Alle nove del mattino, Marie Nozière entrò nella drogheria del cittadino Vaillant e domandò tre libbre di sapone, dieci candele e un panetto di zucchero.
Lo speziale parecchio sul bancone una cassa di legno e due grossi vasi. Stese sul piatto della stadera una carta incerata e pesò la merce con gesti precisi, segnando le cifre a gesso sul legno davanti a sé. Mentre era alle prese con l’aritmetica, uno spiffero ghiaccio lo avvisò dell’arrivo di nuove clienti. Alzò la testa, le salutò una per una, quindi chiuse i tre pacchi e comunicò il totale: nove lire e quindici soldi.
L’annuncio diede il via al solito rosario: quei baiocchi erano quattro giornate di lavoro di una brava cucitrice. Mugugni che di norma si ammollavano in una battuta, ma quel giorno nessuna era in vena di scherzi.
Marie passò le dita sui conti del bottegaio, afferrò il gesso che ancora rotolava sul bancone e scrisse:
Zuccaro, 20 s.
Sapone e candelle, 12 s.
Tirò una riga dritta come una coltellata, ci segnò sotto numeri e calcoli, e alla fine dello sforzo disse che avrebbe pagato due lire e diciotto soldi.
– Come volete, – rispose Vaillant, – per quella cifra li posso darvi, vediamo, un cucchiaio di zucchero, quattro candele e...
Il bottegaio sentì di nuovo lo spiffero e vide altre cinque megere infilarsi nella porta. Adesso nella stanza c’erano almeno una dozzina di donne, pigiate tra il banco e le scaffalature.
– Non avete capito, – disse Marie schiaffando sul tavolo tre assegnati da venti. – Quelli lì sopra sono i prezzi in vigore da stamattina.
– In vigore? E chi li ha invigoriti?
– Noialtre, – si fece avanti Georgette, e frullò la mano per indicare il crocchio che si era addensato dietro di lei.
Il negoziante buttò un’occhiata distratta sul tariffario che gli si voleva imporre.
– Per quelle cifre li non avrei convenienza nemmeno a far venire i sacchi dal magazzino.
– Ai sacchi ci pensiamo dopo, – gli sorrise Marie. – Scommetto che ne hai pure di farina, di quella che al mercato non si trova da quattro giorni.
Il bottegaio fece un passo indietro e con le mani sui fianchi spinse in avanti la pancia, come per farsene scudo.
– State dicendo che sono un monopolatore?
Marie alzò le spalle e il tono di voce.
– Dateci quello che chiediamo al prezzo onesto che chiediamo, e nessuno lo dirà. Anzi, diranno che siete un esempio. .. – cercò le parole, – di pubblica virtù.
Vaillant puntò un gomito sul bancone e si prese in mano il mento con aria pensosa. L’altro braccio, intanto, scivolava sotto il ripiano e ricompariva armato di un mannarino, che piantò di netto sul banco davanti a sé. Le donne trasalirono.
– Questo esempio vi basta, cittadina Nozière?
Uno spruzzo d’acqua zozza cancellò l’espressione minacciosa dalla sua faccia.
– Tie’! – esclamò Georgette.
Il bottegaio portò le mani al volto, si dimenò, sputò e bofonchiò più volte «Puah!» Marie, lesta, gli sottrasse il mannarino. Alle sue spalle, cinque siringhe brandite come pistole erano pronte a sparare ancora melma e piscio di cavallo. Nel mentre, altre donne si accalcavano fuori la porta e quelle dentro cominciavano a urtare scatole e vasi e a piluccarne il contenuto.
Vaillant decise che era meglio accontentare le clienti, piuttosto che farsi derubare o sfasciare il negozio.
– Mi arrendo, – disse alla fine, sotto la minaccia della lama che aveva tenuto per il manico fino a poco prima. – Ecco i vostri pacchi, cittadina Nozière.
Raccolse gli assegnati dal bancone e con gran flemma si mise a cercare il resto di due soldi.
Il bottegaio Vaillant aveva servito a malapena una decina di clienti, quando senti la voce di Treignac aprirsi un varco tra quelle che stavano in fila.
– Largo, largo! Che è ’sta ressa?
Erano andati a chiamarlo a bottega perché venisse a mettere pace, e non aveva fatto in tempo a togliersi il grembiule lercio del mestiere. Treignac infatti era ciabattino, ma per conto della rivoluzione esercitava anche l’incarico di sbirro del circondario, con tutta l’equità di cui era capace.
Non ebbe difficoltà a raggiungere il bancone e a frapporsi tra quello e le donne.
Treignac già lo sapeva che Marie Nozière era tra le muse di quei disordini, ma quando se la trovò davanti, dall’altra parte di un arnese affilato, ci restò male lo stesso. Primo, perché era la più tignosa di tutte le donne del foborgo e, secondo, perché avrebbe preferito incontrarla in un’occasione più distesa.
L’apparizione dello sbirro, invece, stampò sul viso di Vaillant un ghigno compiaciuto.
– Commissario Treignac! – esclamò pieno di riconoscenza. – Meno male che siete arrivato. ’Ste megere mi stanno derubando.
– Balle! – gridarono diverse voci.
– Nessuno ruba niente, – spiegò Marie. – Compriamo la merce al prezzo di tre anni fa, prima che le sanguisughe si mettessero a far quattrini sulla nostra fame.
Treignac si schiarì la voce. Era assai più uomo d’azione che di parola, ma s’era preparato il predicozzo strada facendo.
– Tutti vogliamo prezzi più bassi, – disse. – Ma non li ottieni dalla sera alla mattina. Stanno facendo la legge che tassa i ricchi e permette di usare il gruzzolo per avere pane a buon mercato. Bisogna portare pazienza. O forse a voi dispiace che i ricchi pagano quella tassa?
La tirata trovò le donne impreparate e Vaillant ne approfittò per rincarare la dose.
– Per avere cannella a buon mercato si impedisce il libero commercio! Volete un governo che abbassa il prezzo dello zucchero o un governo che garantisce la libertà?
– Vogliamo zucchero e libertà! – rispose Marie e subito l’accoppiata si trasformò in parola d’ordine.
– Zucchero e libertà! – gridarono le bocche dietro di lei.
– Zucchero e libertà!
– Lo zucchero è un bene di lusso, – provò a ragionare Treignac, sovrastando lo strepito. – È normale che costi più del pane.
– Tre anni fa lo pagavamo venticinque soldi alla libbra, oggi ne costa cento!
– È colpa dei monopolatori!
– A morte!
– Chete, chete, – fece segno lo sbirro, schiacciando con i palmi aperti le voci che montavano. – Gli accaparratori verranno puniti. Ma bisogna esser certi di colpire i veri farabutti. Non si può fare di ogni verdura un mazzo.
Vaillant si intromise ancora, col dito alzato, nonostante lo sguardo gelido di Treignac, che avrebbe fatto volentieri a meno dell’aiuto del bottegaio.
– Noialtri negozianti non abbiamo colpe. I prezzi che facciamo dipendono dai prezzi che ci fanno i fornitori.
– Piantala, Vaillant, – ribattè Marie, agitando il mannarino in direzione dello speziale. – È da un pezzo che ti teniamo d’occhio: nascondi la roba in magazzino, poi la vendi a peso d’oro.
Il bottegaio arrossi e batté un pugno sopra il bancone, ma prima che gli riuscisse di spiccicar parola intervenne di nuovo Treignac.
– Questa è un’accusa grave e tocca dimostrarla.
Marie puntò il mannarino verso lo speziale.
– Benissimo. Andiamo al suo magazzino, allora.
Treignac tentò d’aprir bocca, ma le parole si attorcigliavano, mescolate alla rabbia. Infine riuscì a calmarsi e a tendere una mano.
– E sia. Però tu molli la mannaia.
I due si fronteggiarono immobili. A Treignac parve che nell’espressione austera di Marie filtrasse una punta di soddisfazione e, si, forse anche di gratitudine. Dovette sforzarsi per non sorriderle.
Il mannarino si posò sul suo palmo aperto.