Vi sono per altro alcuni fonti caldi, da’ quali sorge acqua di ottimo sapore, e che è tanto gustosa a bere, che non cede nè a quella del fonte Cameno, nè alla Marzia. Succede ciò naturalmente così. Ove o per allume, o per bitume, o per solfo si genera del fuoco sotto la terra, viene questa a riscaldarsi attorno attorno, e innalza ai luoghi superiori un vapore caldo; onde se in quei luoghi s’incontrano da sopra fonti d’acqua dolce, tocchi questi da que’ vapori, si riscaldano nel corso, e così vanno a sgorgare senza corrompere il sapore.
Vi sono al contrario fonti freddi, d’odore, e sapore cattivo: questi nascono in luoghi molto sotterranei, passano poi per luoghi ardenti, e perchè di là scorrono lungo tratto giungono raffreddati sopra la terra, ma di sapore, odore, e colore guasto: tale è il fiume Albula nella via Tiburtina: tali sono i fonti freddi nella campagna Ardeatina, ambedue dello stesso odore, e chiamansi sulfurei, e così in altri luoghi ancora. Or questi, benchè sieno freddi, pure sembrano a prima vista bollire, perchè per essersi imbattuti in un luogo ardente, alterati dall’incontro dell’umido e del fuoco, ricevono del molto vento, e con grande strepito, onde gonfj dal vento racchiuso, spesso sgorgano bollendo.
Fra questi inoltre quei, che non camminano aperti, ma trattenuti fra sassi, o fra altri intoppi, sono per quei stretti canali dalla veemenza del vento spinti alle sommità de’ monticelli: quindi coloro, che credono di potere avere capi vivi d’acqua a quella qualunque altezza de’ monticelli, vi restano ingannati, quando vi cavano pozzi larghi: imperciocchè, siccome un vaso di rame non pieno fino all’orlo, ma con una quantità d’acqua corrispondente a due terzi della sua capacità, se si copre, e comincia a sentire la grande veemenza del fuoco, fa riscaldare l’acqua; e questa dentro i suoi pori ricevendo il calore e gonfiandosi, non solo empie il vaso, ma sollevando con forza il coperchio, e tuttavia crescendo, trabocca: che se si toglie il coperchio, sventando all’aria aperta le gonfiagioni, di nuovo si rimette al suo livello. Or nello stesso modo, mentre i capi d’acqua sono allacciati nello stretto, il vento spinge in alto il gorgoglio dell’acqua: ma subito, che restano piu aperti, rimanendo vuoti i pori di esso liquido, si abbassano, e ritornano al loro livello naturale.
È inoltre ogni acqua calda anche medicinale, perchè bollendo con quelle cose, per le quali è passata, acquista molte virtù utili: così le acque sulfuree ristorano i patimenti de’ nervi, mentre col fuoco riscaldano ed estraggono gli umori viziosi dal corpo: le aluminose, se mai alcun membro o per paralisi, o per altro malore si fosse perduto, lo riscaldano, e introducendo per gli aperti pori la contraria forza del calore, lo ristabiliscono, e così consecutivamente ritornano le membra all’antica loro sanità: le bituminose bevute purgano, e sogliono sanare i difetti interni del corpo. Evvi una specie d’acqua fredda nitrosa, come è in Penna città de’ Vestini, in Cutilio, e in altri luoghi simili, la quale bevuta purga, e passando per il ventricolo, sminuisce anche le gonfiagioni delle scrofole. In quei luoghi poi, ove si cava l’oro, l’argento, il ferro, il rame, il piombo, ed altre cose simili, si trovano fonti abbondanti sì, ma per lo più anche difettosi: producono in fatti effetti contrari all’acqua calda, che sorge dal solfo, dall’alume, o dal bitume, perchè quando bevendosene penetrano nel corpo, e trapassando per i canali toccano i nervi, e le giunture, gonfiandoli gl’induriscono; quindi i nervi gonfiati restano attratti in lunghezza, e rendono gli uomini o neuritici, o podagrosi, perchè vengono ad avere i canali sporchi di durissime, compattissime, e freddissime cose.
Evvi una specie d’acqua, la quale, non essendo troppo chiara, caccia fuori una spuma come fiore, e che resta a galla, di colore simile a un vetro purpureo. Se ne vede specialmente in Atene, perchè quivi sono state dalle loro sorgenti condotte tali acque alle fontane sì della Città, che del porto Pireo, ma non ne bee per tal motivo nessuno, e se ne servono solo per lavare, e per usi simili: onde evitano questo danno bevendo acqua di pozzi. In Trezzene poi non si può questo sfuggire, perchè non vi si trova affatto altra specie d’acqua di quella, che hanno in Cibdele: ond’è, che in quella città o tutti, o buona parte patiscono a’ piedi. In Tarso poi, città della Cilicia, evvi un fiume detto Cidno, nel quale s’alleggerisce il dolore a’ podagrosi, che vi pongono per lungo tempo le gambe. Così vi sono delle altre specie, ciascuna delle quali ha virtù propria: tale è nella Sicilia il fiume Imera, il quale distaccato alquanto dalla fonte si divide in due parti: quella che va verso l’Etna, perchè corre per terre di succo dolce, è di dolcezza infinita; l’altra, che corre per donde si cava il sale, è di sapore salato.
In Paretonio parimente, e per dove si va al tempio d’Ammone, e dal Casio all’Egitto vi sono de’ laghi paludosi salati a segno, che giungono ad avere del sale congelato a galla: vi sono anche in molti altri luoghi fonti, fiumi, e laghi, i quali, passando per miniere di sale, diventano necessariamente salati. Altri scorrendo per vene di terra grassa, escono fuori unti d’olio: come è il fiume detto Lipari presso Soli, castello della Cilicia, ove quei che vi natano o si lavano, restano unti dalla stessa acqua: nella Etiopia ancora vi è un lago, il quale lascia unti coloro, i quali vi natano: nell’India un altro, che a ciel sereno caccia fuori grande quantità d’olio: in Cartagine vi è un fonte, a galla del quale nata un olio dell’odore di raschiatura di cedro, e se ne sogliono ungere i bestiami. Nell’isola di Zacinto, e presso a Durazzo, ed Apollonia, vi sono fonti, i quali coll’acqua insieme vomitano gran quantità di pece.
Il vasto lago di Babilonia, chiamato limne asfalti, ha un bitume liquido nuotante, col quale, e con mattoni edificò Semiramide le mura attorno Babilonia. In Joppe nella Sorìa, ed anche nell’Arabia de’ Numidi vi sono laghi d’immensa grandezza, i quali producono grosse moli di bitume, che si raccolgono dagli abitanti del paese. Nè deve ciò recar meraviglia, perchè vi sono in quei luoghi frequenti cave di tal bitume duro: onde nello sboccare che fa l’acqua da quella terra bituminosa, ne mena seco, fuori terra poi se ne distacca e depone il bitume. Nella Cappadocia per la strada fra Mazaca e Tuana evvi un vasto lago, nel quale se si tuffa una parte di canna o di altra cosa, toltane il dì seguente, si trova petrificata quella parte tuffata, e quella che era rimasta fuori, conserva la propria qualità. Nello stesso modo in Jerapoli nella Frigia gorgoglia un abbondante capo di acqua, la quale si tira per canali attorno gli orti, e le vigne; e perchè questa a capo di un anno diventa una crosta di pietra, rifacendosi ogni anno a destra, e a sinistra ripari di terra, ve la fanno scorrere, e così delle croste, che vi restano, formano le mura de’ poderi. Or parmi, che ciò possa naturalmente accadere, se sotto quei luoghi, e quella terra, ove sorge, evvi un sugo di natura simile a un coagulo: onde uscendo da’ fonti fuori terra queste qualità mescolate, sono dalla forza del sole, e dell’aria congelate appunto come si vede nelle saline.
Vi sono ancora fonti, che sorgono amarissimi per gli amari sughi della terra: tal’è nel Ponto il fiume Ipani, il quale dalla sua origine corre per presso a quaranta miglia di sapore dolcissimo, ma quando giunge a censessanta miglia in circa lontano dalla bocca, vi si mescola un assai piccolo fonticello: e da che quello vi sbocca, subito amareggia tutta l’acqua del fiume; ciò perchè trapassando quell’acqua per quelle terre, e miniere, onde si cava la sandaraca, diventa amara.
La qualità delle terre è senza meno quella, che produce questi diversi sapori, e lo veggiamo anche ne’ frutti, poichè se le radici degli alberi, delle viti, o altri non producessero le frutta coi sughi proprj di quelle terre, avrebbero le stesse frutta in tutti i luoghi, e paesi lo stesso sapore. Quando all’incontro noi veggiamo, che nell’isola di Lesbo si fa il vino Protiro: nella Meonia il Catacecaumenite: nella Lidia il Melito: nella Sicilia il Mamertino: nella Campania il Falerno: in Terracina, e in Fondi il Cecubo; e in moltissimi altri luoghi infinite specie, e qualità di vini, le quali non potrebbero altrimente trovarsi se non fosse, che l’umido della terra, penetrando nelle radici colla propria qualità del suo sapore, nutrisce quell’albero, per entro del quale sormontando alla cima, comunica al frutto il sapore proprio del luogo, e della specie. E se non fossero le terre diverse e dissimili in genere di umori, non solo nella Soria, e nell’Arabia nascerebbero canne, giunchi, ed erbe odorose, o alberi d’incenso, o di pepe, o di mirra, nè solo in Cirene produrrebbero le ferole il laserpizio, ma in tutti i paesi, e in tutti i luoghi nascerebbero tutte le stesse specie di cose.
Or queste variazioni, che si veggono ne’ diversi siti e paesi, nascono dai diversi climi, e forza del sole, il quale scorre ove più da vicino, ed ove più lontano, e se ne veggono gli effetti non solo negli umori della terra, ma anche ne’ bestiami, e negli armenti. E queste cose nè anche potrebbero con tanta diversità accadere, se non fosse, che in ciascun paese dipendono le qualità delle terre dalla efficacia del sole.
Vi sono in fatti nella Beozia i fiumi Cefiso e Melante: nella Lucania il Crati: lo Xanto in Troja: e ne’ territorj de’ Clazomenj, e degli Eritrei, e de’ Laodicesi fonti e fiumi, ove, quando le pecore stanno per uscir gravide nella propria stagione, si menano allora colà a bere ogni giorno, e con ciò benchè sieno bianche, ne generano ora mischie, ora, grige, ed ora nere; perchè la proprietà del liquore, penetrando nel corpo, comunica a ciascuna la qualità della sua specie: si crede perciò, che dal nascere ne’ territorj Trojani presso quel fiume armenti rosseggianti, e pecore mischie, avessero i Troiani chiamato Xanto quel fiume. Si trovano anche specie d’acque mortifere, le quali ricevono la qualità velenosa dallo scorrere per terre di sugo velenoso: così si narra essere stato in Terracina un fonte, che si chiamava Nettunio, del quale moriva chi inconsideratamente ne beveva, e che perciò l’avessero gli antichi atterrato; e presso i Cicri nella Tracia vi è un lago, che fa morire non solo chi ne beve, ma fin’anche chi vi si lava: nella Tessaglia corre un’acqua, della quale non ne beve nessun animale, anzi non vi si accosta bestia alcuna, e presso quell’acqua nasce un albero con fiori porporini: parimente nella Macedonia, ove appunto sta sepolto Euripide, passano a destra, e a sinistra del monumento due ruscelli, ed ivi si uniscono in uno, i viandanti vi si riposano, e vi sogliono pranzare per la bontà dell’acque: ma all’incontro nessuno non si accosta a quel ruscello, che va dall’altra parte del monumento, perchè si dice, che mena acqua mortifera.
Vi è ancora nell’Arcadia un paese detto Nonacri, ne’ monti del quale stilla da’ sassi una freddissima acqua, e si chiama stigos idor, alla quale non resiste vaso alcuno nè di argento, nè di bronzo, nè di ferro, perchè salta fuori, e si dissipa: nè si può serbare o tenere con altro, che con unghia di mulo; e così in fatti si narra, che l’avesse fatta recare Antipatro dal suo figliuolo Jolla nella provincia ove si trovava Alessandro, e fu l’acqua, con cui fu questo Re avvelenato. Nelle Alpi ancora nel regno di Cetto vi è un’acqua, che fa morir di subito chiunque l’assaggia: nel campo Falisco per la via Campana, e proprio nel campo Corneto evvi un bosco, ove sorge una certa acqua, e vi si veggono sparse ossa di bisce, lucerte, ed altri serpenti.
Si trovano ancora vene d’acque acetose, come sono quelle del fiume Lincesto, e nell’ltalia la Velina, la Campana presso Teano, ed in molti altri luoghi, le quali hanno la proprietà, che bevute sciolgono i calcoli, che si formano nella vescica degli uomini. Pare che possa ciò naturalmente accadere, supponendo, che sotto quella terra vi sia un sugo agro, ed acido, onde le acque che n’escono, vengono tinte d’agrezza, e che perciò entrando in un corpo, sciolgono ciò, che vi trovano generato o per deposizione, o per concrezione. Che queste cose poi si sciolgano cogli acidi, si può ricavare da ciò: che se si tiene qualche tempo un uovo dentro l’aceto, si ammollisce la scorza, e si stempera: il piombo stesso, il quale è pieghevolissimo e pesantissimo, se si pone sopra l’aceto in un vaso ben coperto, e lotato, si scioglierà diventando cerussa: il rame, che è di natura più duro, se si accomoda nella stessa maniera, si discioglierà diventando verderame; fin’anche le perle, e le selci, le quali non possono fendersi nè con ferro, nè con fuoco solo, pure se si scaldano al fuoco, e vi si sparge dell’aceto, si scheggiano, e si sciolgono. Se dunque cogli occhj stessi ne veggiamo queste prove, possiamo del pari argomentare, che nella stessa maniera possano dalla natura sanarsi i calcolosi col mezzo degli acidi, per la forza dell’agrezza del sugo.
Si trovano anche fonti d’acque quasi come mescolate col vino: ve n’è uno nella Paflagonia, del quale s’imbriaca chi ne bee, ancorchè senza vino. In Equicoli in Italia, e nel paese de’ Medulli fra le Alpi evvi una specie d’acqua, di cui bevendone si gonfia il collo. Nell’Arcadia evvi Clitori, città non ignota, nelle cui campagne vi è una spelonca, onde sorge un’acqua, che fa diventare astemio chi ne bee. Presso questo fonte vi è scolpita in marmo una iscrizione in versi Greci, la quale avvertisce, non essere quella buona per bagni, anzi contraria fin’anche alle viti; poichè presso questo fonte sanò Melampo con sacrificj la rabbia delle figliuole di Preto, e ridusse al primiero buono stato le menti di quelle vergini. L’iscrizione è questa, che siegue:
Pastor col gregge di Clitori al fonte
Giunto, se al mezzodì t’ange la sete,
Bevi di questo l’acque, e appo le ninfe
Driadi fa che posi il gregge intero:
Non ti bagnar però, se il suo vapore
L’amor del vino in te non vuoi che smorzi.
Fuggi l’astemio fonte, in cui Melampo
Purgò di Preto le rabbiose figlie,
E terse ogn’immondezza ascosa, e da Argo
A’ monti ritornò dell’aspra Arcadia.
Nell’isola di Chio evvi un fonte, del quale chi inavvedutamente bee, diventa stolto. Anche ivi è scolpita un’iscrizione, la quale contiene, che il gusto di quell’acqua è piacevole; ma che chi ne bee, avrà i sentimenti di un sasso. I versi sono questi:
Son dolci, e fresche a ber l’acque del fonte,
Ma di sasso, chi beve, avrà la mente.
In Susi, città capitale del regno di Persia, vi è un fonticello, che fa cadere i denti a chi ne bee. Quivi pure sta scolpita un’iscrizione, il cui senso si è, che quell’acqua è ottima per lavarsi; ma che bevendosene fa saltare dalle radici i denti. I versi Greci dell’epigramma sono questi:
Vedi l’onde temute, o passeggiero;
Le membra impunemente in esse bagna.
Ma se l’acque però tramandi al ventre
Sol che v’accosti l’allungato labbro;
Tosto cadranno gl’incisorj denti,
E lasceran sue sedi anche le mole.