Il magazzino di Vaillant si trovava a ridosso dei cantieri e delle rimesse navali che occupavano la riva destra della Senna.
Il bottegaio, Treignac e Marie Nozière si incamminarono lungo via dei Cantieri, seguiti a distanza da una folla che s’andava ingrossando a ogni isolato. Giunti in faccia al portone verniciato di verde, il proprietario aprí quattro diverse serrature, tolse il lucchetto al catenaccio e lo strattonò a fine corsa.
All’interno, una feritoia stretta, lungo tutta la parete di destra, faceva entrare la luce del mattino, tagliata in nastri dalle sbarre di un’inferriata. Il locale restava comunque a mezz’ombra e i sacchi si distinguevano appena, ammucchiati sul pavimento, ma saltava subito all’occhio che ce n’era una quantità esagerata per il giro d’affari di un dettagliante, specie in un quartiere popolare, dove il commercio di spezie non muoveva grosse quantità.
Treignac domandò al bottegaio di accendere un paio di lanterne, e quello, quando l’ambiente fu più illuminato, si affrettò a sbrodolare spiegazioni non richieste.
– A chi non s’intende di approvvigionamenti, – disse col solito dito alzato, – tutta questa roba può sembrare tanta, ma dovete sapere che i prodotti coloniali non arrivano a Parigi tutti i santi giorni, come le verze o le patate di campagna. Si tratta di prodotti che bisogna acquistare da un mese per l’altro, e che fortunatamente non hanno il problema della conservazione: zucchero, caffè Moka, vaniglia, tè Pondicherry, cacao. Tutta roba che rimane buona per parecchie settimane, a volte addirittura da un anno all’altro, come il vino. Se andate in un magazzino di liquori trovate anche li botti e bottiglie in quantità.
– Sbrisga, – lo incalzò Marie. – Facci vedere cosa c’è nei sacchi.
– Silenzio! – la gelò Treignac. Poi, rivolgendosi al negoziante: – Portate qui le bolle di consegna e le distinte di pagamento, e mostrateci la merce relativa a ognuna.
– Ascoltate, Treignac, – disse il bottegaio. – Io vi ringrazio del vostro intervento, ma non fatemi perdere un’intera giornata a farvi l’inventario del magazzino.
La voce di Marie attraversò lo stanzone.
– Potete farvi aiutare da un po’ di onesti cittadini.
Mentre lo speziale diceva la sua, la donna si era avvicinata alla porta del magazzino e ora la spalancava, lasciando entrare, oltre a una valanga di luce, anche la cagnara di un centinaio di persone che s’erano radunate là fuori.
– Il cittadino Vaillant, – disse Marie, – vuole che l’aiutiamo a trovare i sacchi di farina che tiene qua dentro. Non riesce più a ricordare dove li ha imbucati.
Treignac arrivò di gran carriera e affiancò la donna. Alla vista dello sbirro, la prima fila esitò a farsi sotto.
– È vero, Treignac? – domandò un facchino. – Mia moglie non trova farina da quattro giorni perché Vaillant la nasconde?
– Non lo sappiamo, Germain. Adesso si controlla per bene tutto il magazzino e se le accuse avranno riscontro, il gladio della legge colpirà il colpevole.
La frase gli era uscita bene, ma non ebbe il tempo di compiacersene, perché venne subissata da un altro commento.
– Lo sapete cos’ha scritto Marat, proprio stamattina? Che in tutti i paesi dove i diritti del popolo non sono soltanto pezzi di carta, basterebbe il saccheggio di qualche magazzino e i monopolatori appesi fuori della porta, per farla finita con gli intrallazzi di pochi che ne tengono migliaia nella miseria.
– E te, Philippe, come lo sai, che non sai leggere? – chiese Treignac.
– Stamattina, al mercato, non si parlava d’altro e anche li un paio di arraffoni come Vaillant ne hanno fatto le spese. Vero, Renaud?
– Verissimo, Philippe. Andiamo a cercare quella farina.
I due uomini varcarono con decisione la soglia del magazzino, subito seguiti da un piccolo drappello. Gli altri erano ancora indecisi e Treignac comprese che restava solo il tempo di un ultimo tentativo.
– Io invece l’ho letto, l’articolo di Marat, – disse picchiandosi una mano sul petto. – E non dice affatto quello che dite voi. Al contrario: dice che ci vuole un tribunale per punire gli affamatori e che i cittadini più ricchi devono mettersi d’accordo per...
– Varda, Treignac! C’è davvero, la farina!
Treignac s’interruppe e, oltre la distesa di sacchi e casse di legno, vide due braccia che s’alzavano in alto e lasciavano cadere una polvere bianca, subito imitate da molte altre, man mano che i sacchi di farina venivano violati.
A quel segnale, la folla dei dubbiosi si lanciò dentro compatta e senza più remore, finché tutto il magazzino fu offuscato da un’unica nube. Gli uomini spingevano per farsi sotto coi cappelli, e le donne reggevano l’orlo delle sottane a mo’ di scodella, per portar via la farina che altri gettavano fuori dai sacchi prima di caricarseli sulla schiena.
Vaillant si buttò contro un tizio che se ne andava via tranquillo con un sacco sulle spalle. I due caddero per terra, in una slavina bianca. Si accapigliarono là in mezzo, rotolando fra gli scaffali, ma quando Treignac intervenne per separarli, trovò soltanto lo speziale, bianco dalla testa ai piedi, intento a tamponarsi un labbro spaccato.
– Bisogna chiamare la guardia nazionale! – gridò rivolto allo sbirro.
– Eccola li, la guardia, – rispose Treignac, indicando un gendarme che usciva dal magazzino con una pila di pani di zucchero in bilico tra le braccia.
– Sono rovinato! – piagnucolò Vaillant spazzandosi la giubba. – Qua mi rubano merce per migliaia di lire!
– Cosi tante? – lo fulminò Treignac. – Immagino sarete assicurato, allora. Fate denuncia, con l’elenco dettagliato di tutto quanto vi hanno rubato, compresa la farina. Anzi, sapete che vi dico? Andate a prendere le vostre carte e venite con me dal commissario. Tanto qui non rimediereste altro che botte e io non ho gli uomini per difendervi. Vi aspetto alla porta, cittadino Vaillant.
Lo sbirro non badò alla risposta, che per di più giunse incomprensibile, per via del labbro gonfio e della tartaglia improvvisa che aveva colto lo speziale. Cacciò le mani in tasca e si allontanò, pensando a cosa scrivere nel rapporto per il comune.
Sull’uscio, si imbattè in Marie Nozière che cercava invano di garantire l’equa distribuzione del bottino. Pochi infatti sembravano capire l’incongruenza di accaparrarsi merci accaparrate, e la maggior parte dei saccheggiatori se ne usciva dal magazzino carica di tutto quanto riusciva a trasportare.
– Visto, Treignac? – lo apostrofò la donna. – Te l’avevo detto che Vaillant era un arraffone. Ha avuto quel che meritava.
– Sicura? – replicò lui. – Non chiedevate la pena di morte per gli accaparratori e la vendita della merce requisita a un giusto prezzo? Mi pare che oggi non otterrete nessuna delle due. Ma se a voi sta bene, esultate pure.
Cosi dicendo, Treignac si appoggiò con la schiena allo stipite del portone e osservò il popolo di Sant’Antonio fare scorta di vaniglia per i successivi vent’anni.