LA SOSTA

M'appoggio a un tronco, scivolo a ginocchi,

confondo anima e corpo alle contorte

radici.—E tu credevi d'esser forte,

povera donna!...—Or sosto un poco. Ho gli occhi

 

stanchi di sole: anche il cervello. Ho questi

densi effluvî nel sangue, come un tossico

inebriante ed omicida. Ho gli ossi

che mi dolgono, come in chi si desti

 

da lunga febbre. E il combattuto orrore

ch'io credetti d'aver pur ieri ucciso,

eccolo, è qui, m'abbranca il petto, il viso

mi schiaffeggia, mi sputa, ecco, sul cuore.

 

Dio che mi vedi, a questo m'hai condotta

tu, perch'io tocchi un segno eterno. E lunga

ed aspra è l'erta ancor, fin che il raggiunga,

e già m'accascio come cosa rotta....

 

Fa almen ch'io non mi volga indietro, ch'io

non dubiti, non tremi, non mi penta

del già compiuto; e dentro me ti senta,

sola fiamma inesausta, ardere, o Dio.

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