SERVIRE

Poi che ogni donna è al mondo per servire

con la carne caduca e l'immortale

spirito acceso, docile fra il male

e il ben, soggetta in piangere e in gioire:

 

poi che ogni donna è ancella a chi le prenda

per vïolenza il palpitante cuore,

io riconosco, o Dèspota Dolore,

su me la tua sovranità tremenda.

 

Amo il tuo bacio, ch'è morsicatura

perversa, e n'ho sul petto e in faccia i lividi.

Tu ti diverti a torturarmi, e i brividi

misuri e godi della mia paura.

 

Ti nascondi, talvolta: e allor m'avvedo,

ecco, ch'è maggio, e che nel ciel le stelle

son come i fiori sulla terra; e delle

stelle e dei fiori uguale, ecco, mi credo.

 

Ma tu, ch'eri in agguato, a un tratto l'ugna

m'affondi in collo, e sì mi scuoti, e a sangue

baci e maltratti: ed io m'affloscio, esangue,

fra le tue braccia molle come spugna.

 

Mi sei buono, talvolta, e suggi lieve

le mie lacrime calde dalle ciglia;

ma io sorrido senza maraviglia,

chè troppo so come la sosta è breve.

 

Terribili silenzi son fra noi,

talvolta. Immoto, tu somigli a un morto,

ma vegli. Immota, perso in te lo smorto

viso, nel cuore io medito de' tuoi

 

celati artigli l'azzannar protervo,

repente.—Se tu vuoi, potrò domani

morire. Mi sarà, dalle tue mani,

dolce. T'amo così. Così ti servo.

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