I.

Vardamolà, il popolo di Francia. Che lo volevano sbriciolare come un filone di pane secco, e ci si sono spaccati i denti dal gran ch’era tinco. Che speravano di farlo a pezzetti per poi abbuffarselo ben bene e gli è andato di traverso tutto quanto intero. Che cercavano di mettere una provincia contro l’altra per fottere la rivoluzione, e son stati fottuti loro, negoddio!

Siccome che a Parigi hanno fatto cavolfiore, volevano mettere su tanti piccoli governicchi, dalla Gironda alla Savoia, dalle Fiandre a Marsiglia, perché così, almeno, riuscivano a comandare da qualche parte. Ma te dimmi: ce li vedi quelli dell’Alvernia a governarsi da per sé? Se dipendeva da loro e basta, a quest’ora ci avevamo ancora il re e magari pure un papa in ogni dipartimento. Invece oggi si festeggia proprio la caduta di Luigino, che se non era per noi di Parigi, altro che caduta, quello manco inciampava, e allora tanti saluti alla Repubblica.

Brissotini, federalisti: vardate qua! La piazza della Bastiglia è piena sgionfa di gente e ce n’è una fila che non finisce più anche su per il viale, la via di Sant’Antonio, quella di Chiarentone.

Siam qua dalle cinque della mattina, a cantare e sgolare come un sol uomo gigantissimo, e per carità, il sorgere del sole è sempre mirevole, specie per chi non gli tocca vardarselo tutte le mattine mentre va a travagliare, però ecco, magari se adesso comincia pure la festa vera e propria, dopo tre ore che stiamo qua in piedi, noi ne avremmo anche abbastanza di sgolare inni e marsigliesi.

E infatti dove che un tempo ci stava la Bastiglia, intorno alla fontana della Rigenerazione – questa che dicono sia la Natura, anche se pare più una faraona d’Egitto, seduta sul trono, Con due leoni a fianco, e le mani che strizzano le poppe e spremono fuori due bei getti d’acqua – il presidente della Convenzione, Hérault de Séchelles, strapazza un foglietto, poi avvicina alla sfiata una trombetta da oratore e ci dice dentro il suo discorso, così che lo sentono anche le ultime file.

– Sovrana dei selvaggi e delle nazioni illuminate, o Natura! Questo popolo immenso, riunito ai primi raggi del giorno di fronte alla tua immagine, è degno di te. Possano queste acque feconde che sgorgano dalle tue mammelle, questa bevanda pura che abbeverò i primi umani, consacrare in questa coppa della fraternità e dell’uguaglianza, il giuramento di unità che ti fa la Francia in questo giorno, il più bello che il sole abbia rischiarato da che fu sospeso nell’immensità dello spazio.

E così tira su una scodella, ce la mostra come il santissimo sacramentum, la riempie d’acqua coi fiotti della fontana, ne versa un po’ per terra, poi beve e porge la scodella a un gecco dietro di lui, il primo di una fila intera, che sono gli ottantasei commissari degli ottantasei dipartimenti di Francia, in ordine dal più vecchio al più giovane, e non per l’alfabeto, così che di ciascuno ci tocca d’indovinare da che dipartimento arriva, e in breve diventa un gioco che quasi quasi ci si scommette su. Quello li secondo me arriva dalla Corresa, varda che muso da inscemito, e quell’altro, quello che cammina come una scimmia, quello di sicuro salta fuori dal Giura, e così via per tutti gli ottantasei, e a ogni sorso un colpo di cannone, finché il passamano e il tracanno non finiscono in un grande abbraccio, e baci, e canti sull’aria della Marsigliese che fanno partire il corteo solennevole. Alleluia.

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