6.

Da dove stava, Marie Nozière vedeva una figuretta tonda, traballante sulle gambe secche e storte. Tra loro una distesa di cuffie, cappelli e berretti frigi, da sotto i quali sbuffava il fiato del popolo di Parigi. Marie aveva già visto il re, da più vicino, quando aveva partecipato alla marcia su Versailles, l’anno della presa della Bastiglia. Lo aveva visto affacciato al balcone della reggia, insieme alla regina e a Lafayette. Un giorno e una notte sotto la pioggia si era dovute stare perché quei tre si mostrassero al popolo. La sua amica Annette s’era beccata la polmonite e quasi aveva reso l’anima al Creatore.

L’idea di marciare su Versailles per costringere il re a traslocare a Parigi, più vicino al popolo e all’assemblea nazionale, l’avevano avuta le donne, anche se adesso qualcuno fingeva di non ricordarselo, e invitava il gentil sesso a starsene a casa, ché la decapitazione di un re non è spettacolo da femmine. Col zullo! Quel giorno di tre anni prima, le donne avevano alzato sulle picche le teste delle guardie, per far capire che Parigi non scherzava. Chi l’avrebbe detto che si sarebbero ritrovate in quella piazza ad attendere che rotolasse la testa del re. Se solo si fosse accontentato di restare a Parigi, invece di provare a svignarsela alla chetichella, per cercare asilo da qualche parente austriaco della regina...

Uno strattone alla sottana la costrinse a guardare in basso.

– Mamma, non vedo! Tirami su!

Marie sbuffò.

– Pesi troppo.

– Ma non vedo! – si lagnò il ragazzino.

Un mucchietto d’ossa, pelle e muscoli acerbi sotto i vestiti troppo larghi. Eppure le arrivava già alle spalle. Questo le dava la misura del tempo passato da quando il fantolino le era sgusciato fuori dal ventre.

– Voglio vederlo.

Lei gli tappò la bocca con la mano e si alzò sulle punte degli zoccoli, allungando il collo. Il re stava dicendo qualcosa. Altroché, stava parlando alla folla. A Marie parve che tutti drizzassero le orecchie per afferrare quelle ultime parole e lo stesso fece lei. Udì la parola «accusa». Udì la parola «Francia». Ma il boia Sanson e i suoi aiutanti strattonarono il re verso la panca e lo distesero per il lungo.

– Che ha detto? – chiese Marie a quelli più avanti.

Una cuffia ruotò. Sotto la cuffia, una donna né giovane né vecchia.

– Che non s’è pentito, maledice chi lo scanna e il suo sangue schizzerà su di noi.

– Fin qua non credo, – aggiunse un gecco poche teste più in là.

– Avete i tarli nelle urecchie? – sibilò un altro. – Ha detto sono innocente, il mio è il sangue della Francia...

– Silenzio! Il re ha detto che ci perdona tutti, altroché! –sentenziò un terzo.

Perdono o no, il collo del re era ormai nel buco.

Marie senti di nuovo tirare la sottana.

– Prendimi su, prendimi su!

Il ragazzino fece per arrampicarsi. Lei gli mollò uno scappellotto.

Share on Twitter Share on Facebook