marat in persona.

Claire riprese: – Due sere fa la vedova di Marat si è presentata alla Convenzione, per denunciare tutti coloro che infangano il nome del marito –. Sollevò il numero della «Gazzetta» che aveva in mano. – Leggi qua.

Marie lesse a voce alta, come era abituata a fare: «Io vi denuncio in particolare due uomini, Jacques Roux e un,certo Ledere, che pretendono di proseguire la pubblicazione dei giornali di mio marito e fanno parlare la sua ombra per oltraggiarne la memoria e ingannare il popolo. In suo nome, ordinano di insanguinare la giornata del 10 agosto, col pretesto che il suo animo sensibile, straziato dai dolori dell’umanità, ha pronunciato qualche volta giusti anatemi contro le sanguisughe e gli oppressori del popolo». Sangueddio! – chiosò Marie. – Se ce l’ha con «L’Amico del Popolo», allora ce l’ha pure con noi che lo diffondiamo.

– Noi non siamo nominate, – disse Claire ripiegando il giornale. – Segno che ancora possiamo decidere.

– Decidere cosa?

– Se stare dalla parte della Montagna o stare con chi dice che la rivoluzione è fatta solo a metà.

Marie si senti di nuovo smarrita. Scosse la testa.

– Ma così facciamo a metà pure le repubblicane: una metà con gli arrabbiati, l’altra con Robespierre. Non possiamo andare avanti per la nostra strada e sbrisga?

Le altre non risposero e quel silenzio scavò un vuoto ancora più profondo nell’animo di Marie.

– Robespierre si potrà mettere contro Roux e Ledere, ma non si metterà mai contro il popolo! – disse. E mentre lo diceva si rese conto che cercava di convincere sé stessa.

Fu Pauline a parlare.

– La domanda è piuttosto: con chi sta il popolo?

– Il popolo siamo noi, – ribattè Marie. – Lo ha detto anche il vostro amico Théo, un minuto fa, prima di battersela. Dipende da noi!

Si aggrappava alla rabbia per non sprofondare.

Claire annuí e fece per ribattere qualcosa, ma una voce arrochita e folle si alzò poco distante.

Marie la riconobbe, era di nuovo quella di Théroigne de Méricourt. Si era issata sul carretto di un ambulante e non voleva saperne di scendere.

– Due giorni fa hanno arrestato Olympe de Gouges! –blaterava. – L’hanno chiusa a marcire in una cella. L’intelligenza migliore di Francia...

– La De Gouges è una brissotina come te, maledetta pazza! – urlò qualcuno da sotto.

La Méricourt, più scarmigliata che mai, puntò il dito su chi aveva parlato.

– Lei ha fatto più di tutte noialtre messe assieme! Ha scritto che le donne devono essere cittadine!

– Le donne sono donne, non uomini!

– Questo è il funerale della Repubblica! – strillò la Méricourt con gli occhi spiritati.

Un lancio preciso la colpì in piena faccia. Sterco di cavallo.

La donna precipitò giù dal carretto.

Solo in un secondo momento Marie si rese conto di essere accorsa ad aiutarla. Le diede una mano a rialzarsi e le offrí un fazzoletto per pulirsi il viso.

La Méricourt la fissò e Marie ebbe l’impressione che l’avesse riconosciuta. Invece no, i suoi occhi erano spenti.

– Vattene a casa, – le disse Marie secca. – Questa non è roba per te. E nemmeno per quelle come la De Gouges. Vai o finisci male anche tu.

– Ci finiremo tutte, – rispose l’altra senza più forza.

Marie scorse Claire e Pauline, poco più in là, che le facevano segno di venire via. Farsi vedere insieme alla matta della Gironda non giovava certo alla reputazione.

– Fila via... – disse ancora Marie mentre scostava da sé la donna malconcia e puzzolente. Poi, a voce bassa, mentre la guardava allontanarsi, aggiunse: – E salvati, se puoi.

Estratto da

PROGETTO DI CONTRORIVOLUZIONE DEI SONNAMBULISTI

letto il 29 luglio 1790 ai comitati di ricerche

dell’assemblea nazionale e della municipalità di Parigi

da Jacques-Pierre Brissot, uno dei membri di questo comitato

Se le azioni pubbliche di quanti ostentano una dottrina stravagante meritano di attirare l’attenzione di coloro che sono incaricati di mantenere la tranquillità generale, è soprattutto nei tempi di disordini, dove follie e visioni possono servire a coprire progetti pericolosi per la costituzione.

La storia dei signori Dhosier e Petit-Jean riguarda in parte il famoso magnetismo animale, e in parte la credenza nelle rivelazioni fatte dalla Vergine a persone messe in stato di sonnambulismo. Si stenta a credere che, in un secolo dove la filosofia ha gettato una luce tanto brillante, dove gli uomini hanno imparato ad appoggiare le loro idee soltanto su solide basi, si trovino ancora esseri tanto deboli da adottare le visioni più straordinarie, a partire da fatti senza importanza e discorsi tenuti nel delirio.

Eppure tale fenomeno morale esiste; le sette di illuminati aumentano, invece di diminuire; può darsi che sia il risultato delle circostanze politiche del paese, che lega a dottrine misteriose gli uomini scontenti del nuovo ordine, e che sperano di trovare i mezzi per distruggerlo.

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