6.

L’uomo senza naso uscí da Palazzo Egualità scortato da quattro muschiatini. Nei loro sguardi fissi e nell’andatura rigida era possibile riconoscere i segni della sonnambulizzazione. Non sembravano sentire il gelo serale, che imbiancava il fiato davanti alle loro bocche, e si muovevano in formazione, bastoni alla mano, disposti a quadrato intorno a chi dovevano proteggere: uno all’avanguardia, due sui fianchi, uno a coprire le spalle. Il loro passi risuonavano sul selciato bagnato della via deserta. Il freddo intenso dopo il tramonto aveva svuotato le strade. La Corneille avanzava curvo, stretto nel vecchio cappotto e nella sciarpa, dalla quale spuntava la protesi nasale, come un piccolo becco.

Orphée d’Amblanc era nascosto nell’ombra di un portone. Non appena il drappello gli passò davanti, estrasse l’asta del folgoratore da sotto il pastrano e mosse verso l’uomo alla retroguardia che si voltò presagendo l’attacco ma non fece in tempo a evitare la stoccata e urlò sentendo la scarica elettrica attraversargli il corpo e crollò a terra quando ricevette il colpo sulla tempia.

La catena magnetica era spezzata. Gli altri tre udirono La Corneille ordinare il contrattacco e proprio in quell’istante Léo sbucò da un vicolo laterale e ne sprangò uno alle gambe spaccandogli una rotula. La notte fu squarciata dall’ululato di dolore.

Uno dei due rimasti in piedi gettò a terra Léo e gli si avventò alla gola con entrambe le mani mentre l’altro prese a menare bastonate che D’Amblanc parò con l’asta del folgoratore per poi calare un fendente alla testa del muschiatino, e un secondo, e un terzo, spacciandolo.

Léo intanto aveva afferrato forte i testicoli dell’avversario strizzandoli fino a farlo urlare e mollare la presa alla gola mentre nella sua testa Bernard la Rana diceva che non ci sono colpi proibiti. Se lo scrollò di dosso e si rimise in piedi mentre quello tornava alla carica ma D’Amblanc lo sgambettò e Léo gli rifilò un paio di calci a tutta forza nelle costole e lo lasciò boccheggiante sul selciato.

Solo allora, Léo si fermò a recuperare il fiato, ma vide La Corneille infilarsi in un vicolo come un sorcio che cerchi riparo nell’oscurità.

Il fuggitivo percorse tutto il vicolo e quando girò l’angolo, Marie l’ebbe a portata. La Corneille senti una fitta al fianco e soffocò un urlo. I ferri da maglia si erano piantati nella carne, ma il vecchio cappotto aveva in parte attutito l’affondo. In preda al terrore, La Corneille spinse a terra Marie e scappò via.

Léo si rese conto che D’Amblanc, impacciato dall’imbracatura del folgoratore, non riusciva a correre molto veloce, quindi lo staccò, lanciandosi dietro a La Corneille a rotta di collo. Impresa nient’affatto semplice, dato che il Senzanaso si rivelò più rapido del previsto. Léo lo vide svoltare di scatto in una via laterale in direzione del fiume. Lo segui, giusto in tempo per vederlo perdere il controllo delle gambe e schiantarsi contro un muretto basso che chiudeva la via, volteggiarci sopra e precipitare dall’altra parte.

Ghiaccio, pensò Léo, rallentando la corsa prima di scivolare anche lui. Si trovava nei pressi di un lavatoio, dove l’acqua era gelata e aveva formato un ampio lastrone compatto. Raggiunse il muricciolo a piccoli passi e guardò giù. La Corneille giaceva qualche metro più sotto. Léo individuò una scaletta, poco distante, e scese con grande cautela, rischiando di scivolare a ogni gradino coperto di ghiaccio.

La Corneille era riverso per terra, in una condizione pietosa, la protesi volata via nella caduta, i capelli impiastricciati di sangue che sgorgava dalla testa spaccata, i denti rotti. Rantolava, mentre con le mani sembrava contarsi le costole del fianco destro, dove Marie l’aveva ferito.

Léo bestemmiò. Quell’uomo non doveva morire. Non ancora. Non prima di aver detto dove stava il suo padrone.

Dalla murata lo raggiunsero i richiami di Marie e del dottore.

– Scendete piano, – disse Léo, ritrovando una voce che non era la sua, – qui è tutto ghiaccio.

I due scesero le scale come funamboli su una corda.

– Mi sa che sta crepando, – li informò Léo.

– Prima deve parlare, – disse Marie.

D’Amblanc si chinò sul moribondo, l’espressione preoccupata. Gli tastò il polso e confermò che non ne avrebbe avuto per molto.

– Avevate detto che sapevate come farlo parlare, – disse Marie.

D’Amblanc scosse la testa.

– In queste condizioni...

– Be’, almeno provateci, sacrodio! – sbottò Marie.

D’Amblanc stese una mano sulla fronte di La Corneille, alla distanza di mezza spanna, e l’altra all’altezza delle gambe. Chiuse gli occhi e si concentrò. Il moribondo tossi sangue e saliva, e seguitò a rantolare, ma a poco a poco dal deliquio emersero delle parole.

– Mio signore... fino alla fine... io resto... vostro...

Gli altri tre tesero le orecchie. D’Amblanc rinunciò a magnetizzarlo e si chinò con l’orecchio vicino alla sua bocca per cogliere il mormorio.

– Il sangue reale... un grande giorno... un nuovo inizio... per la Francia... – La Corneille sembrava sorridere, gli occhi persi a contemplare un sogno. – Il sangue reale... mio signore... un grande giorno... il grande giorno...

Una fitta gli spezzò il respiro. Fece per riaprire la bocca, ma non ne uscí alcun suono. Il collo si irrigidi, poi la testa ricadde di lato.

– Merda! – sibilò Marie. – Ha tirato i cracchi. Se lo fotta il diavolo!

Léo imprecò con la voce roca e strozzata, massaggiandosi la gola e il collo indolenziti.

– Una faticaccia per niente, boiaddio! – Scrollò la spalla di D’Amblanc. – Andiamo via, dottore, prima che arrivi qualcuno. Alé, alé...

L’altro si tirò su e si ritrovarono tutti e tre a camminare svelti fino al lungofiume, intirizziti e spossati. A quell’ora e con quel freddo le strade erano un tetro deserto. Ai lati si aprivano finestre cieche e vicoli neri come fauci.

– Cosa facciamo? – chiese Marie ansimando. Faticava a tenere il passo degli altri due.

D’Amblanc camminava in silenzio, come all’inseguimento di un pensiero, di un’intuizione.

All’improvviso parve averla raggiunta, perché si bloccò sul posto.

– Qualcosa ci ha detto.

Léo sollevò lo sguardo dalla punta delle scarpe dove era precipitato.

– Delirava, a’ns capéva un caz...

Marie gli diede una gomitata per farlo stare zitto, quindi si piantò davanti a D’Amblanc a braccia conserte.

– Cos’ha detto?

– Un grande giorno, il sangue reale, – disse D’Amblanc.

– Qual è il giorno del sangue reale?

Li guardò in attesa di una risposta, ma i due seguitarono a guardarlo con diffidenza.

– Il 21 gennaio, – disse lui. – Il secondo anniversario della morte di Luigi Capeto. È prevista una grande celebrazione. Scommetto che Yvers ha in mente un’azione per quel giorno –. Ripetè tra sé e sé le parole di La Corneille: – Un nuovo inizio per la Francia... – Guardò gli altri due, che apparivano già meno tetri. – È qualcosa di grosso, di importante –. Seguì il filo dei propri pensieri fino alla conclusione. – Lui ci sarà. Scommetterei anche su questo –. Ora si rivolse agli altri, con un accenno di entusiasmo nella voce. – E ci saremo anche noi.

Estratto da

«IL MESSAGGERO DELLA SERA»

2 frimaio, anno III

Vogliamo qui rallegrarci della più perfetta tranquillità, raggiunta grazie alla salutare attività del nostro governo; i fantasmi del complotto sono svaniti; non si sgozza più un sordomuto sospettato di cospirazione [...].

I vezzi e il riso, che il Terrore aveva messo in fuga, sono di ritorno a Parigi; le nostre graziose signore in parrucca bionda sono adorabili, parola d’onore; i concerti, tanto pubblici che di salotto, sono deliziosi. Tutto prende una forma nuova; il nome di comitato rivoluzionario non fa più tremare; un brigante in berretto frigio non ha più diritto di vita o di morte sull’individuo che gli dispiace; le grida funebri degli amici di Robespierre non si fanno più sentire alle nostre orecchie stanche; l’accento rauco e lugubre degli agenti dell’autorità ha lasciato spazio a modi più allettanti. Ecco la metamorfosi che i nostri costumi hanno subito dopo la caduta del tiranno; ma gli uomini sanguinari, i Billaud, i Collot e tutta la banda dei rabbiosi chiamano questo cambiamento «controrivoluzione».

Estratto da

«IL MESSAGGERO della sera»

I° piovoso, anno III

Ieri, nella via Saint-Honoré, un carrettiere sacramentava appresso ai suoi cavalli, che non volevano muoversi; soprattutto montava in forte collera contro uno di essi, il quale, più indocile degli altri, rampava e ragliava; il nostro uomo si abbatteva su di lui a grandi colpi di scudiscio, gridando: «Ti domerò, sacronome d’un giacobino!» E il popolo applaudiva.

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