5.

Quando senti quel nome dalla bocca di Bernard la Rana, Léo rimase di sasso. Aveva pensato a lei di tanto in tanto, in tutto quel tempo, ma il ricordo che aveva era uno dei migliori, di quelli che conservava per certi momenti speciali, quand’era a tu per tu con sé stesso. Adesso, colpito da un fulmine a ciel sereno, doveva ammettere che in un angolo della mente aveva sperato, grazie al ritorno di Scaramouche, che lei potesse notarlo ancora. Era stato esaudito. Lei era li, anche se faticò a crederci finché non l’ebbe davanti a sé, nel sottano di Bernard.

Era lei, ma non era la stessa. Aveva la faccia segnata, come avesse affrontato un tifone e ne fosse uscita viva, ma con ancora addosso il peso della fatica e degli abiti inzuppati. Per questo Léo la trovò ancora più bella, anche se bella non lo era più.

La accompagnava da un uomo, non elegante ma distinto, che si presentava come dottore e restò un passo dietro a lei.

Léo non seppe cosa dire e per fortuna fu Marie a parlare.

Disse che cercavano Scaramouche, l’Ammazzaincredibili, il castigatore dei muschiatini, e se ora non si trovavano al suo cospetto, allora avevano sbagliato persona e l’avevano disturbato per nulla.

Léo prese tempo. Chiese chi fosse il tizio che l’aveva accompagnata fin li. E allora Marie gli fece cenno di venire avanti.

Il dottor D’Amblanc, così disse di chiamarsi, andò dritto al punto. Se Scaramouche combatteva la Gioventù Dorata, allora forse gli sarebbe interessato colpire il capo dell’Armata dei Sonnambuli. Lui sapeva chi era e voleva trovarlo.

– Lo sanno tutti che è il Senzanaso a guidarli, – commentò Léo.

D’Amblanc disse che no, quello era soltanto il braccio destro. C’era qualcun altro, un uomo molto più scaltro, tanto da non farsi vedere in giro.

– Voi come lo sapete? – chiese Léo.

D’Amblanc rispose che era una lunga storia e poteva raccontargliela, se Scaramouche era disposto ad aiutarli.

Léo cercò conferma in Marie. Lo sguardo di lei gli disse che poteva fidarsi. Se le loro strade si incrociavano di nuovo, una ragione doveva pur esserci. Una variante del copione. Un inatteso cambiamento di scena. Forse anche dei personaggi.

Offrí loro due sgabelli tarlati e si mise in ascolto.

Quando D’Amblanc ebbe finito di parlare, Léo rimase a lungo meditabondo. Non era sicuro di avere afferrato tutto. La faccenda del fluido magnetico non gli tornava. Eppure, a sentire quel dottore, spiegava la straordinaria resistenza dei sonnambuli.

– Con tutto il rispetto, cittadino, questo fluido mi sembra una specie di magia...

D’Amblanc non colse la provocazione. Disse che, in un certo senso, quello che dovevano scovare era un negromante, uno stregone. Un uomo molto pericoloso. Senza di lui, i sonnambuli avrebbero perso i loro poteri.

– Chi vi dice che questo tizio non abbia trasmesso le sue... capacità anche a qualcun altro? – domandò Léo.

Era chiaro che D’Amblanc si aspettava la domanda, perché rispose senza esitare: non era quel tipo d’uomo. Non voleva allievi, ma soldati.

– Chi è? – lo incalzò l’attore.

La risposta non fece che aumentare la sua curiosità. Un piccolo nobile di spada. Una comparsa che si era fatta largo fino a guadagnare un ruolo di una certa importanza. D’Amblanc sospettava che godesse di protezioni politiche. E che avesse progetti a lungo termine.

Léo provò un vago moto di simpatia per quell’uomo. Chissà che Scaramouche non avesse trovato un degno avversario...

– È per questo che volete fermarlo?

D’Amblanc rispose che aveva i suoi motivi, non facili da spiegare. In ogni caso, quell’uomo andava fermato.

Tuttavia, Léo voleva essere certo delle intenzioni di quei due.

– E voi? – chiese rivolto a Marie. – Cosa c’entrate in questa storia?

Lei rispose che il dottore l’aveva aiutata. Le aveva salvato la buccia, e adesso lei gli rendeva il favore.

L’italiano si avvicinò a D’Amblanc fin quasi a sfiorargli il naso con il proprio.

– Guardatemi in faccia, dottore. Fate sul serio? Perché quelli non li dovrete curare. Li dovrete spacciare. Non è gente molto cortese, mi spiego?

D’Amblanc rispose che lo sapeva bene. Insieme avrebbero fatto quel che era necessario.

Léo si guardò attorno. Pensò al sottano polveroso in cui era ridotto a vivere, ai quattro stracci che indossava, al vestito di Scaramouche che Marie Nozière gli aveva procurato tempo prima, nascosto sotto il materasso di paglia, insieme al suo «bastone da passeggio». Cosa aveva da perdere?

Tornò a rivolgersi a D’Amblanc.

– Come intendete fare?

Il dottore apparve incoraggiato dalla domanda. Disse che bisognava torcere il braccio destro fino a costringere anche la testa a piegarsi.

Quell’immagine divertí Léo.

– Siete sicuro? – disse. – Il Senzanaso non gira mai da solo. Ha una scorta di quattro uomini, che lo accompagnano anche a pisciare. Gecchi forzuti, che non vanno giù finché non li ammazzi...

Ecco, pensò Léo, ora il dottore sapeva che anche lui teneva d’occhio La Corneille. Ne seguiva gli spostamenti, convinto che i cordoni della borsa li reggesse lui, ma perplesso che un relitto del genere potesse essere così munifico. Certo era che senza borsa i muschiati si sarebbero sciolti come merda sotto la pioggia.

D’Amblanc disse che poteva spezzare la catena magnetica. Sapeva come fare. A quel punto, glielo assicurava, sarebbero andati giù come chiunque altro.

– Sono sempre cinque contro due, – gli ricordò Léo.

– Cinque contro tre, volete dire, – soggiunse Marie.

I due uomini la fissarono sorpresi, ma la determinazione che lessero sul suo volto li spinse a non fare obiezioni.

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