L’essere stato Vitruvio sempre considerato non solo come un trattatista d’Architettura, ma come un Scrittor Latino del secolo d’oro, e come uno Scrittore assai dotto e pieno di varia erudizione, ha sempre invogliati egualmente gli Architetti, che gli Eruditi a leggerlo; ma se quelli il piú delle volte si sono arrestati alla bella prima dalla oscurità della lettura per la novità de’ termini, molti de’ quali non si trovano nè anche tradotti nè vocabolari, questi gli ha sgomentati l’ignoranza della materia. Per quelli si era in qualche modo agevolata la strada colle qualunque traduzioni, che fin oggi n’erano state fatte, e specialmente con quella del Barbaro; per questi, come per lo più non esercitati preventivamente negli studj Architettonici, non è stato, nè è regolarmente così. Non sarà dunque, per questi almeno, fuor di proposito questo piccolo trattatino, che premetto tanto ad oggetto di dare una idea compendiosa dell’economia tenuta dall’Autore in tutta l’opera, quanto per ispiegare in questa occasione colle figure avanti i principali termini, de’ quali bisogna precisamente avere idea chiara ed adequata, prima di mettersi a leggere il testo, e far così acquistare almeno un’idea generale di tutto il corpo dell’Architettura.
Per far capire a un colpo d’occhio l’Economia di tutta l’opera, ho stimato formarne il notato Sistema, in cui oltre alle divisioni e suddivisioni delle materie, si trovano ancora notati o i libri interi, o i capitoli, ne’ quali se ne tratta.
L’architettura dunque per l’etimologia della voce può definirsi una scienza direttrice di tutte le altre arti, o pure l’arte la più eccellente; e benchè l’oggetto e scopo suo principale sia la costruzione delle fabbriche, non è difficile il comprendere, come anche per questo solo vi debba concorrere la cognizione di tutte, o almeno di buona parte di tutte le altre arti.
Se se ne considera l’Origine, ha questa avuto o almeno potuto avere principj assai bassi. Una grotta, una capanna sono i primi principj della più nobile, e più ricca Architettura: nè è fuor di proposito il pensare, che miseri travi sieno stati gli originali de’ nobili ornati di colonne, e architravi e fregi: che poveri tetti di paglia, canne, o al più tegoli abbiano colla loro gronda prodotta l’idea di tante belle comici; e finalmente che rustici sassi, o rozza inuguaglianza di terreno abbia dato i primi principj a’ zoccoli ed a’ piedistalli: origine, che non deve mai perdersi di mira da un Architetto, se non vorrà tentare cosa contro la medesima natura.
I Requisiti della scienza, e di colui che la professa, sono, e debbono veramente esser molti, perchè di molte cose deve sapere il vero Architetto: d’alcune però basterà, che ne conosca la teoria; ma d’altre, che con particolarità concernono l’oggetto principale della fabbricazione, bisogna che ne sappia egualmente a fondo e la Teoria, e la Pratica.
Tre specie d’Architetture comprende il presente trattato, la Civile, la Militare, e l’Idraulica. Della Militare ne tratta veramente poco; e benchè può ben dirsi, che sono bastantemente diverse la militare, e la civile, pure sì perchè la militare a’ tempi di Vitruvio non era che piccola cosa, riducendosi a saper fare una torre ed una cortina, cosa che totalmente dipende dalla civile, o a caricare una balista ed una catapulta colle solite generali regole meccaniche: sì anche perchè egli era architetto egualmente militare che civile; quindi è, che ha trattato qualche cosa dell’architettura militare. E perchè può questa riguardare o lavori di fabbrica stabili, o di macchine mobili, perciò a ragione può dividersi in Stabile, e Mobile.
L’Idraulica ha più stretta connessione colla Civile, mentre tratta della maniera di regolare le Acque, che sono d’uso sì necessario, come voluttuoso negli edificj tutti e pubblici e privati.
La Civile finalmente, che occupa la maggior parte del trattato, potrebbe dividersi in Fabbricazione, e Meccanica; ma siccome era allora provincia particolare degli architetti il far gli orologi, perciò con qualche ragione numera Vitruvio fra le parti dell’Architettura anche la Gnomonica.
L’Architettura, come ogni altra arte, contiene, come dissi, la parte Teorica e la Pratica. La Teorica consiste nel sapere concepire la miglior distribuzione di un dato spazio, per formarvi co’ dati materiali tutti i maggiori comodi, che si possono secondo la mente del padrone, e secondo la somma ch’egli vi vuole impiegare; la Pratica poi consiste nel saper mettere in opera l’idea già concepita, sicchè non ne resti il padrone al fine ingannato nè riguardo alla perfezione del lavoro, nè riguardo alla spesa premeditata.
Per ciò fare ha l’Architetto due modi da dare preventivamente conto al padrone: conto della spesa per mezzo de’ Numeri, conto della distribuzione per mezzo delle Linee, o sieno disegni. Disegni chiamansi i caratteri, de’ quali si serve l’Architetto per dimostrare la concepita idea: ne ha perciò bisogno non meno che di tre, della Pianta, o sia Icnografia: dell’Alzato , o sia prospetto tanto della fronte esteriore, detto Ortografia, quanto dell’interno, detto Spaccato; e finalmente della prospettiva di tutto l’edificio, detta Scenografia. La Pianta è un disegno in piccolo della distribuzione orizzontale del dato piano, segnandovi i siti de’ muri, delle colonne, de’ pilastri, delle scalinate, e de’ vani. L’Alzato è parimente un disegno in piccolo del prospetto esteriore, o sia della distribuzione verticale dell’edificio; e perchè questo non basta per far vedere l’interno dell’edificio, vi necessita pure un secondo alzato, che dicesi Spaccato , perchè fingendo spaccato l’edificio, e toltane la parte anteriore, si ha campo di mostrare così chiaramente anche l’interno. Il terzo disegno, che farebbe la Prospettiva, è per far vedere non solo la fronte, ma eziandio i fianchi; noi però oggigiorno non l’usiamo.
Alle volte non sono sufficienti nè anche tutti questi tre, ed è necessario ricorrere a’ Modelli. Modello è una rappresentazione di rilievo in piccolo sia di carta, sia di legno, sia di cera, o d’altra materia, ma relativamente proporzionata alla futura opera grande. Non farebbe mal fatto, che per ogni fabbrica avessero i padroni il giudizio di farsi fare i modelli; ma è troppo scandalo il vedersi por mano ad edifici grandi e pubblici, non che senza modelli, ma posso sicuramente avanzarmi a dire, senza nè pure i disegni. I disegni si capiscono solo dagli Architetti, o da gente pratica; ma perchè l’Architetto deve sentire anche gl’ignoranti, i modelli son quelli, che gli capisce ognuno: anzi l’Architetto medesimo col modello scoprirà ciò, che pur troppo frequentemente per mancanza di penetrazione non avrà forse conosciuto in disegno.
La fabbrica dunque, che è l’effetto della fabbricazione, poggia la sua bontà sopra tre fondamenti, e sono Comodo, Fortezza, e Bellezza .
Il Comodo dipende dalla Quantità, e dalla Qualità . Quantità s’intende la grandezza di ciascun membro e del tutto proporzionata all’uso, a cui è destinato; e questa parte è detta Ordinazione. La Qualità poi s’intende la situazione del tutto, e di ciascun membro al luogo, ed all’aspetto proprio; e questa parte dicesi propriamente Disposizione. Ognuno comprende, che è diversa la Quantità pubblica dalla privata, diversa così ancora la Qualità.
La Fortezza dipende sì dalla Scelta de’ materiali, conoscendo bene l’intrinseca proprietà di ciascuno, come dal convenevole Uso de’ medesimi. I materiali sono diversi in ogni paese; e perciò deve impratichirsene un Architetto, ove giunga nuovo.
Queste due parti sono comuni, e puramente necessarie in ogni qualunque fabbrica o pubblica, o privata, sia grande, sia piccola. La terza, che è la Bellezza, se non si vuole anche per tutte puramente necessaria, lo sarà almeno per una fabbrica, che si volesse per tutti i versi perfetta; necessaria per conseguenza nelle fabbriche magnifiche, nelle pubbliche. Dipende questa da tre principj Simmetria, Euritmia, e Decoro.
Simmetria è la reciproca corrispondenza delle parti in Quantità. Siccome l’Ordinazione fa, che ogni membro abbia la giusta quantità, o sia grandezza, consideratone solo l’uso; così la Simmetria fa, che lo stesso membro abbia oltracciò la dovuta quantità proporzionata relativamente sì agli altri membri, come al corpo intero. Per esempio, l’Ordinazione fa, che una porta d’un palazzo sia capace dell’ingresso d’una carozza: ma la Simmetria farà, che la stessa porta in un Palazzo Reale magnifico sia capace di due e più, se occorre; avendo egualmente riguardo alla proporzione corrispondente a tutto l’edificio, che all’uso particolare della medesima.
L’Euritmia insegna a far uso della Qualità sicchè riesca grato e misurato l’aspetto. La Qualità, come dissi, distribuisce a’ luoghi, ed agli aspetti proprj ciascun membro; l’Euritmia distribuisce a’ luoghi, ed agli aspetti proprj ciascun membro, ma in modo, che sia ben diviso l’aspetto. Così effetto dell’Euritmia è il portone nel mezzo d’una facciata, ed il braccio sinistro simile al destro, e cosa simile. E differisce l’Euritmia dalla Simmetria, perchè a questa appartiene il fare, per esempio, le finestre o grandi, o piccole, secondo richiede la corrispondenza delle proporzioni; a quella solo il distribuirle ugualmente per la facciata. Oggi anche i più assennati e pratici Architetti confondono l’effetto dell’Euritmia con quello della Simmetria in modo, che avendo perduto fin anche l’uso della voce Euritmia, chiamano tutto Simmetria. Vitruvio insegnerà loro, che può bene darsi una fabbrica, che sia Simmetrica, e non perciò Euritmica; ed al contrario Euritmica, e non Simmetrica.
Evvi finalmente un’altra parte, che chiamasi Decoro , la quale insegna far debito uso della Simmetria, e dell’Euritmia, e degli ornati, adattando i proprj e convenevoli a ciascun edificio; non conviene, per esempio, ad una Chiesa l’ornato medesimo, che compete ad un Teatro: come anche quando si è fatta nobile ed ornata una parte d’un edificio, nobili ed ornate debbono anche a proporzione essere tutte le altre. Si regola dunque questo Decoro o dalla Natura, o dalla Consuetudine, o dallo Statuto.
Per Ornato intendo tutto quel pulimento, che o si soprappone al vivo d’una fabbrica, o si pone in vece d’esso. Così ornato è l’intonaco, ornato è la pittura, ornato sono i marmi, gli stucchi, ornato le colonne, e cosa simile. Di tutti dee farsi caso in un’opera perfetta.
Il principale Ornato o pulimento però è ciò, che noi chiamiamo Ordini; ed è questo tanto più nobile, proprio, e bello, quanto che nato dalla natura medesima. La natura fu quella, come dissi, che insegnò a’ primi uomini, ed insegna tuttavia a’ popoli barbari d’alzar dritti de’ travi, di legarne le cime con altri orizzontali, e di formare con altri inclinati i tetti. Ecco l’origine delle Colonne, degli Architravi, delle Cornici, e de’ Frontispizj; mentre dalla prima natura in altro non differiscono, che in esser ora questi pezzi o di fabbrica, o di marmo, quando lo furono di legno. È perciò da avvertirsi, che non ostante che gli Ordini oggi si abbiano per un ornato, non lo sono veramente tali, ma piuttosto debbono tenersi per un’ossatura d’ogni fabbrica, ridotta poi da’ capricci ed abbellimenti degli Scultori ed Architetti a far piuttosto figura d’ornato, ed a perdere tanto l’idea della prima vera loro natura, che è stata una perenne sorgente d’infiniti errori, e dirò sicuramente della perdita della buona Architettura. Considerati in questa maniera gli Ordini, s’intende, come essi dieno regola e norma a tutte le proporzioni d’ogni sorta di edificio sì nobile, come ignobile: s’intende, perchè questi s’insegnano per primi rudimenti a’ giovani Architetti; perchè sopra questi specialmente si raggiri, e quasi si ristringa il vasto studio dell’Architettura.
Per Ordine dunque comunemente s’intende un composto di Colonna, Piedistallo, e Cornicione; e benchè nelle composizioni degli edifizj entrino altre parti, come sono le finestre, le nicchie, gli acroterj, e cose simili, le quali pure in un certo modo sono Ordine: queste si hanno come accessorie del principale, che è la colonna colle sue parti.
Or il diverso gusto d’ogni nazione, e gli attributi particolari d’ogni specie d’edificio, han dato principio alle diverse specie d’Ordini, che oggi abbiamo. Evvi edificio, che richiede un aspetto, un ornato Sodo: evvi chi lo ricerca Nobile, chi Gentile: ecco come uno stesso genere d’Ordine coll’aggiungere o scemar d’altezza, col crescere o scemar il numero de’ membretti, coll’ingentilire il contorno d’essi, con intaccarli, con intagliarli, con soprapporvi diverse specie d’ornamenti ne ha prodotte quasi infinite specie; ed infinite, o almeno molte sarebbero, se l’autorità solita de’ predecessori sopra i successori, se un’invecchiata consuetudine non le avesse ristrette a poche.
Qualunque sia (che lo riserbo agl’istorici) la prima origine della bella Architettura, noi oggi la riconosciamo da’ Greci. Questi ristrinsero gli Ordini a tre sole specie. Una Soda, che dissero Dorica: una Nobile, detta Jonica; ed una Gentile, che è la Corintia. Vitruvio, che al pensar d’ogni Romano, venerava la nazione Greca per nazione dotta, di questi tre Ordini solamente parla, come veri distinti Ordini: i moderni però, o male intendendo le sue parole, o mal considerando i monumenti antichi, han creduto ravvisarvi due altri Ordini, il Toscano, cioè, ed il Composto, o sia Romano. Del Toscano ne parla, è vero, Vitruvio, ma solo per descrivere una particolar maniera di far i Tempj nella Toscana, non già come d’un Ordine specioso da paragonarsi a’ tre Greci; non vi è monumento antico in fatti, che si conosca chiaramente d’Ordine Toscano, ma anzi i più pratici ed intendenti gli hanno per Dorici. Del Composto poi non solo non ne parla, ma chiaramente ci avvisa essere lo stesso che il Corintio; anzi espressamente ci proibisce di crederlo diverso. Che l’ignoranza degli Architetti ce ne faccia oggi vedere d’infinite specie, non è meraviglia. Meraviglia si è, che anche i grandi uomini abbiano voluto tenere il Toscano per un ordine, ed ordine diverso dal Dorico, e così il Composto dal Corintio; e poi avanzarsi a ricercare anche un Sesto Ordine, senza capire lo stato della questione.
Le parti dunque, che compongono l’Ordine in genere, o sia ognuna delle specie degli ordini, sono il Piedistallo, la Colonna, ed il Cornicione. Il Piedistallo, o sia Zoccolo, è un primo basamento d’un edificio: or suole questo avere i suoi ornati, quali sono da piedi un basamento, e da capo una cimasa, o cornicetta che sia: quando ha questi finimenti, allora è propriamente detto Piedistallo; quando nò, Zoccolo.
La Colonna poi ha tre membri: il Fusto, che è il corpo principale della colonna a forma di trave, e per conseguenza più sottile verso la testa: la Base, che figura una legatura del trave al piede; ed il Capitello, ch’è un’altra legatura alla testa. Il bisogno di rendere più o meno ornato un Ordine ha indotto gli Architetti, e Scultori ad abbellire in diverse fogge queste legature: tanto che queste sogliono servire d’ordinario distintivo degli Ordini, chiamandosi Corintio l’Ordine, ove i capitelli sono ornati di foglie, e viticcj: Jonico, ove i capitelli hanno a’ quattro angoli quattro volute; Dorico, quando è liscio.
Il Cornicione, che è l’altro membro d’ogni Ordine, si compone di tre parti, Architrave, Fregio, e Cornice. L’Architrave è il trave maestro, che unisce le colonne, e regge le teste degli altri travi del palco: le teste di queste son quelle, che occupano l’altezza d’esso Fregio; e vi si vedrebbero, se l’ornato di triglifi, o d’altre sculture non ne coprisse la difformità. Sopra il Fregio finalmente va la Cornice, la quale è un simbolo della gronda de’ tetti; e perciò a’ fianchi è dritta orizzontale, alle fronti triangolare, come la è ne’ Frontispizj. Quindi è, che nella Cornice si possono distinguere due parti; la Cimasa colla Corona, che sono l’orlo del tetto e de’ tegoli; ed i Dentelli, o Modiglioni, che sono le teste de’ piccoli travi del Cavalletto.
Il Carattere proprio di ciascun Ordine, cioè o la Sodezza, o la Nobiltà, o la Gentilezza, ha dato motivo di somigliare il Dorico ad un Uomo, il Ionico ad una Donna, ed il Corintio ad una Vergine. Lo stesso carattere fa, che alcuni membretti convengano ad un Ordine, altri ad un altro, e che finalmente una composizione di modinature, o come chiamasi una sagoma, convenga più ad un Ordine, che ad un altro. Quindi è nata la consuetudine di consegrare un tal membretto ad un tal Ordine; consuetudine, dalla quale e perchè nata dalla natura stessa, e perchè roborata dalla pratica di tanti antichi e moderni valentuomini, non ardirebbe, o per dir meglio non dovrebbe alcuno ardire d’allontanarsi.
Possono queste colonne diversamente accoppiarsi e quanto al numero, e quanto alla distanza, che dicesi Intercolunnio. Il numero e la distribuzione produsse de’ nomi, che servirono a denotare i Generi delle facciate, e specialmente de’ Tempj. I nomi degl’intercolunnj ne distinguono le Specie.
Non ho già io promesso di far quì un compendio di tutti i dieci libri, nè tampoco un trattato compito d’Architettura; onde questo poco parmi, che basti per un saggio, per una introduzione, o sia per una Idea Generale, che per piccola, e scarsa che sia, non lascerà d’essere un filo nel vasto laberinto di questa scienza, e nel confuso metodo tenuto dall’Autore.