Capitolo IV. Della Sfera, e de’ Pianeti.

Sono veramente queste invenzioni divine, e considerate sorprendono, mentre l’ombra dello Gnomone equinoziale ha diversa lunghezza in Atene, che in Alessandria, o in Roma, o in Piacenza, o in qualunque altra parte della terra: onde sono ancora altrettanto differenti le formazioni degli orologi, quanto le varietà de’ luoghi. Imperciocchè dalle grandezze delle ombre equinoziali si formano gli analemmi, per mezzo de’ quali si tirano secondo la situazione del luogo, e l’ombra degli gnomoni le linee delle ore. Per Analemma s’intende una regola ricavata dal corso del sole, e stabilita coll’osservazione della crescenza dell’ombra dal solstizio d’inverno, per mezzo della quale colle operazioni meccaniche, e del compasso si è venuto in cognizione dello stato vero del mondo. Per mondo intendo tutto il complesso delle cose naturali una col cielo ornato di stelle.

Questo continuamente gira attorno alla terra, e al mare sopra i punti estremi del suo asse: ed ivi la potenza naturale è architettata in modo, che ha situati questi punti come centri, uno al di sopra della terra, e del mare all’estremità del cielo, presso le stelle settentrionali, l’altro dirimpetto al di sotto della terra verso le parti meridionali; e di più intorno a questi cardini, quasi come centri, ha costituite certe rotelle, come se fatte al torno: in Greco si chiamano poli, perchè sopra essi si raggira perpetuamente il cielo. Così la terra col mare, stando nel mezzo, occupa naturalmente il luogo del centro: e queste cose disposte sono dalla natura in modo, che dalla parte settentrionale ha il centro sollevato sopra l’orizzonte della terra, e dalla parte meridionale resta sotto, ed oscurato dalla stessa terra.

Oltracciò passa per il mezzo una larga fascia a traverso, e inclinata verso il Mezzogiorno, composta di dodici segni, i quali con diverse combinazioni di stelle, divise in dodici parti eguali, rappresentano tante immagini naturali: e così luminose, scorrendo col cielo e con le altre stelle, fanno tutto il giro celeste intorno alla terra, e al mare. Tutte queste cose tanto visibili, quanto invisibili hanno il loro tempo fisso, e sei di questi segni girano col cielo sopra la terra, gli altri passando di sotto restano oscurati dalla sua ombra: sempre però ne restano sei sopra la terra visibili; imperciocchè quanta è la porzione dell’ultimo segno, che tramontando per cagion del giro si nasconde sotto terra, altrettanto del segno opposto spinto su dalla forza del moto, e trasportato dal giro esce fuori alla luce da’ luoghi nascosi e oscuri; poichè è la stessa potenza e moto quello, che forma nello stesso tempo il nascere, e il tramontare.

Or siccome questi segni sono dodici, e ciascuno occupa una duodecima parte del cielo, e si muovono incessantemente dall’Oriente all’Occidente, così per questi segni con moto contrario scorrendo come di grado a grado la Luna, Mercurio, Venere, il Sole stesso, Marte, Giove, e Saturno, ciascuno con diversa grandezza di giro si muovono per il cielo da Occidente verso Oriente. La Luna, terminando tutto il giro in ventotto giorni, e più un’ora in circa dacchè è partita da un segno, finchè vi ritorna, compisce il mese lunare.

Il Sole nel corso di un mese trapassa lo spazio di un segno, che è la duodecima parte del cielo, e così in dodici mesi trascorrendo gli spazj de’ dodici segni, quando torna a quel segno, onde partì, termina lo spazio di un anno compito: quindi tutto quel cerchio, che la Luna scorre tredici volte in dodici mesi di tempo, il Sole nello stesso spazio di mesi lo corre una.

I pianeti poi di Mercurio, e di Venere prossimi a raggj del Sole, facendogli ne’ giri corona, come al loro centro, formano le retrogradazioni e le stazioni, fermandosi negli spazj de’ segni per le stazioni cagionate dalla natura de’ loro giri. L’essere così si ricava chiaramente da quel di Venere, il quale sta sempre presso al Sole; onde quando comparisce nel cielo luminossimo dopo tramontato, si chiama Vesperugo, e quando in altri tempi correndogli innanzi nasce prima della luce, si chiama Lucifer: così dunque si vedono alle volte trattenersi più giorni in un segno, altre volle trapassare subito nell’altro. Ma benchè non si trattengano per eguali giorni in ogni segno, pure quanto più si son trattenuti nel primo, tanto più presso trapassando il seguente, vengono a formare un giusto cammino: così avviene, che per quanto si trattengano in alcuni segni, pure liberati che sono dall’obbligo del trattenimento, presto finiscono il determinato giro.

Mercurio gira in modo, che, scorrendo gli spazj de’ segni, dopo trecento sessanta giorni ritorna a quel segno, dal quale cominciò a fare il corso del suo giro: il suo cammino è distribuito in modo, che si trattiene in ciascun legno il numero di trenta giorni in circa.

Il pianeta di Venere, uscito che è dai raggi del Sole, scorre in trenta giorni lo spazio di un segno: e quel che pone di meno di quaranta giorni in qualche segno, lo rifà trattenendosi di più in un altro nel tempo delle stazioni; onde compiendo tutto il giro in quattrocento ottantacinque giorni, ritorna a quel segno, dal quale cominciò il suo cammino.

Marte, scorrendo lo spazio de’ segni, a capo di seicento ottantatre giorni ritorna d’onde cominciò il suo cammino: e se in alcun segno passa con maggior velocità, con le stazioni viene ad uguagliare la proporzione de’ numeri de’ giorni.

Giove, muovendosi con moto parimente contrario, ma a passi più lenti, pone 360 giorni in circa per ogni segno, trattenendosi in tutto il giro da undici anni, e 323 giorni finchè ritorni a quel segno, onde partì dodici anni addietro.

Saturno finalmente, dimorando mesi trentuno e giorni in ciascun segno, ritorna a capo di ventinove anni, e 160 giorni in circa, donde era trent’anni prima partito: quindi quanto è più vicino all’ultimo cielo, tanto maggiore è il giro che forma, e par che muovasi più lentamente.

Tutti quei, che formano giri di sopra a quello del sole, specialmente quando gli sono in aspetto trino, allora non si avanzano, ma movendosi in contrario si trattengono, finchè il sole esca dal trino passando in un altro segno. Alcuni sono d’opinione, che ciò succeda, perchè allontanandosi il sole a una certa distanza, restano i pianeti per istrade non illuminate impediti, e trattenuti dall’oscuro; non è però questa la nostra opinione; imperciocchè lo splendore del sole è chiaro, e visibile senza oscurità veruna per tutto il mondo, tale quale comparisce a noi, anche quando i pianeti sono retrogradi, o stazionarj: se dunque può ciò discernere la nostra vista in tanta distanza, come possiamo poi immaginare, che si possano opporre oscurità allo splendor divino dei pianeti? Sembraci dunque più verisimile che il calore, siccome richiama a se, ed attrae tutte le cose: veggiamo in fatti dalla forza del calore inalzarsi e sorgere sopra la terra le frutta, e vapori ancora dell’acqua da’ fonti alle nuvole per forza dell’arco; della stessa maniera dunque la veemente forza del sole, spandendo i raggj in forma triangolare, attrae a se i pianeti che lo sieguono, e quasi raffrenando, e rattenendo quei che lo precedono, non gli lascia avanzare, ma al contrario gli obbliga a ritornare a se, ed entrare nel segno dell’altro triangolo. Mi si potrà forse domandare, onde nasca, che il sole produca col suo calore questi ritardamenti piuttosto nel quinto segno contando dal suo, che nel secondo o terzo, che gli sono più vicini: dirò dunque come la sento.

I suoi raggj si divagano nel cielo per linee, che formano un triangolo di lati eguali: i lati di questo cadono appunto nè più nè meno nel quinto segno contando dal suo; quando che se i raggj si diffondessero circolarmente per tutto il mondo, e non fossero limitati a una figura triangolare, allora accenderebbero i luoghi più vicini. Questa riflessione par che la facesse anche Euripide poeta Greco, mentre dice, che s’infuocano con più veemenza i corpi più lontani dal sole, e che sono più temperati i più vicini. Così egli scrisse nella tragedia di Fetonte, Brucia le vicine, e tiene temperate le lontane cose. Se dunque la cosa stessa, la ragione, e l’autorità di un antico poeta lo dimostra, non credo, che si possa pensar diversamente da quel, che ho scritto poc’anzi.

Giove poi, perchè fa il suo giro fra quelli di Marte, e di Saturno, lo fa maggiore di quel di Marte, minore di Saturno. Tutti i pianeti in somma, quanto sono più distanti dalla estremità del cielo, e fanno più presso alla terra il giro, con tanto maggior velocità sembrano correre; mentre formando ciascuno di essi un cerchio minore, spesso trapassa sotto al superiore. Appunto come se sulla ruota, che adoprano i vasellai, li mettessero sette formiche, e sul piano della ruota si facessero altrettanti canali intorno allo stesso centro, di grado in grado maggiori, e si obbligassero le formiche a fare per questi canali il loro giro, nell’atto che la ruota gira verso la parte opposta, necessariamente compiranno esse il loro cammino, non ostante il moto contrario della ruota, e di più la vicina al centro lo terminerà più presto di quella, che scorre l’ultimo canale della ruota, la quale, ancorchè si muova con egual velocità, pure per la maggior grandezza del giro compirà assai più tardi il suo cammino. Così appunto i pianeti, che col cammino particolare fanno un moto contrario a quello del cielo, pure terminano i loro giri, ma dal moto comune del cielo sono trasportati indietro a fare il cerchio quotidiano.

L’esservi poi alcuni pianeti temperati, altri caldi, ed altri freddi, nasce da che ogni fuoco spinge la sua fiamma verso i luoghi superiori: così il sole riscalda coi suoi raggj, e fa rovente l’etere sopra a lui, appunto dove corre il pianeta di Marte, ond’è, che dal calore del sole diventa anch’egli caldo: quello di Saturno all’incontro, perchè sta presso l’estremità del mondo, e tocca le regioni gelate del cielo, è estremamente freddo: e perciò anche quello di Giove, perchè fa il giro fra l’uno e l’altro nel mezzo del freddo, e del caldo, soffre effetti giusti e temperati. Della zona de’ dodici segni, e de’ sette pianeti, e del loro contrario moto, e del cammino, e della maniera e tempo come passano da segno a segno, e compiscano i loro giri, ho detto quel che ho appreso da’ maestri: parlerò ora della crescenza, e mancanza del lume della Luna, per quanto anche ci è stato tramandato dagli antichi.

Beroso, il quale, partito dal paese o sia contrada de’ Caldei, pubblicò per l’Asia il suo sistema, insegnò essere la Luna una palla metà rovente, e il resto di color celeste: e che quando nel suo cammino si accosta al Sole, allora attratta da’ raggi, e dalla forza del calore, se gli rivolta colla parte rovente per la simpatia di lume a lume: e che così richiamata dal Sole riguarda in su, e allora la parte di sotto, non essendo rovente, non comparisce per essere di colore simile all’aria: onde, quando sta perpendicolare a’ di lui raggj, tutto il lume rimane nell’aspetto superiore, e si chiama nuova: ma passando poi più oltre verso Oriente, comincia a sentire meno la forza del Sole, e l’orlo della sua metà rovente manda sopra la terra un filetto di splendore, e allora si chiama seconda: e così di giorno in giorno per il quotidiano avanzare nel suo giro fa contare la terza, e la quarta: or nel settimo giorno, quando il Sole si trova in Occidente, la Luna si trova anche nel punto di mezzo fra Oriente, ed Occidente, ed essendo distante dal Sole per la metà del cielo, rivolta perciò verso la Terra anche la metà del suo rovente: e finalmente quando fra il Sole e la Luna vi è la distanza di tutto il cielo, e il Sole passando verso Occidente guarda indietro il disco della Luna, che nasce, perchè si trova nella maggior distanza da’ raggj del Sole, lo che cade nel decimoquarto giorno, manda splendore da tutta la ruota del suo disco: negli altri giorni poi collo scemar cotidiano sino al compimento del mese lunare, coi giri intorno a se medesima e col cammino richiamata verso il Sole, subentra di nuovo sotto il suo disco, e i suoi raggj; e così va facendo le somme de’ giorni del mese. Dirò ora quel, che intorno alla medesima, ma con sistema diverso insegnò con gran sapere Aristarco Samio matematico.

Egli è certo, che la Luna non ha da se lume proprio, ma è come uno specchio, che riceve splendore da’ raggj del Sole: la Luna di più fra i sette pianeti fa il più piccolo giro e il più vicino alla Terra; onde in ogni mese il primo giorno del suo cammino, nascondendosi sotto il disco e i raggi del Sole, rimane oscura, e quando è così congiunta col Sole, si chiama nuova: il giorno seguente, che dicesi seconda, perchè si discosta dal Sole, questo ne illumina un poco dell’estremità del disco: quando è scostata per tre giorni, cresce via più, e più s’illumina: così allontanandosi di giorno in giorno, giunta che è al settimo, trovasi discosta dal Sole, quando tramonta, quasi mezzo cielo, e risplende mezza, perchè è illuminata appunto quella parte, che riguarda il Sole. Nel decimoquarto giorno poi, essendo diametralmente distante dal Sole per tutto lo spazio del cielo, diventa piena, e nasce quando tramonta il Sole, e perchè è distante per tutto lo spazio del cielo, gli viene a stare dirimpetto, e tutto il disco riceve splendore da’ raggj d’esso Sole: nel decimosettimo giorno, mentre il Sole spunta, questa si trova inclinata verso Occidente; e nel ventunesimo nel punto, che nasce il Sole, la Luna si trova a un di presso a mezzo cielo, ed ha luminosa quella parte, che riguarda il Sole, l’altra oscura. Avanzando così ogni giorno cammino, verso il ventottesimo giorno entra sotto i raggj del Sole, e così termina il computo d’un mese.

Dirò ora, come scorrendo il Sole di mese in mese i segni, fa che crescano, e scemino i giorni, e le ore.

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