Ho brevemente esposto, quanto ho stimato necessario, intorno alle maniere di strascinare, i moti, e le forze delle quali, perchè sono due cose diverse e dissimili, concorrendovi producono due principj di effetti: uno cioè è il dritto, che i Greci chiamano Euthian, l’altro il circolare, che chiamano Cycloten; ma la verità si è, che nè i moti diritti senza il circolare, nè i circolari senza il dritto possono mai alzar peso. Ed acciocchè s’intenda, lo dichiarerò.
Si ficcano per esempio nelle girelle gli assi, come centri, e così si situano nelle taglie: per queste girelle si trapassa per dritto la fune, e si lega al molinello, girandosi il quale colle manovelle, si fanno andar su i pesi, e le punte dell’asse messe come centri negli anelli, col puntare le manovelle nei suoi buchi, facendo girare le teste a guisa di torno, si produce l’alzamento del peso. Non altrimenti una stanga di ferro accostandosi a un peso, che non può muovere nemmeno una moltitudine d’uomini, se vi si pone sotto come centro subito un puntello, che i Greci dicono Ypomochlion, e si fa entrare sotto il peso una punta della stanga, potrà un uomo solo, premendo colla sua forza il capo della medesima, alzarlo. Questo accade, perchè entra sotto il peso la parte anteriore della stanga, che è la più corta, misurando da quel puntello, che è il centro, e perchè è più distante da questo centro la testa, perciò prendendosi per questa, e facendo un moto circolare, si forza colla pressione un masso d’un grandissimo peso a equilibrare a poche mani. Parimente, se dopo puntata sotto il peso la stanga di ferro, non si prema in giù la testa, ma al contrario si tiri in alto, la punta premerà sul suolo, come se fosse questo il peso, e sull’angolo del peso, come fosse l’ipomoclio: in questo modo, benchè non con tanta facilità, quanta coll’ipomoclio, ma ciò non ostante con operazione contraria sarà sollevato il peso. Che se si punterà sotto il peso la parte più lunga della stanga dall’ipomoclio, e resterà più vicina la testa al centro, non potrà alzare peso, se non si equilibrerà, come si è scritto sopra, la stanga sì, che resti più lunga dalla parte della testa, che non del peso.
Si può questo osservare in quelle bilance, che si chiamano stadere: mentre trovandosi il manico più vicino alla testa, onde pende il guscio, e standovi come centro, e dall’altra parte scorrendo il contrappeso per i punti della stanga, quanto più se ne allontana, anche fino alla punta, si rende un peso grandissimo eguale ad uno piccolo, e disuguale, e ciò per l’equilibrio della stanga, e per l’allontanamento maggiore del contrappeso dal centro: lo che fa, che una leggiera piccolezza di contrappeso col suo momento superando una forza maggiore, dolcemente e senza violenza l’obblighi a salire da sotto in su.
Nello stesso modo il timoniere di una grossa nave di carico, tenendo il manico del timone, che da’ Greci si chiama Jax, con una mano sola, e col momento per la situazione del centro, movendolo secondo l’arte, la gira ancorchè carica strabocchevolmente di merci, e di vettovaglie; e se le stesse vele non sono sospese che alla metà dell’altezza dell’albero, non può correre velocemente la nave: ma se si fa salire fino alla cima l’antenna, allora corre con maggior velocità; ciò perchè vengono le vele a ricevere il vento non vicino al piede dell’albero, che si considera come centro, ma su nell’alto, e più discosto dal medesimo. Appunto come se la manovella, che fa leva ad un peso, si preme nel mezzo, è piuttosto dura, nè si abbassa, ma se si preme per la punta, solleva facilmente il peso: così le vele, quando sono preparate nel mezzo, hanno minore efficacia: quelle però, che si situano sulla cima dell’albero, ove sono più lontane dal centro, non già con maggiore, ma collo stesso vento, solo perchè premono nella cima, fanno correre più velocemente la nave. I remi stessi legati con funi agli scalmi, quando sono o spinti, o ritirati colle mani, se entrano nell’onde colle punte delle palette lontane dal centro, con sommo impeto spingono dritta la nave, la cui prora fende le acque.
E quando i carichi di gran peso si vogliono portare da’ facchini a sei o a quattro, si equilibrano da essi i mezzi delle stanghe, acciocchè ciascuno operario porti sul collo una porzione uguale di un peso tutto sano, ma considerato così in un certo modo diviso: ne’ mezzi in fatti delle stanghe, ove passano le coregge de’ facchini, vi sono de’ ripari con chiodi, acciocchè non iscorrano nè verso l’una, nè verso l’altra parte; mentre se scappano di là dal centro, premono più sul collo di colui verso il quale si accostano, appunto come quando nella stadera il contrappeso dalla linguetta scorre verso la fine de’ segni de’ pesi.
Per la stessa ragione gli animali portano con egualità un peso, quando i loro gioghi sono divisi per metà dalle legature d’essi: onde le mai fossero le loro forze diseguali, e il più gagliardo premesse l’altro, con trapassare la legatura si fa allora più lunga quella parte del giogo, ch’è verso l’animale debole per aiutarlo. Tanto nelle manovelle, che ne’ gioghi, se le legature non sono situate nel mezzo, ma resta più corta una parte, dove è quella legatura scorsa dal centro, e l’altra lunga, in tal caso, se ambedue le punte si faranno girare attorno a quel centro, dove è scorsa la legatura, la parte più lunga farà un cerchio maggiore, e minore la più corta. E siccome le ruote più piccole hanno un moto più tardo e più difficile, così ancora le stanghe, e i gioghi premono più aspramente il collo, ove è minore distanza dal centro alla testa: e la parte più lunga, prendendo dallo stesso centro; alleggerisce il peso a chi l’alza, o lo strascina.
Siccome tutte queste macchine regolano il moto o dritto, o circolare col centro, così anche i carri, i cocchj, i timpani, le ruote, le chiocciole, gli scorpioni, le baliste, i torchj, e tutte le altre macchine per le stesse ragioni producono il desiderato effetto col moto dritto, o circolare.