L’odore di arrosto era un rigagnolo sospeso tra le case. Scorreva silenzioso ad altezza d’uomo, sfiorava i davanzali delle prime finestre e il vento gelido lo spingeva lontano lungo la via. Bastien lo seguiva naso all’aria, come un cane da lepre. La colazione con mezza cipolla gli aveva solo rinnovato l’appetito. Non impiegò molto tempo a scovare la sorgente del profumo: sgorgava dalla macelleria dei fratelli Napie.
Una fila di trenta persone orlava il muro dell’edificio, dall’ingresso fino all’angolo di un vicolo. Bastien si mise in coda, gli occhi bene aperti, dietro due massaie che leggevano «Il Papà Duchesne». Subito notò che nella bottega entravano molti più clienti di quanti non ne uscissero col cartoccio sottobraccio. Segno che tutti gli altri usavano un’uscita secondaria. Dunque avevano qualcosa da nascondere.
Attese il suo turno di varcare la soglia. L’odore di arrosto lo lasciò a bocca aperta: pareva di potersi saziare anche solo girandoci dentro la lingua. La matrona davanti a lui aveva il culo grosso come un cuscino, e Bastien immaginò di sprofondarvi la faccia e addentarle una chiappa. La donna cinguettò col macellaio qualche frase incomprensibile. Quello, invece di servirla, la fece accomodare nel retrobottega.
– Carne ce n’è? – domandò allora Bastien, e riconobbe sul volto dell’uomo l’ombra di malcelata inquietudine che coglieva sempre i commercianti, quando si ritrovavano di fronte il garzo di Treignac.
– Finita, – rispose Napie. – L’ultimo pezzo con le gioie se lo sono già preso. Adesso mi sono rimaste le gioie, ma senza la carne.
Il bottegaio fece un gesto col braccio, a indicare dietro di sé, sul banco di legno, un mucchio di ossi, tendini e sfilacci di grasso. Bastien si sporse a guardare.
– Allora perché ci fai stare in fila, se non hai più niente?
– Vedi, – sospirò il macellaio, il tono mieloso da ti–spiego–come–va–il–mondo, – tanta gente compra gli ossi per farci il brodo.
Il ragazzo finse di prendere per buona la spiegazione, girò i tacchi e filò via senza nemmeno salutare. Conosceva bene lo stratagemma della carne cotta: visto che la legge fissava un prezzo massimo per la carne cruda, quelli te la vendevano arrosto, al doppio della cifra, poi dicevano che la differenza era per via del fuoco, della legna, del sale.
A passo svelto arrivò alla bottega di Treignac e lo trovò intento a risuolare un paio di stivali.
– Il macellaio Napie vende la carne cotta e fa uscire i clienti dal retro, – disse in un fiato.
Treignac annuí, senza alzare gli occhi dal lavoro.
– Lo so.
– Se ci vai subito, lo becchi proprio con le mani nel sacco, – insistette il ragazzo.
– Ci vado stasera, – rispose Treignac ancora concentrato sulla cucitura della tomaia.
– Perché? – protestò Bastien. – È adesso che sta imbrogliando!
Treignac appoggiò lo stivale al banco da lavoro e passò le mani sul grembiale sozzo.
– Ascolta, qua è come dare la caccia alle mosche in un letamaio. Se arrestiamo tutti i commercianti che non rispettano le regole chi la vende la roba? Tu?
La fronte di Bastien disegnò rughe molto esplicite. Il ragazzino puntò l’indice contro un manifesto appeso alla parete.
– Allora che ci sta a fare la tabella dei prezzi?
Treignac sospirò.
– Hai la stessa testa dura di tua madre. Il maximum è una cosa giusta, che impedisce ai prezzi di salire senza controllo. Però ci vuole pazienza, siamo in guerra col mondo intero, e allora per forza c’è poco pane, e quel poco costa di più, e se vuoi farlo pagare meno, va a finire che sparisce del tutto. Dobbiamo tenere i prezzi sotto controllo, ma dobbiamo anche lasciare che i negozianti ricavino il loro guadagno. Robespierre fa una legge dietro l’altra, per far viaggiare la farina, per andarsi a prendere quella imboscata, per piantare più grano e raccoglierne di più. Tutte cose che vogliono tempo. Magari già quest’estate avremo il pane, la carne, i prezzi bassi e la pace, ma prima di allora è tanta grazia se non si crepa di fame.
Lo stomaco di Bastien rispose con un brontolio che valse più di una replica. La cipolla della colazione era ormai un lontano ricordo. Treignac pescò una galletta da un involto di carta e la lanciò al ragazzino che l’afferrò al volo.
– Succhia, non mordere, o ti spezzi i denti dal gran che è dura.
Bastien portò il cibo alle labbra con cautela.
Treignac lo guardò di sottecchi.
– Sei venuto solo per dirmi di Napie?
Il ragazzo esitò, concentrato a rosicchiare la galletta.
– Hai chiesto ai tuoi amici? – biascicò.
– Si, – annuí Treignac, che aspettava quella domanda.
– Pare che vive a casa di quell’attrice. Sta bene, comunque. Adesso che le società femminili sono state sciolte avrà meno occasioni di cacciarsi nei guai.
Riprese tra le mani lo stivale, ma prima di rimettersi al lavoro si rivolse ancora a Bastien.
– È gagliarda. Se la caverà.
Il ragazzo non disse nulla. Mosse la mano in segno di saluto e sparì fuori, in strada, con la galletta tra lingua e palato.
«L’AUDITORE NAZIONALE»
n. 436, pagina 2
Estratto dal resoconto
della seduta della Convenzione nazionale
11 frimaio, anno II (I° dicembre 1793)
bourdon (del dipartimento dell’Oise), a nome del comitato per l’agricoltura, propone alla discussione un decreto sul prosciugamento degli stagni. Egli fa notare che queste masse d’acqua furono create, in maggioranza, da monaci e beneficiari ecclesiastici, i quali, per avere bei pesci, sacrificarono i cantoni più fertili delle nostre campagne. Dichiara inoltre che in tutte le contrade dove esistono questi stagni, i raccolti di grano vengono quasi sempre rovinati dal gittaione, una pianta tossica, e i paesi sono spesso preda di epidemie. Pertanto, il prosciugamento degli stagni produrrebbe due risultati assai vantaggiosi: l’aria più salubre e la restituzione di cinquecentomila acri di terreno all’agricoltura.
diversi membri domandano che si decreti solo il prosciugamento degli stagni nocivi per il raccolto e pericolosi per la salute.
Ma danton interviene: «Tutti noi appoggiamo la congiura contro le carpe e amiamo il regno dei montoni. Domando che il progetto venga messo ai voti».
Dopo un ulteriore dibattito, si decretano i due seguenti articoli:
Art. 1. Tutti gli stagni e i laghi della Repubblica che si usa svuotare per raccoglierne i pesci, quelli formati da dighe o chiuse, verranno prosciugati entro il prossimo 15 piovoso.
Art. 2. Il suolo degli stagni prosciugati verrà seminato con grano marzolino, o con ortaggi commestibili per l’uomo.
Su proposta di un membro, la Convenzione nazionale incarica inoltre il suo comitato per l’agricoltura di presentare un progetto di decreto per la semina di quei parchi e giardini che fino a oggi sono stati consacrati solo al lusso e al superfluo.