I.

Decade 1, giorno della mora, nonidì di termidoro dell’anno II della Repubblica.

Che poi sarebbe il 27 luglio. Nove stronzidì a travagliare in attesa del giorno di festa, e la sera non si fa in tempo a trarre il più smerdo e smorto dei sospiri che ti giunge la novella:

– Hanno arrestato Robespierre!

– Robespierre chi? – domanda qualcheduno, che non ti viene in mente un quesito più sdozzo, di quelli che si fan giusto per prendere tempo, ché certe notizie ti arrivano come un papagno sul mezzo del labbro, mica sei pronto subito, e allora va bene qualunque cosa per gagnare un minuto secondo, anche uno sbatter di ciglia potrebbe bastare, così ti raccatti a fiatare la roba più fessa del mondo, tipo (a labbro gonfio): «Prego?», e magari il papagno che segue lo pari, e lo ritorni doppia razione, e ci fai pure la porca figura. Ma una notizia così è ben peggio di un papagno. E così, la domanda sdozza cade male.

– Come sarebbe a dire, «Robespierre chi»? Robespierre Robespierre. Lui.

– L’Incorruttibile?

– Dura ancora molto? Cosa sei, un merlo indiano? Proprio lui, Massimiliano Robespierre. E suo fratello Agostino detto Bonbon. E anche Saint-Just.

– Saint-Just?

– Si, Saint-Just. Diteglielo anche voialtri, su!

– È vero, li hanno arrestati. E insieme a loro Couthon... Le Bas e Hanriot del comitato di sicurezza generale... Dumas...

– Dumas il presidente del tribunale rivoluzionario?!

– Proprio lui. Li han portati al Lussemburgo poco fa. Per ordine della Convenzione.

Per un po’ ci s’azzittisce, e ciascheduno si domanda che ne sarà d’ora innanzi della rivoluzione, nonché delle nostre povere budella.

Robespierre in prigione. Sembra ieri che lo festavamo alla processione per l’Ente Supremo, con lui che marciava nella sua marsina turchina, petto all’infuori, in capo alla delegazione di deputati, venti passi avanti a tutti, mezzo condottiero e mezzo papa. La rivoluzione, ha detto una volta Machand...

– E chi sarebbe?

– Un arrotino del Pantano. La rivoluzione, diceva, è come quei mazzi di carte da gioco dove re, dame e cavalieri son divisi a metà, una diritta e l’altra rovesciata, testa insù e testa dabbasso, giri e rigiri la carta ma cambia un cazzo, il re che sta diritto è sempre insieme a quello capovolto, che è come se gli tirasse il ghignone, come se da sotto gli dicesse: «Io sono te che vai a finir male! Goditela finché puoi, perché il mondo si arbalta!» Quel giorno là, al Campo di Marte, sembrava che Robespierre se la godesse. Noialtri lo si è saputo solo più avanti che, dadietro, dei deputati bofonchiavano e gli facevano mina grigia, tipo pissipissi ma in modo che gli giungesse alle recchie. Mentre passavano, qualcheduno di noi li ha sentiti, e più tardi ci ha riferito. C’erano Thirion, Montaut, Ruamps... Gli dicevano robe tipo:

«Dittatore stracciaculo, ti ci rompi il becco, prima che poi».

«Cialtroncello, non ti credere che va sempre bene».

«Ricordati la fine del Capeto».

In pratica, gli han rovinato il tripudio. L’Incorruttibile faceva buon viso a cattivo sangue, ma è vidente che l’ha patita, perché dopo quel giorno han detto che s’era preso del raffreddume e non si è fatto vivo per due decadi.

– Fors’anche tre.

Può essere che meditava sul da farsi. Solo che, quand’è tornato, non è che si sia mosso proprio bene: ha tirato ben tanto la corda, anzi, più d’una, ha tirato tante corde che alla fine ci si è trovato ingrovigliato. Ogni giorno un discorso per denunziare dieci complotti diversi, a sentir lui e Saint-Just eran tutti controrivoluzionari tranne loro. E non era tempo di scherzi: se uno era creduto un controrivoluzionario, dall’oggi al domani lo rivedevi scorciato. Intanto girava la cittadina Fame, certuni di noialtri sotto i calzoni avevano solo cotenna e ossa, e c’era chi diceva che la nazione doveva pensare a questo, non ai giochi di spie...

Alla fine una parte della Convenzione si è stufata di sentirli che minacciavano a destra e a manca.

– Soltanto a destra. Alla loro manca non restava più nessuno.

– Esatto, e nessuno poteva più difenderli dalla destra.

– Qualcuno ci ha provato: il comune è insorto.

Bastante vero. Quella sera di no vedi, non si fa in tempo a digerire la notizia degli arresti, che subito arriva la giravolta: il comune di Parigi ha liberato Robespierre e gli altri, e li ha portati al municipio. A quel punto sembra che ce l’ha Robespierre il mannarino dalla parte del manico...

– Lo ricordo bene, Hanriot ha fatto puntare mille cannoni contro le Tegolerie...

Bum!

– Macché, alla fine non hanno sparato.

– «Bum» perché tu l’hai sparata. Dondecazzo li prendevano mille cannoni? Erano un centinaio di cannonieri.

Cheti, ché si perde il filo... A ogni modo, Robespierre e Saint-Just terginicchiano, parlaversano, fan passare le ore, e intanto i loro sostenitori radunati in piazza della Grava si nervosiscono, anche perché stanno a stomaco vuoto. Si guardano l’un l’altro, si chiedono che ci fan li, maledicono la puttana di mamma e di nonna perché non arriva un ordine che sia uno. Passata la mezzanotte arriva voce: Robespierre è dichiarato fuorilegge. Vuol dire che quando lo brancano, lo stangano senza processo, lui, Saint-Just e tutta la banda, e già li si chiama traditori. La rivoluzione, diceva Trabant...

– Arrotino pure lui?

Maniscalco. Del foborgo San Germano. La rivoluzione, diceva, è un carnevale più lungo del consueto, che si slunga fino a contenere la quaresima, la resurrezione, tutto quanto.

– Parecchio filosofi, i maniscalchi di San Germano.

Dopo il nunzio, i fedelissimi si dispargono. È la fine dell’insurrezione. La forza pubblica irrompe nel municipio. Le Bas si spara in testa e tinteggia di rosso una parete. Robespierre prova a imitarlo ma riesce solo a sfracellarsi una mascella. Lo trovano che ulula, stracciato dal dolore. Lo strattona via un gendarme che di cognome fa Merda.

– Merdà?

Merdà. Bonbon Robespierre si butta giù da una finestra ma riesce solo a spaccarsi una gamba. Couthon si finge stecchito ma non ci cascano. Hanriot rimane ferito nessuno ricorda più come. Saint-Just non frappone resistenza, si fa arrestare a zucca alta, bel bello come un dio, il capello che fa l’onda.

Li scorciarono tutti il giorno dopo, primo decadi di termidoro, alle cinque della sera. Per una decade seguitarono a cadere zucche. Ottanta membri del comune incontrarono Madama Ghigliottina.

– Brutta storia. E dopo?

Eh, dopo. Dopo, fu tutta quaresima.

– Ne è valsa la pena?

Troverai sempre qualcheduno che dice di no, si tratti del senno di poscia (troppo facile) o del senno dei servi (più facile ancora). Fosse per quelli così, non si farebbe mai una sega. Noi abbiamo provato a costruire la torre, ricordi? La torre che permettesse di sguardare il mondo, e i tiranni del mondo cadere dabbasso. Per questo gli si è voluto bene a Robespierre e Saint-Just, anche quando stavano sul cazzo. Persino quando ribollivano come la zuppa di latte, e minacciavano di spiccarci la zucca, persino quando dicevano che noialtri non eravamo noi ma foresti venuti da fuori a sobillare noi stessi, persino quando sviavano in galera qualcheduno di sbagliato, si può dire che noi, popolo sanculotto, gli si è voluto bene. Delle volte è in modo strano che si ama. In Campo di Marte abbiamo festato l’Incorruttibile, e poco tempo dopo lo han festato nell’altro modo.

A quel punto è cambiato tutto. Tempo al tempo, ché te lo si conta. C’è mica da aver fretta.

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