IL DONO

Nella notte un selvaggio urlo, senz'eco.

—Urlo di vita, o pur di morte?...—Quella

che in esso lacerò la bocca bella

or s'è composta in un silenzio cieco.

 

Dorme il suo nato a lei daccanto: informe

nodo di carne inconscia e bruta.—L'atto

del generarlo la scagliò d'un tratto

nel buio di voragini senz'orme.

 

Sprofondò; sprofondò vertiginosa-

-mente; e più nulla seppe; e il suo vermiglio

sangue ancor vivo zampillò nel figlio,

s'accese in lui, ne imporporò la rosa

 

sacra del cuore.—Così tu passasti,

o Donatrice, nella discendenza

tua: tal fu del donar la vïolenza

che te stessa al novello Esser lasciasti.

 

.... Crescerà il figlio d'anno in anno, schivo

ma saldo, in sè nutrendo, quale in scorza

d'albero scabra, una compatta forza

di vita, un fresco e rifluente rivo

 

d'amore, un'inquieta ansia di germi:

ei che non ebbe canti su la culla

sentirà in petto l'anima fanciulla

sola armata, fra tante anime inermi.

 

Si chiederà talvolta:—Ho io due cuori,

che, se l'un manca, l'altro rinnovella

nel corpo il sano impeto rosso, e nella

lotta ritempra i palpiti e gli ardori?...

 

Ho io due vite in me, che l'una preme

l'altra, e l'invigorisce con midolla

occulte, ed è per essa al par di zolla

che vegli o incalzi il maturar del seme?...

 

.... Per lui verrà compiuto ad esultanza

il divino miracolo del Dono.

La madre rivivrà nel figlio buono,

perfetta incorruttibile sostanza:

 

il cuor nel cuore in ritmo pulserà

concorde: senza volto e senza nome

e senza voce, e pur presente come

Dio, più grande sarai, Maternità.

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