7. Su Armand Chauvelin.

La prima notizia che abbiamo di Armand Chauvelin (1755-?), dopo le vicende qui raccontate, risale al 10 vendemmiaio, anno IV, quando egli invia alla Convenzione un rapporto riservato riguardo ai preparativi di rivolta orchestrati dai monarchici. Questo rapporto, insieme ad altri simili, permetterà alle truppe parigine, guidate anche da Napoleone Bonaparte, di prendere rapide contromisure e di difendere la Repubblica dall’assalto di circa venticinquemila insorti.

Poco più tardi, nel frimaio dello stesso anno, Chauvelin è tra i primi aderenti alla riunione degli amici della Repubblica, meglio nota come «club del Panthéon». Qui ascolta i discorsi di Gracco Babeuf e di Filippo Buonarroti, convinti sostenitori di un ritorno alla costituzione giacobina dell’anno I, al fine di raggiungere la perfetta uguaglianza e la felicità comune. Il club viene chiuso l’8 ventoso dell’anno IV, per ordine del comandante in capo dell’esercito dell’interno, cioè ancora una volta Napoleone Bonaparte.

Ritroviamo Armand Chauvelin l’11 maggio 1796, incarcerato nella prigione del Tempio, in compagnia di Babeuf, Buonarroti, Amar, Rossignol, Darthé e dei principali esponenti della congiura degli eguali, una cospirazione che intendeva rovesciare il direttorio, abolire la proprietà privata e collettivizzare le terre. Condotto di fronte all’alta corte di Vendòme, viene scagionato un anno più tardi, l’8 pratile, anno IV (27 maggio 1797), mentre la ghigliottina si abbatte su Francis Noël detto Gracco Babeuf.

In seguito le sue tracce si perdono, finché il 15 nevoso dell’anno IX (5 gennaio 1801) la polizia lo arresta con l’accusa di aver attentato alla vita di Napoleone Bonaparte, tramite un carretto esplosivo piazzato in rue Saint-Nicaise alla vigilia di Natale. Il complotto si sarebbe rivelato di matrice monarchica, ma sulle prime le indagini si indirizzarono negli ambienti degli ex e neogiacobini, e furono un buon pretesto per colpirli. Tra gli imputati, insieme a Chauvelin, figura anche il generale Jean-Antoine Rossignol, già implicato nella congiura degli eguali. Entrambi vengono condannati senza processo, insieme ad altri sessantotto, e deportati nelle isole Seychelles, dove giungono il 22 messidoro (11 luglio 1801) dopo ottantanove giorni di traversata. In seguito a ripetuti incidenti tra i coloni locali e i proscritti, trentadue di questi vengono ulteriormente deportati nell’isola di Anjouan, alle Comore, e qui trattenuti in cambio di un rifornimento di armi per il sultano, in lotta con le tribù pagane del Madagascar. Ventuno dei nuovi arrivati si ammalano e muoiono nel giro di pochi giorni. Altri otto fuggono verso la Grande Comore e poi Zanzibar (si veda J.–B.–A. Lefranc, Le sventure di numerose vittime della tirannia di Napoleone Bonaparte, ovvero Rassegna delle disgrazie di 71 francesi deportati senza giudizio alle isole Seychelles, in seguito all’attentato con la macchina infernale del 3 nevoso anno IX (24 dicembre 1800). Da parte di una delle due sole vittime sopravvissute alla deportazione, Veuve Lepetit, 1816). Il nome di Armand Chauvelin non figura né tra i compagni del fuggitivo Lefranc, né tra i decessi di Anjouan, mentre risulta che Jean-Antoine Rossignol mori di dissenteria, ad Anjouan, il 27 aprile 1802.

La notizia della sua banale scomparsa venne accolta con grande incredulità a Parigi, e in particolare al faubourg Saint-Antoine, il quartiere natale di Rossignol. Nacquero sul suo conto e su quello dei suoi compagni numerose leggende, culminate con la pubblicazione, nel 1817, di un romanzo in quattro tomi di A.–P.–F. Ménégault, intitolato Il Robinson del quartiere di Saint-Antoine; ovvero relazione delle avventure del generale Rossignol e del sig. A. C***, suo segretario. Deportati in Africa all’epoca del 5 nevoso; contenente nuove nozioni sull’interno dell’Africa, e dettagli sugli sviluppi di una repubblica fondata da Rossignol presso il Monomotapa, e della quale egli era ancora presidente nel 1816.

È difficile resistere alla tentazione di immaginare che la sigla A. C*** sia la traccia romanzesca lasciata dal nome di Armand Chauvelin, sebbene della Repubblica fondata da Rossignol nelle terre degli attuali Mozambico e Zimbabwe non vi sia alcun riscontro storico.

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