5.

Scrutando con ansia il cortile interno, Philippe Pinel pensò a quanto le cose possono cambiare nel volgere di brevi stagioni. Questo era vero prima del 1789, e lo era in misura ancora maggiore in quel duodì dell’anno II. Eppure, mai si sarebbe aspettato di dover rivedere alcuni capisaldi delle proprie conoscenze a causa di una terapia come quella di Mesmer.

Per due lunghe settimane aveva consultato i testi più aggiornati, in cerca di casi analoghi e ipotesi plausibili. Si era anche riletto la famosa relazione contro il fluido magnetico, stilata da illustri accademici quando la Francia non era ancora Repubblica. Suggestione, avevano decretato allora Lavoisier, Franklin e compagni. Il convincimento di essere guariti scambiato per vera guarigione. Ma la semplice suggestione non bastava a chiarire come un uomo possa convincere cinquanta alienati a eseguire il suo volere e a non desistere nemmeno sotto le percosse, come automi caricati da una molla, per di più infrangibile.

Alla fine, si era dovuto arrendere: fra le mura di Bicêtre era accaduto un fatto nuovo. Un fatto che si poteva comprendere ricorrendo a una teoria caduta da tempo in disgrazia. Sempre che, al di là della voga dei salotti, il mesmerismo avesse mai convinto qualcuno.

Pinel si corresse. Quell’osservazione era imprecisa. Negli anni prima della rivoluzione, in effetti, il mesmerismo aveva sedotto fior di intelletti, non solo signore annoiate o isteriche. Bisognava ammetterlo. Uomini come Bergasse, come il conte D’Artois, come Lafayette. Nemmeno dopo il parere di quella commissione scientifica, nemmeno dopo che Mesmer se n’era tornato in patria portando con sé il frutto in denaro sonante di cinque anni di traviamento collettivo, nemmeno allora il mesmerismo era sparito del tutto. Quell’epoca recente aveva prodotto lasciti, bisognava ammettere anche questo. Se i medici parigini sperimentavano l’uso terapeutico dell’elettricità, lo si doveva più a Mesmer che a Luigi Galvani.

Cosi, eccolo allo scrittoio, davanti a un foglio bianco. La lettera che doveva scrivere era la richiesta di una consulenza. Meglio, era una richiesta d’aiuto.

La persona a cui si rivolgeva gli era nota, un dottore devoto alle dottrine di Mesmer. Orphée d’Amblanc, si chiamava. Avevano avuto una corrispondenza, anni prima, a proposito del cosiddetto magnetismo animale. Quell’uomo era riuscito a contrapporre al suo scetticismo alcune argomentazioni interessanti. Si augurò che abitasse ancora allo stesso indirizzo e intinse la penna nel calamaio.

Stimato dottor D'Amblanc,
spero che questa lettera vi trovi in buona salute e in buona disposizione d’animo. Perdonatemi se non mi dilungo in formule di cortesia e vengo subito alla ragione per cui vi scrivo.
Ricorderete senz’altro lo scambio che intrattenemmo riguardo alla teoria del magnetismo animale, e rammenterete anche il mio scetticismo.
Da alcuni mesi svolgo l’incarico di medico dell’infermeria di Bicêtre. Ebbene, alcuni fatti accaduti tra queste mura mi spingono a riconsiderare la mia posizione di un tempo.
Uno dei convittori dell’ospedale si è dimostrato in grado di suggestionare gli alienati, anche più d’uno alla volta, per sottometterli al suo volere e addirittura comandarli a distanza.
Vorrei fornirvi i dettagli di persona, perciò vi invito a raggiungermi qui, per conferire con me ed esaminare il caso.
Le vostre conoscenze in questo campo superano di gran lunga le mie e quelle di tutte le persone che conosco.
Spero dunque di poter contare sulla vostra competenza e sul vostro aiuto.

Pinel rilesse con attenzione, scandendo a mezza voce alcuni passaggi. La missiva era concisa, diretta. Tra le righe, filtrava la preoccupazione che lo agitava da giorni. Non conosceva bene D’Amblanc, ma da ciò che si diceva di lui e dai ricordi della loro antica frequentazione, non sembrava uomo da tirarsi indietro di fronte a una richiesta d’aiuto e a un’occasione di ricerca scientifica.

Pinel chiuse la lettera, vi appose un sigillo, si alzò dallo scrittoio e tornò a guardare fuori.

Il cortile era spazzato dal vento. Si alzavano nubi di polvere.

Osservazioni mosse al dipartimento dei Lavori pubblici dai cittadini gillet, commissario di polizia della sezione sulla via di Montreuil; almain, della sezione dell’Indivisibilità; e passounaud, della sezione di Quindici Venti, del foborgo di Sant'Antonio, dove dal 26 pratile, sulla piazza del Trono Rovesciato, si fanno le esecuzioni e inumazioni dei condannati dal tribunale rivoluzionario.

1. Sulla piazza dell’esecuzione si è scavato un buco di circa una tesa cuba, dove scola il sangue dei suppliziati e l’acqua con la quale si lava il posto. Questo buco è pressocché pieno e manda un odore pestifero del quale tutti coloro che abitano sottovento si lagnano grandemente. Conviene coprire questo buco e farne un altro accanto, più profondo, fino a incontrare una terra capace di assorbire il sangue.

2. Dalla piazza dell’esecuzione al cimitero di Picpus non esiste altro che un percorso lungo il muro di cinta, il quale, non essendo pavimentato, è impraticabile, specie per il nuovo tipo di carri che trasportano i cadaveri; questi carri, avendo ruote troppo basse, si piantano nella sabbia e la terra smossa li blocca, a prescindere dal numero di cavalli che gli si può attaccare. Converrebbe far pavimentare uno stretto cammino, lungo questo muro, per una lunghezza complessiva che può essere valutata in duecento tese superficiali di pavé.

3. Nel cimitero è del tutto impossibile verbalizzare, il più delle volte di notte, all’aria aperta, alla pioggia o quando il vento impedisce di tener acceso un lume, Poiché nel suddetto cimitero esiste una grotta, si tratterebbe di metterci giusto due infissi e di chiudere la detta grotta con una porta. Allora si potrà redigere al coperto la lista esatta degli effetti personali del suppliziato; si potrà lasciare là il registro, sopra un tavolino, e tenervi l’inchiostro, la penna e una luce. L’intera spesa di tale chiusura non arriverà mai a cinquanta lire, mentre una sola redingote dimenticata può diventare una perdita di cinquanta lire per la nazione, e quando piove o c’è vento ne possono davvero scappare parecchie.

A Parigi, questo 21 messidoro, l’anno II della Repubblica francese, una, indivisibile e imperitura.

FIRMATO

Gillet

Almain

Passounaud detto Treignac

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